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martedì 15 maggio 2018

Spazi piccolissimi per la scrittura. Frammenti, niente più che frammenti rubati allo scorrere serrato e denso, colmo, delle ore, dei giorni e delle settimane. Pigio i tasti per ricordare a me stessa che so ancora farlo, che le parole salgono ancora veloci alle labbra e alle dita, e attendo, attendo che arrivi il momento piano e morbido in cui potrò di nuovo dedicarmi a questo.
Intanto questo scorrere gravido di cose mischia eventi a quotidianità: la vita coi bambini, le notti stanche, la luce delle cinque e i cinguettii fuori nella campagna; l'impegno con la Galleria, gli incontri d'arte da preparare uno dietro l'altro, scegliendo tagli fuori dal comune, fuori dalle classiche monografie, per seminare, indirizzare un interesse, regalare una visione e svelare una chiave di conoscenza. Tutto per migliorare, edificarmi, tenermi attiva, relazionarmi agli altri, dare un senso agli studi e serbare un esempio, offrire subito un'occasione ai piccoli di annusare l'arte, familiarizzare con i libri e le immagini, sapere di cosa è fatta la mia esistenza oltre alle loro voci, alla loro pelle, ai loro occhi, alla loro personalità totalizzante.
Studio, famiglia, panorami verdi sotto la pioggia di maggio come in Irlanda, giochi e merende, appunti mentali, macchina e strade, noi quattro e i nostri spazi condivisi, la primavera e fra poco l'estate, il tempo che va...

mercoledì 21 febbraio 2018

Voglia di bookshops di musei, di quel rigore espositivo dei volumi, di quell'odore  fresco di nuovo e mai sfogliato. Voglia di quel conforto e colore e promessa di cultura e conoscenza. Voglia di quel momento di scoperta e di evasione.
Sono quelle piccole cose e situazioni che aiutano quando un'inverno come questo ti sovrasta, quando l'influenza ha deciso di dormirti sul divano, quando arrivano notizie di partenze e addii che da lontano provocano strane risonanze, evocano ricordi d'infanzia e adolescenza capaci di mescolarti l'animo insieme a tutto quanto è già in circolo, contribuendo alla confusione, alla stanchezza.
Speriamo tanto nella primavera...

mercoledì 15 novembre 2017

Le nubi e le ombre di settembre, l'oro rosa dei tramonti di ottobre, la pioggia grigia di novembre...sembra che ogni mese abbia il suo cielo peculiare ed io sono qui a guardarli, dall'interno, con questo autunno che ha chiuso la porta e mi ha lasciata alla finestra.
È un momento da vivere e da affrontare, passerà e mi lascerà il ricordo di notti di veglia e ascolto e di giorni assonnati e scanditi, li guarderò a distanza e saranno esperienza, vissuto, parte della mia storia.
Intanto sogno qualche momento tranquillo sul divano abbracciata alle gambe, sotto una coperta morbida e con una tazza bollente tra le mani. Sogno almeno 6 ore di sonno nel mio letto. Sogno qualche ora in biblioteca o in libreria ed un bottino di libri da leggere d'un fiato. Sogno un percorso yoga per trovare l'equilibrio di una nuova me. Sogno di tornare a sentire e scrivere fluida e frusciante. E tanto altro, senza sosta sogno.





lunedì 16 gennaio 2017

Gennaio. Freddo, bianco inizio d'anno.
Tutti i buoni propositi buttati nel mare agitato da una brutale influenza. I postumi duri da smaltire.
Tutto da riprogrammare, riportare in vita con un ciclo di vitamine e sali minerali.
Eppure senza accorgermene sono di nuovo in pista ma non so per quale gara, a volte basta andare.

Mi ricapita tra le mani una vecchia lettura, una di quando ero abitata da sentimenti tutti intensi, senza filtri ne' pause. Mi ha come scottato le dita e dato il capogiro guardarmi indietro e rivedermi.
Quanto tempo, quanta strada, ma sotto la cenere vissuta sono ancora così.
E' una piacevole scoperta.

"Nirvana, come quando la pioggia
spegne un piccolo fuoco.

                                      Ci vediamo nel mondo."

(Jack Kerouac
da Il sogno vuoto dell'universo)


venerdì 7 ottobre 2016

Ottobre

Continuo a perdermi nelle pagine di questo libro. È una coperta calda e morbida che mi propone un linguaggio conosciuto, parole che so comprendere, frasari che sento, azioni che sono anche mie. Mi conforta in questo primo ottobre di pioggia, autunno improvviso, malanni, e piccole modifiche alla casa. 
Mi sento come quella volta in cui stavo male e mi sono infilata sotto una coperta a leggere Cime tempestose da capo a piedi. Anche quel giorno pioveva.
Quando i mobili cambiano posizione, anche solo temporaneamente, e in più fuori è  tempesta, il disordine esterno mi riordina. È ancora così dopo anni, è ancora così dopotutto.
Sono giornate dal sapore specifico, è il mese dei morti, delle persone perdute lungo la strada, e mi ritrovo a leggere di Fred nella malinconia di Patti e mi ritrovo ad ascoltare Nick Cave - nell'ultimo album ma avrebbe anche potuto essere un altro dei suoi - sussurri, suoni e fruscii di quest'uomo, questo genio sensibile, interessante e tenebroso, ultimamente sulla bocca di tutti per aver perso un figlio e per aver sublimato il dolore nella composizione, nell'espressione, documentate in un film.
Penso ai miei morti. Ai nonni, ai parenti, ai conoscenti, agli amici. Mi accompagnano sempre tutti. Le perdite più vicine bruciano ancora di un'emotività epidermica, ma le due più lontane portano il marchio di ogni perdita successiva. Un cugino e un'amica, adolescenti loro ed io.
Sono finiti nelle mie visionarie poesie di ragazza, li immagino ancora seduti a discutere dei miei movimenti sui cornicioni dei palazzi, hanno abitato per lungo tempo i miei sogni. Hanno determinato ogni mio passo da allora perché hanno dato un significato all'autocoscienza, all'andare del tempo, all'accorgersi di ogni momento. Hanno prima sconvolto e confuso le direzioni, hanno reso reale e quasi tangibile una dimensione in precedenza solo vagheggiata. Non sono andata a nessuno dei due funerali. È iniziata una seconda parte della mia vita.
Sono giorni di sensibilità scoperta, come sempre ma anche più del solito, e capitano coincidenze di letture e ascolti che sembrano unificare le esistenze. Mi salgono agli occhi certe immagini di Terrence Malick e penso che tutto ha un senso ma anche che non ha senso niente in questa stramba vita che ci tiene separati e all'oscuro...

Continua a piovere, continuo a sentire le gocce sul tetto. Riprendo tra le mani il libro e torno a mettere i piedi nelle sue impronte.





October and the trees are stripped bare
Of all they wear.
What do I care?
October and kingdoms rise
And kingdoms fall
But you go on
And on.


lunedì 26 settembre 2016

gli attori



Gli attori sono sporchi.
Sporchi dei personaggi che si portano addosso. Sporchi di vita e di palchi.
Vivono di memoria. La serrano per non disperderne un grammo, ne abusano poi la rilasciano come fiato da un palloncino, per fare vuoto da riempire.
E vivono di dimensioni, capacità di adattamento, con una bussola interiore che ha percezione viva dei luoghi, li sentono sulla pelle, stabiliscono un'intesa che gli permette di abitarli e loro rispondono contenendoli, sostenendo le fisicità, amplificando le voci.
Muovono una loro danza con le luci, gli attori. Chiamano e invocano bagliori e riflettori, per crescere e rimpicciolire nelle ombre, per nascere e morire.
Le frasi fuori dal palco sono docili e incompiute, tutte da costruire, gravide ma senza copione, stordite, colte di una cultura alta, difficile, simbolica, di quelle da penetrare e possedere.
Sono affascinanti gli attori, tutti, anche quelli brutti. Hanno l'esperienza dei nomadi, la varietà dietro le pupille, la silente sfrontatezza di chi tiene la ribalta, di chi ha aneddoti nella sacca.
Sono una tribù che attraversa lasciando il bagaglio agli spettatori.

ph. MS_Jansi

martedì 30 agosto 2016

Voglia di fare una scorta di libri. Andare in una libreria, una nuova, e perdermici, spegnere tutto quello che ho in testa e annusare i volumi, scoprire i titoli, lasciarmi spingere in qualche direzione. Andare a ritrovare una quiete, come quando ero a Roma, per il master, e con la mia amica entravamo in ogni libreria per vedere se parlava anche di noi, se i libri sapevano ricordarci la bellezza, l'equilibrio.
Però le librerie quasi non esistono più, come i negozi di dischi.

L'estate è scivolata via. Permane ancora in queste ultime ore di agosto ma qualcosa è scattato nella mente ed il corpo già risponde a nuovi ritmi, cerca altri stimoli. Si è chiuso male questo viaggio. Con tremori della terra che hanno innescato tremori dell'animo difficili da dissipare, sensazioni che a guardarsi indietro sembrano quasi aver avuto degli indizi, che a guardare avanti tolgono il senso alle cose (ma in qualche modo lo restituiscono), ci fanno piccoli e indifesi, privati del fragile filo conduttore che attraversa giorni e settimane. Eppure il tempo scorre, con la sua riserva di incognite ma scorre e lascia indietro e stratifica e aiuta. Molto spesso penso che la temporaneità sia ciò che ci salva.

L'estate, il viaggio. Quando è arrivata mi ha investita. Mi ha trovata già stanca e poi, invece di rigenerarmi, mi ha stesa con colpi ben assestati, momenti di tensione misti a momenti di grande bellezza, posti e ricordi e attimi di condivisione importanti, eppure tutti impegnativi, come una catena di montaggio senza possibilità di sosta. Non siamo riusciti a cogliere il passaggio per la distensione, abbiamo continuato a fare e fare e andare e vedere ma è mancata una chiave, o una serratura che ospitasse i singoli frammenti~ nella stessa stanza con vista.

Borghi, olimpiadi, aperitivi, tanta piscina e poco mare (e forse era questa la vera porta da aprire), un po' d'arte, famiglia, qualche amico, letture ritagliate, appunti di scrittura, la ricerca di qualcosa che non è arrivato, che non abbiamo ancora capito e poi la paura del 24 agosto, il senso di precarietà, il senso di responsabilità, la necessità del contatto fisico, la perdita della libertà, la voglia della quiete di settembre, dell'aria più fresca, dei propositi per la nuova stagione, delle abitudini da ritrovare, dei film da vedere, della musica da scoprire in macchina, con i finestrini abbassati, senza aria condizionata...

 













venerdì 29 luglio 2016

Luglio

Scrivere di niente. 
Scrivere del caldo che prende il sopravvento, di giornate che hanno il sapore della vacanza e sono una somma di ricordi del passato e ricordi nuovi, quelli che sai che lo diventeranno, quelli che stai vivendo e costruendo perché lo siano guardando indietro. 
Scrivere del sale sulla pelle, dei sassi cercati in riva al mare, dei pranzi con vista al settimo piano, dei rumori di tutta un'infanzia e adolescenza ascoltati mischiarsi nel sonno del primo pomeriggio. E dell'acqua scintillante quando arrivi la mattina presto e del rock in macchina, con lei che dorme dietro, la sera quando rientri e guardi intorno l'imbrunire. La stanchezza fisica risolta nei sorrisi, il benessere nello stare insieme e in un morso dolce e fresco all'anguria, in un tuffo in quella piscina che è un tuffo nel passato mentre stringo il futuro guizzante tra le braccia. 
Scrivere di momenti inaspettati, di giochi e libertà, di pelle finalmente abbronzata e sguardi lontani, di grossi libri letti in orari rubati, di questo luglio, di questo onomastico e dell'attesa di vivere il resto dell'estate noi tre, aspettando di vedere dove ci porta il viaggio, gustando ogni frammento, fotografando, condividendo, rincorrendo il tempo per non perderci nulla.






venerdì 17 giugno 2016

Ultimamente mi capita di sommare frazioni di pensiero. Non riesco più a riflettere fluidamente o furiosamente come facevo prima, sono solo pochi grammi frammentari che si uniscono spontaneamente e trovano senso compiuto. 
Mi sono accorta che il viaggio estivo è già iniziato, anche se non lo dice ancora il solstizio né tanto meno il meteo, e che è l'insieme delle tante micro cose che sto facendo, delle micro situazioni che sto vivendo a determinarlo come tale, a determinarne ritmo e cadenza. 
Mi spingo avanti e con costanza mi chiedo quale sia il motore della spinta, il perché della messa in gioco. Solo negli ultimi giorni sono arrivata a capire che è proprio per questo, per quel guardarmi indietro e vedere le cose fatte e vissute e messe in fila: per quelle sensazioni di una serata tra calici e sonorità libere per cui si è ragionato e lavorato tanto; per l'orgoglio di incastrare tutto e farcela (libri letti d'un fiato invece di dormire, telefonate seduta a terra tra giochi, colori e giuste pretese d'attenzione, testi stesi prima con la testa in ogni momento possibile e poi trascritti con foga a due mani); per la bellezza della cultura che mi riempie anche quando è faticoso; per il piacere della condivisione, della riuscita condivisa e ancora di più dell'impegno condiviso; per la memoria delle cose che adesso non è più soltanto mia, è anche un lascito, una traccia su cui leggermi in futuro, con clemenza e con ispirazione spero. 
Così il viaggio è iniziato, quello estivo, ma forse è anche un viaggio continuo e infinitamente più pieno di quanto non scriva, costellato di momenti e sguardi e sorrisi e strette di mano e scoperte e tentativi e carezze e fotografie e canzoni e pianti e insoddisfazioni e disorientamenti e forza e prospettiva e abbracci e nascondini e partenze e crescita e perdite e scrittura, scrittura, scrittura, scrittura...


ph. Yvette Inufio



venerdì 15 aprile 2016

Primavera. Sole, caldo, profumi. Classica eppure sembra sempre inedita quando arriva, si fa aspettare e poi apprezzare. E' furba, bella, fiorita. Una fuoriclasse.

Questa primavera è impegnativa. Tanto da fare e da pensare e da incastrare e da lasciare indietro inevitabilmente, a volte irrimediabilmente. Tanto tempo e spazio da trovare per ogni frammento di necessità o di volontà. Anche per la riflessione, che ramifica e ramifica fino ad un intreccio inestricabile.
Fra le altre cose ora rifletto sulla mia scrittura. Mi sono imbattuta in vecchi diari, vecchi pagine di una me adolescenziale e le ho trovate fluide, pregne, gonfie di un'energia ancora tutta da disperdere, varie, intense nei fraseggi e nel vocabolario, ricche d'immagini e tutto mi è sembrato così fresco e gravido che non me ne potevo separare e mi sono chiesta dove è approdata la mia scrittura, cosa ha guadagnato e cosa ha perso, e se davvero ora scrivo come voglio scrivere.
La mia prosa è musicale, scorre, è corretta, a volte insolente. Ma non sono sicura di osare quanto potrei, non sono sicura di essere originale quanto vorrei.
Credo di essere in un momento di transizione. Sono in fase di ricerca, sono in attesa, aspetto che si schiariscano la mente e la vista, accumulo appunti, post it, pagine scritte e sovrascritte in quaderni a spirale che mi porto nella borsa pur sapendo che non avrò un'ora da dedicargli e tuttavia pensandoli tutto il tempo, sono in apnea eppure so che con qualche branchia sto respirando linfa e ispirazioni di forma e contenuto; ogni tanto provo la penna, ogni tanto la tastiera di un pc che mi sta abbandonando. Anche il sottofondo chiede un rinnovamento, devo trovare nuova musica, nuovi album da scoprire mentre scrivo, come con Riot Act dei Pearl Jam e La torre dipinta, come con The beekeeper di Tori Amos e Altrove  (ancora inedito e da rimaneggiare), come con Out of season di Beth Gibbons e Bring me the workhorse di My brightest diamond e Il drago e la libellula...

Ma devo temporeggiare ancora, o trovare nuovi modi e nuovi equilibri in cui far fiorire una scrittura bella, furba, che si fa aspettare e poi apprezzare. Una scrittura fuoriclasse.



giovedì 26 novembre 2015

Z.C.

A scrivere di te non si finirebbe mai. 
E scrivere di te è una promessa tacita che ho fatto rispondendo a quello che spero sia stato un segnale di chiaroveggenza più che un vaneggiamento senile. 
 Oggi è una giornata fredda d'autunno e noi dobbiamo fare a meno di te, dopo novant'anni che abiti questi luoghi lasciando segni indelebili, impronte decise. Mi hai insegnato filastrocche da bambina e mi hai dato lezioni chiare e nette fino all'ultimo, fino ad ora che ho io una bambina. La tua eredità a figli e nipoti è enorme, caratteriale, morale e memoriale ma anche concreta e materiale: io dormo tra le tue lenzuola e tengo tra le mani il carteggio di te fidanzata con nonno militare. Ho le tue borse nell'armadio, i tuoi guanti di pelle di ragazza... 
Non ho ancora lasciato andare la tua figura, la tua voce, il tuo sguardo, le tue mani laboriose, eppure in questi momenti subito viene da pensare all'altrove. Spero che tu abbia trovato quello che ti aspettavi, tenace osservante com'eri. Spero che tu abbia ritrovato tutti quanti avevano fatto parte della tua storia, partiti prima di te. Magari c'era proprio zia Pierina con te stamattina, a farti da guida, a ricongiungerti agli altri. Molti di noi pensano alla morte come ad un'abissale solitudine. Io no. Io la penso come a una moltitudine. Di anime. Di affetti eterni. Specie per te che non amavi star sola, te che un uomo devoto non ha mai lasciato sola. 
 Hai avuto una vita lunga e piena, vissuta tutta a modo tuo, con un carattere che uno scrittore non potrebbe mai inventare. Sei stata straordinaria e sarà difficile quest'anno rinunciare al Natale con te, che ci riunivi tutti attorno al tuo grosso albero, che ci scrivevi bigliettini uno ad uno, ci costringevi a maratone di cibo tradizionale e non volevi mai lasciarci andare. Ora dobbiamo invece salutarci ma scorri nelle nostre vene, le nostre vite diramano dal tuo ceppo, sei e sarai sempre in ognuno di noi. Ciao, nonna Zelia, ciao.


giovedì 3 settembre 2015


Finito agosto, finita un'altra estate, finito un altro viaggio. Non proprio finito perché qui siamo fortunati: ad un passo dal mare, l'estate torna in un attimo, non ci sono confini temporali né fisici oltre quelli che stabilisce la stagione, e in fondo il viaggio è sempre una questione più che altro mentale. Ma oggi è già settembre ed è una specie d'inizio d'anno,  pieno di liste e propositi e progetti e intenzioni; si torna a risalire il calendario e si guarda indietro alle cose fatte sotto al sole con il gusto sapido ancora sulla lingua. Questo viaggio è stato caldo, caldissimo, bollente. Scottava sulla pelle, bagnava i capelli, tormentava il respiro. Ci ha tenuti poco in spiaggia e ci ha nutriti di frutta e verdura freachissime,  centrifugati, tanta acqua e fiumi di birra, ghiacciata, gustosa, qui al mare e dove la birra la fanno, la Forst, sulle Dolomiti. Dopo un luglio impegnato e sudato, ce ne siamo infatti andati dove l'aria punge e rischiara i pensieri, dove le torri spuntano dai laghi e ogni piatto ha un buon sapore. Ce ne siamo andati a camminare, a correre, a dormire e a leggere, a scaldare pasti con un fornelletto e a vedere cosa ci portava la strada, che è un'amica fidata e ci porta sempre qualcosa. La montagna aveva il sapore del succo di sambuco e il profumo delle mele della Val Venosta. Li abbiamo portati con noi in un sacchetto di prodotti biologici e siamo tornati in tempo per l'arrivo dei temporali. Bellissimi, magnifici dal nostro terrazzo sulla vallata che guarda dal mare ai Sibillini,  unendo dieci cieli e dieci panorami ogni volta sorprendenti. Il suono dell'estate è stato quello ascoltato all'infinito dei Kings of Convenience, il ritmo quello quello avvincente delle pagine di Stieg Larsson, letto con bramosia in ogni momento libero, il formato quello quadrato delle tante foto scattate per ricordo, per divertimento,  per descrizione,  per vederci da fuori, per vedere i colori e rievocare ogni sensazione, ogni passo, ogni esperienza tutta nostra o condivisa, che alla fine è la cosa più intensa e più importante. Ora è settembre, in tv non danno più i film di Rosamunde Pilcher, la luce è più chiara, l'aria più fresca, la sera scende un po' prima, inizia il Festival del Cinema di Venezia e noi aspettiamo di vedere cosa ha in mente l'autunno e come sarà la nuova stagione.


giovedì 12 febbraio 2015


Questi mesi più che le parole sono le immagini a raccontare 
piccoli momenti di una quotidianità semplice e protetta
una musica tenue e tutta mia, eppure condivisa in tanti modi,
sempre alla ricerca del calore, quando fa tanto freddo fuori.










nuovi arrivi, i numerosi strudel che sforno, le colazioni assonnate, la musica e le letture lente del momento, l'inverno e i piccoli amici di stagione, le veglie notturne, la passione per i cappuccini, gli splendidi tramonti di febbraio sulla strada di casa...

giovedì 27 novembre 2014


Nebbie. Brume, foschie. E' lo stampo di Novembre anche se fa ancora troppo caldo. Non corrisponde la temperatura ma resta almeno l'estetica di una stagione.
Ci siamo immersi nell'umida campagna autunnale per tutto il fine settimana, dalle Marche alla Toscana, in cerca di visioni di vitigni rossi e vicoli di borghi antichi, in cerca di sapori intensi, per fissare ricordi, per avere racconti, semplicemente per camminarci accanto dentro cambi di scenari che fanno sempre bene, donano energie.
Poi siamo rientrati. Gran parte del lavoro alle spalle, la testa presa da altri svolgimenti, dai futuri cambiamenti, ancora qualche evento fin verso la metà del mese e poi il Natale, spero quieto e scintillante, come sempre mi piace.  E' una ricerca volontaria quella del calore, della bellezza, della cura in questo periodo.
Non sono una persona cinica ma neanche melensa, però le festività che si avvicinano, il senso di sospensione che regalano, la preparazione che prevedono le amo e mi scaldano, stendono bande morbide di rosso e panna tutto intorno, mi ricordano come le vivevo da piccola o da adolescente, con i film in tv e le pubblicità tipiche, con le tradizioni tutte personali della mia famiglia abituata a stringersi per darsi tutto l'affetto.
Salgono i profumi del cioccolato e dei dolciumi, la voglia di dedicarmi ai regali lavorati più che comprati, il gusto di mettere su Billie Holiday o Frank Sinatra, di fare il nostro albero di legno verde, essenziale e speciale, di disporvi i pacchetti elaborati, belli, personalizzati, di scrivere nuovi quaderni, di trovare ovunque sensazioni di complicità.
Fa parte di me. Lo sento arrivare e ogni anno faccio spazio per accoglierlo, ci sguazzo dentro, ora carica di pensieri e progetti e propositi per gli anni in crescita che verranno, pieni di significato, anche se la frase è criptica come spesso le mie qui su questa bacheca che punta foglietti con gli spilli sulle pareti del blog.
Una volta ero più diretta forse, i miei post erano più freschi e condivisibili, è uno strano spazio questo mio di Altrove ora, dove in pochi commentano perché le mie immagini sono quasi accenni tra me e me. Ma le cose cambiano, i tempi spingono all'attenzione, e in fondo spero che chi legge trovi sentieri suoi tra i miei, scrittura in cui vedersi, dissertazioni sensoriali cui affacciarsi con qualche istinto di comprensione, di affinità.
Chi mi conosce poi sa leggermi tra le righe e capire anche dove non dico, allineato, connesso, aperto.





giovedì 4 settembre 2014

 Agosto se n'è andato. Un settembre grigio, freddo e implacabile si è insediato al suo posto di colpo, senza concedere nessuna dolcezza, nessun passaggio indolore, è arrivato con un acquazzone sulla spiaggia che ci ha bagnati tutti senza asciugare più. L'indomani era già l'autunno, era già il ritorno dal viaggio che ogni anno chiamo estate, anche se non siamo partiti mai.
 Non siamo partiti ma non siamo neanche rimasti fermi. Dopo due mesi altalenanti di temperature incongrue, sfasamenti e cambi di rotta, agosto è stato piano, morbido e piacevole. L'abbiamo riempito d'incontri, mare, dormite, serate, letture, di cibo e di amici, evasioni giornaliere, piccoli scatti quadrati alle cose per preservare i ricordi, lasciandoci fuori dall'inquadratura, come a riservarci un punto d'osservazione esclusivo, che sembra non rivelare niente e invece strizza l'occhio e dice tutto.
 Ora riprendiamo in mano quanto lasciato interrotto, cambiati, cresciuti come dopo ogni passo, ogni più piccola esperienza, certamente riposati e pronti a rilanciarci, consumare la strada che ci aspetta, ritrovando la routine settembrina di lavoro, studio, preparazione, concentrazione, stesura testi, comodità del divano, un nuovo libro da strutturare, letture che si sommano sul comodino, il cinema del Festival di Venezia, i progetti, le tazze di caffè caldo, le camminate, il cibo sano, casa.



le colazioni silenziose, ascoltando la natura fuori


i fiori che durano solo un giorno


la spiaggia 


il regalo della Volpe (per me apotropaica) di Attilio Forgioli


grano, orzo e girasoli della campagna che ho imparato ad amare


le serate sempre belle a Senigallia (e il suo faro)


la quiete mattiniera delle passeggiate al molo


gli splendidi panorami da casa


le numerose tempeste


 un caffè, una terrazza sul mare e tante chiacchiere con Giò e Nico
e la serata texana degli hamburger con salsa barbecue da Ale e Vitt


le numerose letture e fra tutte 
l'ennesimo amato libro di Haruki Murakami


un pomeriggio speciale da Graziana con Pa e i vari aperitivi (analcolici) dell'estate


LA SERATA PERFETTA


i vicoli in festa, i mercatini, la musica e il cibo di strada


un insolito Amleto per chiudere la stagione.