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mercoledì 19 ottobre 2016
ph, sean dunlop
Le sue parole scendevano giù amare e me le faceva ingoiare a forza, irritando la lingua, l'esofago e giù fino allo stomaco dove bruciavano più di quanto potessi tollerare.
Era come bere inchiostro che invadeva il mio corpo fino a tingerlo di nero all'interno, oscurando la vista, bloccando le espressioni e i movimenti.
Lei era il nero, lei l'amaro.
Mi urlava contro lievitando ad ogni stoccata, cancellando il mio mondo e la legittimità della mia esistenza, anche se me li aveva dati lei entrambi, mondo ed esistenza, alla mia nascita, quindici anni prima, gridando anche quella notte.
Vivere allo scoperto, senza il riparo caldo dell'abbraccio di tua madre, senza quella comprensione che ti infonde l'unico coraggio di cui hai bisogno, è uno strano vivere, è uno strano crescere, è una terra in cui ti aggiri tentando o bramando, saggiando o azzannando i giorni, dipende da come ti trasformano, da quanto ti spingono e strattonano, dal tono con cui ti parlano, dagli occhi con cui ti guardano.
Ci sono reazioni e conseguenze.
Non me ne sono andata. Sono rimasta ad affrontarle.
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