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martedì 18 settembre 2018

Andarmene. Vorrei andarmene lontano. Perdermi in un viaggio. Cambiare immagini e lavare la mente. Qualcosa di estraneo completamente. Sono così presa da nastri e legami come radici ben salde alla terra che avrei bisogno di prendere un lungo volo, o salpare per mare, nuotare nel mare...quanto tempo che non sento l'acqua sul viso, nei capelli... 
Sono così stanca che non riesco a dormire e l'orizzonte non è mai nitido anche se l'attenzione è sempre alta e i sensi all'erta per fare in modo che ognuno abbia ciò che gli occorre, la sua dose di bellezza, l'energia dalle mie mani e il calore dai miei occhi, che pure si sciolgono, colano giù troppo spesso.
Pesco frasi e moniti che stampo nella testa e a cui mi aggrappo per fare più forte la mia forza, come se tutto fosse relazionato e ci fossero messaggi sparsi capaci di scuotere e avvicinare situazioni per niente vicine.
Scelgo parole dal significato assoluto che anche da sole spiegano tutto un periodo, tutta una serie di accaduti e sentimenti. E scavano mentre sostengono.
RESILIENZA per esempio. Gli ho sempre preferito 'resistenza' ma ha una sfumatura più calzante adesso. Non si tratta di resistere a tutto ma di resistere ad un urto. E continuare ad essere se stessi. Non spezzarsi. Mai.

mercoledì 21 febbraio 2018

Voglia di bookshops di musei, di quel rigore espositivo dei volumi, di quell'odore  fresco di nuovo e mai sfogliato. Voglia di quel conforto e colore e promessa di cultura e conoscenza. Voglia di quel momento di scoperta e di evasione.
Sono quelle piccole cose e situazioni che aiutano quando un'inverno come questo ti sovrasta, quando l'influenza ha deciso di dormirti sul divano, quando arrivano notizie di partenze e addii che da lontano provocano strane risonanze, evocano ricordi d'infanzia e adolescenza capaci di mescolarti l'animo insieme a tutto quanto è già in circolo, contribuendo alla confusione, alla stanchezza.
Speriamo tanto nella primavera...

lunedì 17 luglio 2017

Vento d'estate. 
Anche troppo ma più che altro soffia dentro. Un luglio denso e un po' grumoso che non lascia apparire le visioni evocate, che non libera la mente e non disseta con le immagini fresche e le bollicine auspicate.
Una specie di sovraccarico a volte crea strati difficili da snodare, è il preferie, il preevento o magari è solo il post di qualcosa e allora è forse peggio perché vuol dire che è un risultato e i risultati difficilmente li puoi cambiare. 
Tendo a vederla nell'altro modo. Un momento che lascerà spazio a gustose bibite refrigeranti, paesaggi azzurri, ore distese, recupero e benessere.
Sono in bilico. Non su una corda, ne' su una scala. Ho entrambi i piedi a terra eppure non ho equilibrio. L'ho perso poco fa, subito dopo averne riconosciuto la possessione. È sempre così. Il futuro è certo, non potrebbe esserlo di più tuttavia è un incognita la mia capacità di affrontarlo, la prospettiva del mio sguardo. Attendo che tutto mi si riveli, attendo di vedermi, di capire e di fare. 
Di ritrovare accordi, completezza e passo leggero, cose che vanno e vengono, lo so, ma spero di trattenerle ogni volta un po' più a lungo.
Intanto mi siedo vicino ai libri sulle mie scale di legno e respiro la loro quiete, intanto tengo occupate le mani, espongo all'aria la faccia e cerco di sentire più lontano, intanto osservo e prendo nota, disperdo negatività nei temporali, ascolto poesie di Nick Cave mentre guido e vedo la campagna viaggiare fino al mare. Intanto vado, purtroppo non fin dove vorrei andare.



mercoledì 18 gennaio 2017

False partenze. Questo gennaio è fatto di false partenze. Ci illudiamo di aver chiuso a chiave i malesseri del 2016 e di averla buttata via lontano quella chiave, e invece ritroviamo la porta aperta e una continuità che non avremmo voluto.
Il mio anno è iniziato con la febbre, poi gelata dalla neve ed ora che intendevo riappropriarmi della libertà, tornano i tremori della terra e i timori ciechi che c'investono tutti dallo scorso agosto.
Sono confusa e disorientata.
Da tante cose successe e da un quotidiano che fatica a dirsi stabile.
Il divenire filosofico imparato sui banchi di scuola, ma anche vissuto nelle esperienze degli anni, dovrebbe essere l'insegna, il monito, il baluardo. Niente resta uguale a se stesso, dobbiamo saperci trasformare. Dobbiamo saper viaggiare, muoverci con la terra e i suoi cambiamenti, ne facciamo parte, dato che la abitiamo. Ma c'è un velo pesante che accompagna gli ultimi mesi e che rende difficile adattarsi, accettare.
Sono stati d'animo che tendo a combattere, faccio resistenza, cerco roccaforti che non trovo. Le mie armi sono leggere, fatte di un troppo pensare e di una frenata voglia di azione.
Cerco una bellezza salvifica ma la verità è che mi sembra tutto contaminato da questa polvere di macerie che si posa sulle cose.
Tornerà il sole ad annullare l'ennesima brutale perturbazione ma per adesso tutto è grigio, agitato, in collera e non c'è benessere, sebbene sappia di essere una fortunata.


martedì 15 novembre 2016

Ph. cathedral of the pines, Gregory Crewdson


Ci sono luoghi della mente dove ci si incontra o ci si disperde. 
Luoghi fisici che la mente crea in cui si entra senza sapere bene dove portano o cosa nascondono. Strade su cui si torna di notte come ipnotizzati da un mistero, a cercare qualcosa o qualcuno, noi stessi, quello che di noi non diciamo, quello che di noi non sappiamo. 
Ci sono luoghi che trattengono altre storie, ambienti e spazi di svolgimento, tempi di azioni non compiute ma ugualmente nostre. Respiri, suoni, voci.
Là abbiamo altri nomi, altri comportamenti, là siamo a volte per poter essere qui.

mercoledì 9 novembre 2016

C c c c changing

Che sia un periodo di cambiamenti è certo. Anche che sia un momento di transizione, come tutti i cambiamenti presuppongono. E le fasi transitorie non sono facili. Si devono cambiare posizione, abitudini, status... identità.
C'è un confine, nella vita, che si oltrepassa col risuonare di una specie di epifania nella mente. Uno scampanellio. La linea d'ombra di Konrad? È possibile. O forse è più una parte di essa, uno degli effetti.
Fino a quel momento sei stato preda del presente, le giornate erano lunghe e capienti, figuriamoci gli anni. Infiniti.
Una porzione inimmaginabile di questioni rimaneva semplicemente fuori dal campo visivo. Non ci facevi caso, non gli davi importanza, non gli prestavi attenzione.
Il presente è cresciuto con te, ha fatto, ha detto, ha scritto, ha costruito, è andato e va, continua ad andare, ma da un giorno all'altro il fuoco si è spostato, ti sei accorto che adesso hai gli occhi e la mente puntati sul futuro, che le giornate scorrono via in un attimo, spesso come una replica improduttiva, che gli anni in avanti li conti a gruppi di dieci e non sono affatto infiniti, che tutte le realtà sono di colpo diventate possibili. Anche quelle brutali da cui ti sentivi lontano e distaccato.
È un nuovo status da comprendere, ci sono diverse posizioni da assumere, abitudini con cui familiarizzare e tutto questo concorre ad una nuova identità o ad una trasformazione - logica, naturale, forse ovvia.
Tutto è in divenire.
Noi alla soglia dei quarant'anni, l'Italia vittima di mutamenti geologici, l'America di nuovo sotto i repubblicani...
È il tempo di adattamento a questi cambiamenti che mi sembra ridotto ora, si susseguono così rapidi che non abbiamo fiato e fatichiamo a tenere il passo, anche se acquisiamo intuizione con l'esperienza e un poco di empatia. Queste due capacità mescolate all'ironia ci tengono a galla nei passaggi, nel disordine momentaneo, mentre contiamo le parti di un quadro già composto.


venerdì 7 ottobre 2016

Ottobre

Continuo a perdermi nelle pagine di questo libro. È una coperta calda e morbida che mi propone un linguaggio conosciuto, parole che so comprendere, frasari che sento, azioni che sono anche mie. Mi conforta in questo primo ottobre di pioggia, autunno improvviso, malanni, e piccole modifiche alla casa. 
Mi sento come quella volta in cui stavo male e mi sono infilata sotto una coperta a leggere Cime tempestose da capo a piedi. Anche quel giorno pioveva.
Quando i mobili cambiano posizione, anche solo temporaneamente, e in più fuori è  tempesta, il disordine esterno mi riordina. È ancora così dopo anni, è ancora così dopotutto.
Sono giornate dal sapore specifico, è il mese dei morti, delle persone perdute lungo la strada, e mi ritrovo a leggere di Fred nella malinconia di Patti e mi ritrovo ad ascoltare Nick Cave - nell'ultimo album ma avrebbe anche potuto essere un altro dei suoi - sussurri, suoni e fruscii di quest'uomo, questo genio sensibile, interessante e tenebroso, ultimamente sulla bocca di tutti per aver perso un figlio e per aver sublimato il dolore nella composizione, nell'espressione, documentate in un film.
Penso ai miei morti. Ai nonni, ai parenti, ai conoscenti, agli amici. Mi accompagnano sempre tutti. Le perdite più vicine bruciano ancora di un'emotività epidermica, ma le due più lontane portano il marchio di ogni perdita successiva. Un cugino e un'amica, adolescenti loro ed io.
Sono finiti nelle mie visionarie poesie di ragazza, li immagino ancora seduti a discutere dei miei movimenti sui cornicioni dei palazzi, hanno abitato per lungo tempo i miei sogni. Hanno determinato ogni mio passo da allora perché hanno dato un significato all'autocoscienza, all'andare del tempo, all'accorgersi di ogni momento. Hanno prima sconvolto e confuso le direzioni, hanno reso reale e quasi tangibile una dimensione in precedenza solo vagheggiata. Non sono andata a nessuno dei due funerali. È iniziata una seconda parte della mia vita.
Sono giorni di sensibilità scoperta, come sempre ma anche più del solito, e capitano coincidenze di letture e ascolti che sembrano unificare le esistenze. Mi salgono agli occhi certe immagini di Terrence Malick e penso che tutto ha un senso ma anche che non ha senso niente in questa stramba vita che ci tiene separati e all'oscuro...

Continua a piovere, continuo a sentire le gocce sul tetto. Riprendo tra le mani il libro e torno a mettere i piedi nelle sue impronte.





October and the trees are stripped bare
Of all they wear.
What do I care?
October and kingdoms rise
And kingdoms fall
But you go on
And on.


martedì 13 settembre 2016

Sulla strada di casa

Sulla strada di casa la mente dilata pensieri incongrui, li lascia vagare per i cieli e intorno agli alberi che sfilano e passano come ogni cosa.
Guido e guardo e rifletto, sulla strada di casa, tutto si annida e distende con l'andare. È fine giornata, il tema musicale è distensivo, penso a come vorrei essere più docile e onnicomprensiva, saggia quanto i miei anni lo permettono, viva quanto la mente mi concede, tuttavia anche capace di un punto di vista più alto, lontano dai confronti, più sicuro, come sono sempre stata e come in fondo sono ancora ma non del tutto in questo momento. Si sono sommate temperature e umori che fatico a disperdere, le mie onde medie sono disturbate, sto ancora componendo un collage che manca di equilibrio e quello che metto da parte è più di quanto consumo e faccio. Devo trovare il ritmo. Devo trovare il ritmo.
Sono propositi settembrini quelli che appunto in una lista trasparente mentre le ruote vanno tra curve e salite, moniti che sgusciano da espedienti quotidiani, piccoli fatti che portano piccole sensazioni cui dare e non dare importanza. Tutt'intorno è una pulsazione continua che a volte rasserena e più spesso fa paura, la natura, gli uomini, queste grandi complicazioni cui siamo giunti e che non basta più un temporale a dilavare...
Mi serve il suono del faro che non suona più.
La strada di casa mi offre un po' di tempo, un po' di spazio mentale. C'è un albero che saluto con un cenno del capo, mentre lascio il mare alle spalle, mentre vagano frammenti di immagini e fraseggi e intenzioni, c'è ogni volta un diverso cielo e un diverso tramonto di luci e nubi e colori, c'è la casa che aspetta e l'autunno in arrivo e tutto quello che non so ancora e che forse mi sorprenderà.


martedì 30 agosto 2016

Voglia di fare una scorta di libri. Andare in una libreria, una nuova, e perdermici, spegnere tutto quello che ho in testa e annusare i volumi, scoprire i titoli, lasciarmi spingere in qualche direzione. Andare a ritrovare una quiete, come quando ero a Roma, per il master, e con la mia amica entravamo in ogni libreria per vedere se parlava anche di noi, se i libri sapevano ricordarci la bellezza, l'equilibrio.
Però le librerie quasi non esistono più, come i negozi di dischi.

L'estate è scivolata via. Permane ancora in queste ultime ore di agosto ma qualcosa è scattato nella mente ed il corpo già risponde a nuovi ritmi, cerca altri stimoli. Si è chiuso male questo viaggio. Con tremori della terra che hanno innescato tremori dell'animo difficili da dissipare, sensazioni che a guardarsi indietro sembrano quasi aver avuto degli indizi, che a guardare avanti tolgono il senso alle cose (ma in qualche modo lo restituiscono), ci fanno piccoli e indifesi, privati del fragile filo conduttore che attraversa giorni e settimane. Eppure il tempo scorre, con la sua riserva di incognite ma scorre e lascia indietro e stratifica e aiuta. Molto spesso penso che la temporaneità sia ciò che ci salva.

L'estate, il viaggio. Quando è arrivata mi ha investita. Mi ha trovata già stanca e poi, invece di rigenerarmi, mi ha stesa con colpi ben assestati, momenti di tensione misti a momenti di grande bellezza, posti e ricordi e attimi di condivisione importanti, eppure tutti impegnativi, come una catena di montaggio senza possibilità di sosta. Non siamo riusciti a cogliere il passaggio per la distensione, abbiamo continuato a fare e fare e andare e vedere ma è mancata una chiave, o una serratura che ospitasse i singoli frammenti~ nella stessa stanza con vista.

Borghi, olimpiadi, aperitivi, tanta piscina e poco mare (e forse era questa la vera porta da aprire), un po' d'arte, famiglia, qualche amico, letture ritagliate, appunti di scrittura, la ricerca di qualcosa che non è arrivato, che non abbiamo ancora capito e poi la paura del 24 agosto, il senso di precarietà, il senso di responsabilità, la necessità del contatto fisico, la perdita della libertà, la voglia della quiete di settembre, dell'aria più fresca, dei propositi per la nuova stagione, delle abitudini da ritrovare, dei film da vedere, della musica da scoprire in macchina, con i finestrini abbassati, senza aria condizionata...

 













giovedì 9 giugno 2016

Momenti in cui perdi le definizioni.
Momenti in cui senti tutti i limiti.
Momenti in cui non hai chiara la vista e ti sembra di non poter pensare.
Momenti in cui non sai se c'è una strada. 
Momenti in cui la testa non riposa, tenta le direzioni, sonda i ricordi, recupera, progetta, cancella, risolve, torna indietro, mette in dubbio e in discussione.
Momenti in cui vorresti essere molto altro, molto di più.
Momenti in cui ti serve un silenzio che non esiste.
Momenti in cui comprendi che la scrittura è e sarà probabilmente l'unica cosa.
Momenti che restano momenti, hanno un peso temporaneo poi svaniscono, lasciano appena qualche eco sul fondo dell'animo, nella coda dell'occhio, molto a lato, e tu sei già preso da nuove trasformazioni.


ph. Lovisa Ringborg - Echo, 2014

giovedì 31 marzo 2016

Cambi stagionali.
Cambi d'aria, di temperatura, di profumi e di orizzonti.
Stanchezza. Fisica e mentale.
Perché le notti sono insonni e i giorni molto intensi.
Poi fai brutti sogni verso l'alba e la tecnologia si ribella, ti cadono le cose dalle mani e ti sembra di non vedere con chiarezza, di non respirare bene. E ti capita di sprecare tempo che non hai.
Serve un pensiero zen, una postura yoga, una doccia bollente che bagni tutto di vapore.
Servono freschezza, tempi dilatati e tranquillità.
Qualcosa che sciolga l'animo.
E aiuti ad attraversare la nebbia.


Fabienne Rivory
2013 Miroir

giovedì 26 novembre 2015

Z.C.

A scrivere di te non si finirebbe mai. 
E scrivere di te è una promessa tacita che ho fatto rispondendo a quello che spero sia stato un segnale di chiaroveggenza più che un vaneggiamento senile. 
 Oggi è una giornata fredda d'autunno e noi dobbiamo fare a meno di te, dopo novant'anni che abiti questi luoghi lasciando segni indelebili, impronte decise. Mi hai insegnato filastrocche da bambina e mi hai dato lezioni chiare e nette fino all'ultimo, fino ad ora che ho io una bambina. La tua eredità a figli e nipoti è enorme, caratteriale, morale e memoriale ma anche concreta e materiale: io dormo tra le tue lenzuola e tengo tra le mani il carteggio di te fidanzata con nonno militare. Ho le tue borse nell'armadio, i tuoi guanti di pelle di ragazza... 
Non ho ancora lasciato andare la tua figura, la tua voce, il tuo sguardo, le tue mani laboriose, eppure in questi momenti subito viene da pensare all'altrove. Spero che tu abbia trovato quello che ti aspettavi, tenace osservante com'eri. Spero che tu abbia ritrovato tutti quanti avevano fatto parte della tua storia, partiti prima di te. Magari c'era proprio zia Pierina con te stamattina, a farti da guida, a ricongiungerti agli altri. Molti di noi pensano alla morte come ad un'abissale solitudine. Io no. Io la penso come a una moltitudine. Di anime. Di affetti eterni. Specie per te che non amavi star sola, te che un uomo devoto non ha mai lasciato sola. 
 Hai avuto una vita lunga e piena, vissuta tutta a modo tuo, con un carattere che uno scrittore non potrebbe mai inventare. Sei stata straordinaria e sarà difficile quest'anno rinunciare al Natale con te, che ci riunivi tutti attorno al tuo grosso albero, che ci scrivevi bigliettini uno ad uno, ci costringevi a maratone di cibo tradizionale e non volevi mai lasciarci andare. Ora dobbiamo invece salutarci ma scorri nelle nostre vene, le nostre vite diramano dal tuo ceppo, sei e sarai sempre in ognuno di noi. Ciao, nonna Zelia, ciao.


venerdì 6 novembre 2015

Novembre

Novembre di sonni, cambiamenti, crescita, attese, tentativi, appunti mentali, speranza e scrittura. Mese di fermenti stagionali, olio nuovo, foglie rosse, malesseri articolari e gusto per la cucina.
Accadimenti che sollecitano riflessioni, letture che che sembrano ricalcare certe scelte e mostrarti a cosa porteranno, un tacere della musica che diventa assordante ma solo se ci fai caso, nell'andare della quotidianità ripetitiva eppure in sorprendente costante mutamento. Dormiveglia, sogni strani, contatto fisico, dolcezze energiche, noia dei rumori domestici, tv svogliata, passi felpati, silenzio...

lunedì 19 ottobre 2015


Un altro lunedì di pioggia, senza luce, avvolti nella nebbia dei campi, con questo suono battente sul tetto.


Voglia di calore, castagne sul fuoco, favole da leggere davanti al camino.

La casa sembra chiudersi attorno, farsi più vicina, a proteggere, a confortare. È il senso di ogni cosa domestica, è il tempo di chi non va là fuori a combattere con le strade e gli uffici, di chi vive ritmi differenti e incompresi, a volte difficili anche per se stesso, ma pieni di piccoli momenti da scoprire...


giovedì 31 ottobre 2013


Sarà la notte di Ognissanti. Non è tanto per il fascino arancione e americano che ha assunto, l'ho sempre trovata una notte speciale, forse per l'idea tutta mia di avere vicino chi non lo è più, chi lo è soltanto attraverso un velo steso, separato, privato del tatto e del suono. Ascolto vecchie melodie cariche di eco, trovo una concentrazione particolare, mi dispongo alla percezione, alla dedizione. Aspetto che vengano.

martedì 9 luglio 2013

vent'anni.
venti 
che questo verso manca del recto
che quelle strade si sono divise
che abbiamo dovuto aprire gli occhi 
via dall'infanzia
che abbiamo potuto incontrarci solo nel sonno
e senza parlare.
20.
XX.
qualcosa di cosmico si aggira sempre nell'aria
il nove di luglio
da quando io sono qui 
e tu 
da qualche parte 
lì.
neanche so raccontarla la distanza di vent'anni.
è immensa.
e ci ha resi diversi.
ma quei nastri di vento ancora ci sono
tra te e me.


"...e immaginarti complice
di questa vita
che spendi i momenti
nell'infinito..."
da Monologo Surreale
i dialoghi dei muti
M.S.
per L.

venerdì 28 settembre 2012

Autunno, cambio stagionale, la temperatura ancora non lo suggerisce ma tutto lo anticipa e lo attende. Bisogno di calore, di stabilità, di impegno e di lasciare andare ogni dispersione.
E' tempo di rimettersi a studiare, preparare la nuova mostra, forse due, e trovare la concentrazione per i nuovi testi da scrivere, per il libro di racconti da sistemare, per l'inverno da organizzare.
Devo ancora trovarmi nei movimenti degli ultimi mesi, devo capire tante cose e sovrapporle alla me di prima, per creare nuovi tratti su cui allungare il mio passo, estendere la mia strada condivisa.
Oramai l'estate deve chiudersi. Prima sentivo che non si era trattenuta a sufficienza, nonostante il caldo prolungato mi ero distratta e l'avevo lasciata scivolare via, ma ora ho voglia d'autunno: sebbene lo scorso anno fossimo al mare in costume il 2 di ottobre, ora ho voglia d'autunno, vento, foglie, profumo di castagne, abiti caldi e sguardi sereni, lavoro, affetto, mercatini,  buone letture, uno scorrere piacevole del tempo... 




ph. Cassia Beck



giovedì 19 luglio 2012

Ascolto poesie da altri mondi, lontani nelle distanze, lontani nel tempo. 
Le ascolto declamate, sussurrate, a lambirmi, a portarmi altrove, 
in quel luogo dove spesso mi ritrovo sola, 
anche se chiamo, anche se invito qualcuno ad entrare. 
Le mancate complicità a volte mi atterrano. 
Specie quando non sono in grado di evocarle, o ispirarle,
anche se so che non si possono indurre le spontaneità, 
e certo il mio universo e la mia sola presenza 
non riescono a costituire una piacevolezza in sé.
Le sfumature in certi momenti giganteggiano,
sembrano l'unica cosa,
tolgono spazio alle parole,
rendono muti.

Neanche le stelle.
Neanche i sentimenti.


"He said he could hear the flowers / sighing like women / in their green forest-paper / dressing gowns, / and I thought / there might be a woman who had flowers / rather than feet, / there might be a world without prisons, / where you offered your hand, a lily, / and there would noy be blood..."

LONG-STEMMED Diane Wakoski

"Disse che poteva sentire i fiori / sospirare come delle donne in vestaglie / di carta del colore delle verdi foreste/ ed io pensai / che poteva esserci una donna / con dei fiori al posto dei piedi / che poteva esserci un mondo senza prigioni/ dove tu offrivi la tua mano, un giglio/ e non ci sarebbe stato sangue..."

mercoledì 27 giugno 2012

La mente cerca freschezza,
della visione,
del pensiero,
sbaraglia ogni assalto al proprio centro,
si distacca;
vuole notti frizzanti
di conversazioni accese 
e dedizione assoluta,
consacrata,
come fossi l'ultima persona sulla terra,
come fossi l'oracolo 
o la salvazione,
come faceva Neil con i suoi azzurri amici-fratelli-amanti,
per sempre giovani
per sempre in corsa,
dentro le condivisioni,
immersi di significato,
battezzati di spirito emotivo e gentilezza

perché tremiamo troppo intensamente 
per lasciare che le cose scorrano

senza mostrare turbamenti,
senza dire una parola che rimanga
e produca scintillii.