La mezzanotte brindata, salutata e accolta al centro della strada vuota ma incorniciata dalle luci e dai festeggiamenti poco lontani,
lo schiamazzare fra noi,
il bacio vero sotto il vischio fittizio,
le foto strambe e quelle professionali,
i virus influenzali latenti ma accantonati in favore di un banchetto irresistibile,
i racconti, i ricordi, i propositi e le intenzioni,
Frankenstein Junior come una tradizione…
Il primo giorno dell’anno soffiato, spazzato
e pulito da un magnifico maestrale,
le sensazioni un poco stordite ma placidamente affidate
al divenire della giornata,
le mani tra i libri e sul legno degli scaffali ideali
di una libreria da costruire,
Riders on the storm in macchina lungo il litorale ghiacciato ma impresso
da una luce sorprendente,
il calore degli amici, il calore di un luogo di ritrovo e
quello della musica dei Queen nelle immagini
ancora ammalianti dello storico Wembley ’86,
un tè profumato di limone e qualche chiacchiera svagata
dietro una vetrata prima del rientro per la cena…
Un pomeriggio silenzioso dopo giorni di confusione. Un momento con l'atmosfera calda e quieta della mia casa raramente vuota. Una breve occasionale sospensione e torno a sondarmi, torno a scoprirmi e mi trovo rinnovata, maggiormente consapevole di ciò che sono, di ciò che ho, di cosa voglio, di cosa non accetto più.
E' un preludio carico quello che precede l'inizio del nuovo anno, ho una borsa aperta e continuo a infilarci cose potenzialmente molto belle, soggette a trasformazioni, in veste di esperienze da compiersi e rivelarsi nella loro interezza, nella loro completa portata, per farmi capire la lezione che c’è dietro, per indicarmi qual è la strada.
Non ho bisogno di bilanci, ho messo via tanto e continuo a scremare tutto ciò che mi deteriora, ma ho anche messo tanto in cantiere e continuo ad accogliere tutto ciò che mi arricchisce, che mi cresce, che mi migliora, principalmente una figura importante che moltiplica i punti di vista, crea gli scenari, plasma i colori e spesso anche le parole….
Si chiude un anno pieno e se ne apre uno da riempire soprattutto di energia e anche un po’ di leggerezza ma sulla via della concretezza e della continuità, all’interno di un percorso logico che mi definisce, per essere la persona che in parte sono e che col tempo voglio diventare.
In un vecchio racconto ti ho idealizzata descrivendoti come un angelo preraffaellita dai corposi capelli bruni e dalle labbra intense... L'allegria della creatura che eri si velava a volte nello sguardo di una malinconia sotterranea che parlava di spazi solo tuoi, di sensazioni intime che l'amicizia non è stata in grado di abbattere nel poco che tempo che - ignare - ci rimaneva...
E oggi sono undici anni senza di te, che sei un colore sempre acceso fra quelli del mio passato, che sei una musa tra le mie muse, che sei un monito alla gioia di vivere perchè la vita è sempre troppo breve...
Nei miei pensieri, nei miei ricordi, nel mio respiro oggi come ogni giorno, dolce Anita...
Scrivere. Scrivere battendo sui tasti, scrivere pescando le frasi dalla mente, scrivere ricordando, trasformando, assumendo identità plurime e singole di me, scrivere assorbendo voci ed eco dal movimento che mi circonda e dall'apparente stasi su cui siedo, scrivere l'aria e la luce in volute di pensiero e in forme di sintagma, svanire nelle mani che diventano elettriche e creatrici di idiomi, disperdermi nel ritmo e nel tempo senza età delle parole sulla carta, sentire, ascoltare, rendere...
Crederci...
Morbidezze,
stravaganze,
la sensazione
delle ore dolci
a cullare
sonni caldi,
il tocco leggero
delle mani,
come un respiro
lento,
come il riposo.
23.01.04
Ci avviciniamo quanto basta a sentire l’odore della tela, fermandoci appena un attimo prima di non poter più frenare l’istinto di toccare con le mani, entriamo nel colore fino a che la pennellata non copre l’intero campo visivo, respiriamo il gesto, la stesura, percepiamo la materia, l’impasto, il confondersi delle singole cromie…
E nell’andare dello sguardo, lentamente dissociamo la ragione dal presente e iniziamo a sentire quello che muovono le gradazioni, di volute e spessori, di girali e striature che, se vuote di figure, creano spazi immaginari, se vuote di sembianti, attivano piani di reazione che toccano l’assoluto e s’infrangono in rivoli confusi spingendo alla compiacenza o al diniego, reazioni personali e diversificate che parlano di noi, colloquiano con ciò che siamo e che proviamo al cospetto di fuochi che bruciano, in presenza di vene che pulsano, a contatto con spine che pungono e producono effetti inaspettati, apparentemente impenetrabili ma che impariamo a decifrare ascoltandoci…
Con l’occhio e la mente dei curiosi verso le forme dell’umana espressione ci predisponiamo a sondare non necessariamente quello che la mano e l’indole del pittore intendevano provocare, non subito almeno, la prima lettura è per noi, per un fremito che affonda nell’oscuro e restituisce un palpito, una sensazione che ha del primitivo ed è valida in ogni caso, sacra come ogni pensiero o giudizio argomentato verso qualcosa che non è imposto ma solamente chiede di essere preso in considerazione…
Avete mai osservato un’opera pittorica di lato? Avete mai valutato la magia di una bidimensione che acquista rilievo? Avete mai considerato il volume di una pennellata sentendo nelle mani la consistenza materica delle tinte? Avete mai creduto di poter essere turbati da un punto di luce, una sfumatura, sentendovi dentro una combustione?
Da un percorso d’indirizzo ed intenzione grafica prende piede e sopravvento un istinto pittorico che si appropria della tela e dell’immagine con accento tendenzialmente bicromatico, segno preciso ed effetto minimale.
La linea si stende netta e cesella le forme, fatte quasi di esclusivo contrasto, esprimendo la padronanza del pennello a rifinire il protagonismo assoluto del disegno, che restituisce sul supporto una realtà figurativa densa di richiami ma alla quale l’artista sovrappone una sua visione delle cose, stimolata dalla possibilità di variare, assemblare, personalizzare rappresentazioni spesso largamente appartenenti all’immaginario comune.
La tendenza è quella di applicare un bianco e nero acrilico che stilizza le sembianze, dal ritratto al paesaggio, per raggiungere una creazione artistica d’arredamento che ha l’aspetto della produzione seriale ma che invece si differenzia in ogni opera per dettagli inevitabilmente unici.
L’apparente purismo del nero su bianco è giocato su scelte estetiche tese a rafforzare ulteriormente figurazioni già imponenti come volti in primo piano, leoni, tigri, o a sottolineare sottigliezze paesaggistiche, comunque sempre in funzione di un tratto filiforme, leggero e raffinato.
Il confronto con immagini desunte anche dalla più nota produzione d’arte contemporanea crea poi l’opportunità di sperimentare decorativismi a foglia d’oro e d’argento ed effetti di rilievo a stucco e bianco platino, mantenendo evidente la ricerca di una pulsione artigianale che ben si adatta ad ambienti moderni dalle atmosfere essenziali
Dimentica di me
mentre mi perdo in volute di colore e di pennello come fossi in LSD,
riscopro dopo fugaci ascolti estivi il cd di un amico che mi appare forte di contenuto quanto morbido di suono…
Gioco col ritmo che mi fa ricordare presto il fraseggio e
mi sento fra mura familiari di timbro e di tono,
come se l’ascolto del primo album non avesse con questo soluzione di continuità, eppure avverto chiara la maggiore precisione, colgo più estesa e più piena la voce, registro più audace la sperimentazione,
accorgendomi infine che mi emoziona l’inflessione del canto che si spinge obliqua rispetto alla musica e al contempo la raccorda tutta, muovendomi intorno coi sofismi dei testi rivolti all’interno e schizzati verso fuori…
Percepisco dettagli acustici che producono eco riconoscibili, assaporo efficaci astrazioni verbali che sento affini e sorrido pensando l’immagine del mio amico dietro i piatti della sua batteria…
per la quale impazzire
è la mia terapia
ed è percezione di sé
fuggire via restando
in verticale
sapersi attraversare
è l’unica via che può
rovesciare la sorte
è l’unica via che so
per rimanere illeso e
sospeso nell’aria…”
(Terapia, PLANETANON)
www.planetanon.com
Le partenze difficili rendono più agguerriti
è vero
e spesso faccio troppo chiasso:
tocco fondi di densa e morbida emotività,
tiro gli angoli e mi lascio vedere
e ho paura delle sicurezze
che non so ancora dare
mentre nuoto nel mare mosso
della costruzione
mantenendo intinto il colore della dignità
e intimo il ricordo
di chi sono sempre stata…
Salgo ancora una volta sui banchi
alla ricerca di equilibrio
e di entusiasmo
consapevole che è umano
non distinguersi a tratti nella nebbia
quanto è unico
orchestrare un libertango dentro e oltre il buio montano
di una luna gialla cosparsa di nuvole,
dentro e oltre la luce che crea un arcobaleno
di notte,
O Capitano! Mio Capitano!…
MATTINALE...
Quando mi assale la voglia di scrivere
quando metto su un cd di Tori Amos
quando fuori c'è nebbia ma non abbastanza da far suonare il faro
quando stringo tra le mani una tazza fumante di caffè americano
quando penso ad un dolce mangiato in macchina guardando il porto e
ad una libreria da riempire
quando mi disperdo in un tempo sincopato e
provo a recuperare il ritmo...
Nelle vastità
abitano
coloro che ascoltano.
Nelle distanze
le eco.
*
27.12.05
da In compagnia di Andre Breton
“Let me say this to you
I’ll be steadfast and true
And my love will never falter
The sea would crash about us
The waves would lash about us
I’ll be your Rock of Gibraltar”
(Rock of Gibraltar, Nick Cave, Nocturama)
Freddo da neve e note da neve.
Risuona prezioso e si posa sulle cose con grazia Nocturama mentre fuori soffia, sbuffa e piove:
Nick Cave mi prende per mano e mi conduce su strati di stoffa morbida stesa a liberare calore e al contempo mi fanno pensare alla neve, ai sentieri di montagna, ai rami ghiacciati e alle foto di Ansel Adams canzoni come He wants you e Right out of your hand…
La voce profonda simile a quella di Johnny Cash, l’inflessione poetica latente sempre e una strisciante voglia di chiudere gli occhi e di sciogliere il collo sale mentre prendono forma e volume immagini di letture serali sotto una coperta, davanti ad un fuoco, o ricordi di un cammino in salita nel buio con la brina a riflettere la luna e la luna a rischiarare la notte del tutto silenziosa….
Amo gli inverni rigidi che ci spingono alla ricerca dell’autentico calore…
“She passed by my window
Her eyes were all glow
And bent to pick her glove she’d dropped
From the bright and brittle snow”
(She passed by my window, Nick Cave, Nocturama)
martedì, 13 novembre 2007
Mi piace il vento forte che muove i capelli e
che arrossa la pelle.
Mi piace avere alle spalle una nuova
esperienza lavorativa,
sentirne la stanchezza fisica e
l'arricchimento mentale.
Mi piace respirare l'aria natalizia e
apprezzarne il calore dentro al freddo esterno.
Mi piace raccontare ed ascoltare racconti lungo il porto
mentre guardo il mare invernale...
TUTTI A VEDERE ROTHKO?
Mark Rothko
N.9 (Dark over light Earth / violet and yellow in Rose)1954 - N.61 (Rust and Blue) 1953
Capitano domeniche pomeriggio in cui ti ritrovi su un divano con degli amici a guardare cose che non rientrano direttamente nella tua sfera d’interessi ma che apprezzi e gusti in virtù della loro presenza.
Maratona di New York 4 novembre 2007
Capita che inizi a sentirti coinvolta da un contesto che non ti appartiene e di cui non conosci - se non superficialmente - le dinamiche, ma che vivi come un altro aspetto della vita di qualcuno di cui ti piace far parte, con i tuoi tempi e nella misura in cui si intende renderti partecipe, mantenendo il rispetto degli spazi e il vivace piacere dello stare insieme, senza il bisogno di capire tutto ma al contempo stimolata dalla conoscenza di qualcosa di apparentemente distante da come sei:
capita di rifletterci e di pensare che la bellezza è in ogni cosa vissuta con emozione, è nel percorso podistico della Maratona di New York, con un gran vociare di numeri e nomi e ricordi e confronti ed energia, è nel percorso museale di Mark Rothko al Palazzo delle Esposizioni a Roma, con un pacato parlare di pennellate, accenti cromatici e vibrazioni di luce, è nello scambio di interessi, opinioni e sensazioni, tutti validi allo stesso modo, indipendentemente dall'ambito di competenza di ognuno.
Maratona di New York 2007 - Mark Rothko Yellow, Red, Red 1954
Non c’è noia e non c’è fatica quando ti piacciono le persone con cui ti relazioni, persone che per te sono un valore aggiunto, persone per le quali forse non è indifferente che tu ci sia.
Svegliata dall'intenso aroma della glassa di cioccolato
scaldata dal sapore forte del caffè nero
avvolta dal tenue velo del bagnoschiuma ai petali di rosa
animata dall'odore autunnale delle castagne...
pioggia fuori
e in casa caldi profumi di festa...
Eroi per un giorno...
di cui andiamo molto fieri...
Maratona di Venezia 28 ottobre 2007
M COME MARATONA
"Huston chiama base…Obiettivo Raggiunto!
Ce l’ho fatta…ancora non ci credo, ma sono riuscito a portare a termine la mia prima Maratona nel tempo che ci eravamo prefissati…
Ho passato tre mesi di preparazione splendidi, in cui si alternavano momenti di forte carica ad altri di delusione, di scoraggiamento. Ma alla fine il 28 ottobre è arrivato, e la resa dei conti è avvenuta.
Già il sabato si assaporava aria di sfida, ognuno a suo modo tentava di stemperare la tensione che lo attanagliava…io intanto non ero cosciente del fatto che avrei dovuto sfidare una brutta bestia…
Il pomeriggio è scivolato via molto velocemente tra la preparazione dei ristori personalizzati ed un breve giro al centro maratona, ed in un battibaleno dopo una corsettina di pochi minuti ci siamo trovati tutti a tavola ad ascoltare i consigli di coloro che di esperienza ne hanno da vendere ed a studiare le strategie e la gara di ogni singolo. E intanto mancavano poche ore allo sparo, e l’adrenalina veniva prodotta in quantità industriale…
Finita la lunga cena, una passeggiatina di pochi minuti anticipava il riposo, e qualcuno non parlava più…
Ore 6:00…in camera sembra già mezzogiorno…in breve tempo consumiamo la colazione e ci troviamo sul piazzale dell’albergo. Due minuti e siamo già alla partenza, anche se con un’ora di anticipo.
Ultime raccomandazioni, consegna delle borse e poi via, ad avviare il motore...
Senza neppure sapere il perché, grazie al pettorale 53, mi trovo subito sulla linea di partenza accanto ai favoriti della gara. Seppur inadeguato alla posizione in cui mi trovavo mi sono goduto quel momento dall’inizio alla fine, anche perché non capita tutti i giorni!
Alle 9:20 lo starter punta al cielo la pistola e si parte. Al secondo chilometro vengo raggiunto dai compagni di squadra con cui avrei dovuto affrontare tutta la gara, ed i primi chilometri ce li mangiamo letteralmente. Presi dall’euforia ed accompagnati dal calore del pubblico ci attestiamo attorno ad una andatura molto più veloce di quella che avremmo dovuto tenere, errore che sconteremo alla fine della gara. Al 10° km siamo già in netto anticipo sulla tabella di marcia. Nel frattempo le gambe iniziano a farsi sentire prima del tempo forse per la troppa tensione nervosa accumulata; la gara però prosegue velocemente alternando tratti tra ali di folla e gruppi musicali a tratti privi di gente ma colmi dello spettacolo che offre il paesaggio della riviera del Brenta. Il gruppo si screma un po’ e procediamo a gonfie vele verso il passaggio alla mezza maratona: 1h28’29…Qualcuno si era raccomandato di passare almeno un minuto più lenti per avere più margine dopo…ma le emozioni a volte sono incontrollabili…
I 4 – 5 chilometri successivi risultano essere un po’ anonimi in quanto il percorso si addentra tra le fabbriche e le trafficatissime strade di porto Marghera, ma appena superato un simpatico ed insolito sottopasso ferroviario siamo già catapultati al centro di Mestre, dove sullo sfondo limpido tipico di una giornata di fine settembre campeggia il campanile di P.zza San Marco, ad un passo dal traguardo.
Ci addentriamo nel Parco San Giuliano dove ad aspettarci troviamo una miriade di bambini euforici che gridano e tendono la mano per ricevere un “5”...impossibile tirarsi indietro…pertanto almeno dieci minuti di gara volano così, tra un batti cinque ed un occhio sempre attento al cronometro che non perdona…
Si avvicina un’altra insidia: il ponte della libertà. Nel frattempo siamo raggiunti dal pacer delle 3h che ci carica un po’. Un piccolo cavalcavia è il preludio al ponte che tutti definiscono come l’ostacolo più duro di quella maratona, ma nel frattempo rimango da solo in quanto i miei compagni di avventura accusano le prime fatiche. Fortunatamente riesco a superare brillantemente quel filare infinito di pali blu, ma non appena imbocchiamo l’area portuale di Venezia le gambe iniziano ad arrendersi; è quella la parte più bella seppur la più dura della Maratona perché sei ad un passo dall’obiettivo, ripensi a tutta la preparazione che hai sostenuto ed inevitabilmente vinci il duello con il dolore e la fatica che cercano di prendere il sopravvento.
Al passaggio al 40° km capisco che posso riuscire a tagliare il traguardo di poco sotto le tre ore e mi avvio ad affrontare il primo dei 14 ponti. Uno dopo l’altro ed incitato sempre dal caloroso pubblico mi avvicino al traguardo, dove anche Graziano mi fa capire che ce l’avrei fatta. Al terzultimo ponte intravedo il traguardo ed istintivamente accelero. Gli ultimi 50 metri li ho conclusi con le braccia al cielo ed urlando di gioia. Ho abbracciato Paolo, ho ritirato la medaglia ed il telo e sono scoppiato a piangere. Si, ho pianto. Ininterrottamente per almeno 5 minuti. Come un bambino. E’ vero che è stata dura, durissima. Ma è anche stata un’avventura bella, bellissima.
Una volta arrivati tutti è stato un tripudio di gioia, mentre già la testa pensava a quale potrà essere la prossima Maratona…
RINGRAZIO TUTTI VOI PERCHE’ MI SIETE STATI VICINO E MI AVETE FATTO GODERE QUESTA SPLENDIDA AVVENTURA…"
Mirco Cappella
Bravo Mirco, bravi tutti ragazzi!
Anche chi non poteva esserci ma sa sempre essere partecipativo e presente in qualche modo, anche da lunghissime distanze!
Tarda sera, luci accese sulla strada e un sabato
che sfuma lento e strano...
I racconti dei giorni trascorsi appoggiati uno sull'altro in un angolo
in attesa di tornare sulle labbra...
Profumo d'inverno dentro l'aria,
sulle cose,
come un calore chiuso in un involucro di neve,
come leggere un libro sotto le coperte
mentre fuori piove...
Lenz tremante nascosto sotto una giacca troppo grande
Lenz che grida al suo spirito
Lenz che si disanima e si sfalda sulle pareti molli
da cui emergono le sagome dell’inquietudine
Lenz che vibra di angoscia e d’euforia
tra le maschere grottesche di una follia in festa
Lenz che sonda l’essenza della poesia
contro l’estetica effimera di un uomo venuto dal passato
vestito di nero
recante una lettera
Lenz che si strugge d’amore carnale
e d’amore ideale
rievoca Friederike dalla memoria
richiama Friederike dalla morte
una morte con voci da soprano
che annulla
che oscura
lascia geroglifici…
…conseguenze…
"...se soltanto potessi non udir più questo, starei meglio ".
"Ma cosa, caro amico?"
"Dunque lei non sente nulla, non sente la voce terribile che grida per tutto l'orizzonte e che di solito chiamano silenzio?...."
(da Lenz, Georg Büchner)
Ieri
ho gettato l'ancora,
ho concluso un altro viaggio
lungo un anno di burrasca, maestrale e cielo terso
ma
come qualcuno m'insegna
i successi vanno presto dimenticati
e oggi
si è di nuovo in prima linea
col coltello tra i denti...
Peer Gynt - Elena Prette
Grazie alla mia compagna di viaggio
senza la quale sarebbe stato più duro sfidare i venti
e individuare le rotte...
Grazie a chi mi aspettava al porto ...
Concentrati. Distanti ma solo nei chilometri.
Presi dagli impegni, dai contatti, dalle conversazioni, dai passi che si compiono uno dietro l’altro, dai gradini che si salgono uno dopo l’altro…
Spostati su altri piani fisici e mentali. Rivolti ad altri mari ed altre rive
ma presenti negli spazi che si fanno dilatati, elastici, tesi a riempire
oltre le nuvole dense, oltre la pioggia leggera d’autunno, oltre le ore miste di silenzio della sera entrante…
Ansel Adams
Birds on a beach
ore 19.06
Litorali malinconici ed aria più pungente.
Una camera al quinto piano e una voce al telefono che riecheggia
accesa dalla giornata trascorsa, raccontata, ascoltata…
Autunno, ottobre e una diversa atmosfera tutt'intorno…
Atmosfera invernale, luce più pacata, ore più piene e agende più scritte: si scivola veloci verso le sei del pomeriggio, forse un po' prima, e lì si ha come un rallentamento nello scorrere del tempo, come se si dovesse prendere coscienza di qualcosa, del piccolo prodigio della sera che è arrivata senza farsi notare…
Ci si prepara ad affrontare rinnovate prove: confronti, partenze, dimostrazioni di esperienza acquisita e competenza, capacità dialettica e intelligenza tattica, tutto per spingersi ancora più in là sulla strada della realizzazione, sulla strada che definisce l'identità, la strada che in parte sceglie e che in parte si sceglie con una direzione che alletta e che conduce, che rende ciò che si è, che costruisce un contesto, un mondo, un universo su misura in cui aggirarsi veri e fieri...
Ci si addentra nei mesi dell'operosità, della semina e al contempo del raccolto, e si attende il freddo, e si ascolta il suono dei ritmi più serrati di quella che una volta era la lunga stagione…

Ci si adegua ai cambiamenti come l’acqua ai contenitori ma col tempo ci si accorge che non è così automatico, che gli ingranaggi hanno bisogno di tempo per trovare un nuovo ritmo funzionante, hanno bisogno di superare la crisi del sistema e di comprendere che non c’è mai un arrivo definitivo, si deve essere sempre pronti a saper ricominciare…
Ho sognato che avevo un bambino.
Soffice. Occhi grandi aperti azzurri.
Forse come quelli di mio nonno materno.
Non so bene se fosse maschio o femmina,
ne ricordo solo la consistenza nelle mani, tra le braccia.
Però era al contempo anche una piccola pianta.
Molte foglie verde acceso e piccoli luminosi fiori violetti,
bagliori profumati nella mia notte.
mercoledì, 26 settembre 2007

Ansel Adams, Quercia, tempesta di neve, Yosemite (1948)
Pioggia e freddo d'autunno
freddo di vento e braccia allacciate al torace
freddo di gambe veloci nel passo
e di cieli bianchi in movimento.
Freddo della sera
coi vetri rigati e
il sentore d'inverno nei sensi - inverno
che arriva -
freddo sulla pelle, in superficie
ma in fondo caldo,
dentro.
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