mercoledì 22 aprile 2020




Come l'ultimo luogo del mondo. Un approdo cui era giunto dopo mille anni di passi uno dietro l'altro. Un estremo zen, un distendersi di linee e di aria, di suoni e di odori perfetti per le latitudini di un uomo che aveva fatto e mosso troppo ed era partito vuoto, senza credere a cosa si potesse ancora arrivare, che cosa si potesse raggiungere sul suolo e per le acque, dentro gli sguardi lunghi che sembrano non avere confini.
L'ondeggiare lieve dell'acqua che tirava il legno in un verso e poi nell'altro aveva un effetto di grande quiete atmosferica che, lentamente, si faceva interiore. Permeava la pelle. Entrava dagli occhi e dai capelli con l'umidità, un'umidità odorosa, azzurra come tutto ciò che vedeva. 
Non seppe per quanto tempo rimase lì, giunto ma anche disperso, né poteva dire che uomo fosse quando si girò e riprese il cammino, una volta che tutto l'azzurro fu richiamato dall'ombra e divenne freddo con la sera.


Nessun commento:

Posta un commento