"Poichè la sorte mi ha concesso di essere presente a qualcosa di grande, poichè ebbi la fortuna di appartenere alla «Lega» e di essere uno dei partecipanti a quel viaggio singolare il cui prodigio sfolgorò a quel tempo come una meteora e cadde poi così stranamente presto nell'oblio (...) mi sono risolto all'arrischiato tentativo di descrivere brevemente quel viaggio inaudito: un viaggio quale non era mai stato tentato da uomini dopo i tempi di Huon di Bordeaux e del folle Orlando fino alla nostra memorabile epoca....."
Herman Hesse, da Il Pellegrinaggio In Oriente
In procinto di prendere parte ad un viaggio singolare con una compagnia atipica, un viaggio tutt'altro che intentato precedentemente e abbastanza lontano da un pellegrinaggio a dire il vero, ma con tutti i connotati di una possibile esperienza zen (a cominciare dai libri che ho scelto di portare, ovvero 101 Storie Zen e Finzioni di Borges), prendo in prestito le parole di Herman Hesse per stendere un'aura solenne sulla mia partenza e salutare chi rimane col proposito di tornare carica di ricordi e scenari da condividere...
ricordi universitari...
Il manuale di Arte Moderna aperto sulla Scuola di Atene di Raffaello....
I tanti fogli di appunti scritti fitti d'inchiostro rosso....
La mia voce che memorizza date e nomi di musei tedeschi....
La sensazione del sole sulla pelle quella mattina di luglio dopo il trenta in Museologia strappato con tenacia alla dott.ssa Bairati....
Le vene pulsanti in gola appena seduta davanti all'esaminatore, la testa febbricitante di nozioni....
La sede ombrosa di Filosofia e il fortificante ripasso collettivo di Estetica presi dall'adrenalina in circolo per l'esame imminente....
Il profumo della sala caffè alla sede di Palazzo Ugolini, la luce attraverso la vetrata colorata che dà sul giardino....
La biblioteca e gli esami di storia....
Gli sguardi complici, gli sguardi solidali....
La formula della carbonatazione per l'esame di restauro....
La scommessa di ottenere tutti trenta agli esami dell'ultimo anno....
La scelta istintiva della tesi, l'argomento fortemente voluto, le trasferte di ricerca, il suono digitale degli scatti in quei luoghi di silenzio e intensità secolare, la difficile documentazione, la stesura....
E l'importante vibrazione della laurea, quel passo oltre nella consapevolezza di me, quel passo fuori da un ciclo....
I tanti fogli di appunti scritti fitti d'inchiostro rosso....
La mia voce che memorizza date e nomi di musei tedeschi....
La sensazione del sole sulla pelle quella mattina di luglio dopo il trenta in Museologia strappato con tenacia alla dott.ssa Bairati....
Le vene pulsanti in gola appena seduta davanti all'esaminatore, la testa febbricitante di nozioni....
La sede ombrosa di Filosofia e il fortificante ripasso collettivo di Estetica presi dall'adrenalina in circolo per l'esame imminente....
Il profumo della sala caffè alla sede di Palazzo Ugolini, la luce attraverso la vetrata colorata che dà sul giardino....
La biblioteca e gli esami di storia....
Gli sguardi complici, gli sguardi solidali....
La formula della carbonatazione per l'esame di restauro....
La scommessa di ottenere tutti trenta agli esami dell'ultimo anno....
La scelta istintiva della tesi, l'argomento fortemente voluto, le trasferte di ricerca, il suono digitale degli scatti in quei luoghi di silenzio e intensità secolare, la difficile documentazione, la stesura....
E l'importante vibrazione della laurea, quel passo oltre nella consapevolezza di me, quel passo fuori da un ciclo....
Perdermi dentro alle cose, scrivere tutti i giorni, infilarmi nei bauli e uscirne spazzando via un poco di polvere mentre con l’altra mano stringo forte quella di un amico che ha l’urgenza di saltare fuori…
Sedermi sul letto e sfiorare con le dita la copertina di un grosso libro che mi aspetta e mi reclama, un grosso libro che tiene una lettera e promette messaggi e strade dense da incontrare…
Aumentare la conoscenza, la concentrazione, mantenere un tono fermo e risoluto mentre sento che le esperienze si sommano e lasciano validi sedimenti , mentre scopro che non è difficile, che ci sono timori fugabili soltanto durante l’azione, durante l’atto concreto e deciso nel quale mi ritrovo, che so di poter fare…
Esserci, trovarmi nel mezzo, laddove accadono le cose, trovarmi accanto, trovarmi nel momento, al crocevia dei venti per sentirli tutti, per lasciarmi scegliere e vedere, per prendere e per fare…
Respirare l’aria che corre via veloce e taglia ai lati di un mezzo sul quale mi affido alla volontà, alla sicurezza, al buonsenso, alla decisione, all’intelligenza, all’abilità di un altro essere umano, toccando l’interezza del mio aver fiducia, scoprendo la bellezza dentro lo stupore…
Vedere i cambiamenti e captare il mio istintivo accordo con essi, mentre maggio sfuma, anche se titubante come ogni uomo, anche se piccola di fronte al cielo, ma con un torace che si alza e si abbassa e uno spirito attento alle percezioni, talmente in vortice da non saper rispondere con una frase semplice a chi si chiede cosa significhi essere felice…
Sera di cielo scuro e qualche bagliore. Sera d'aria sul viso, ascolto, pensiero... Sera di piccolo freddo e voglia di armonia ma sera di inquieto crampo empatico, vicino all'ombelico, coperto con le mani... Sera di una giornata insonnolita un po' scottata e un po' bagnata, sera assetata di un più forte temporale, sera di sospensione e sguardi alla finestra, luce debole e fotografie sparse... Sera di ricognizione in vista della settimana entrante, di penne nei libri, di richiami ancora da far aspettare...Sera senza meta e senza spazio che però non rinuncia al tempo, chè se ci si ferma è solo per illusione..........
"C'è qualche tempo dinanzi, strade e cose da fare."
(Sibilla Aleramo, dal carteggio con Dino Campana, lettera da Villa San Lorenzo, mercoledì sera, 19 agosto 1916)
"(...)
Trattenendo
me stesso,
come a un convegno,
sino all'ultimo battito del petto,
tendo l'orecchio:
l'amore riprende a ronzare,
umano,
semplice.
Fuoco,
uragano
ed acqua
s'avanzano con un sordo brontolio.
Chi
saprebbe
dominarsi?
Potete?
Provateci...."
Trattenendo
me stesso,
come a un convegno,
sino all'ultimo battito del petto,
tendo l'orecchio:
l'amore riprende a ronzare,
umano,
semplice.
Fuoco,
uragano
ed acqua
s'avanzano con un sordo brontolio.
Chi
saprebbe
dominarsi?
Potete?
Provateci...."
VLADIMIR MAJAKOVSKIJ
da "Lettera al compagno Kostròv da Parigi sulla sostanza dell'amore"
A Letizia e Franco per questo loro giorno
ps. per Giò
Tanti auguri riccioletta!
Di nuovo il caldo.
Lo riconosco sulla pelle così zitto e così pieno di voci.
Lo riconosco nella sensazione che innesca memorie di altri momenti e avvia gli andanti e i cadenzati di un tempo che ha la pretesa di scorrere lento e non può.
La scrivania piena di fogli, la testa che incastra date presenze e partenze, nei palmi la spinta a fare, a concretizzare, negli occhi la strada che mi aspetta mista di entusiasmo e piccoli timori…dettagli su uno sfondo che scorre e che, guardando da una diversa prospettiva, è la mia vita che si muove e, dopo tanto tempo e per diversi motivi, ho l’impressione di avere una direzione….
Mi piacciono le estati dinamiche poliedriche e multiformi, mi piace che siano differenti rispetto all’anno passato, che i ricordi prendano spazio, acquistino volume, mi piace che siano impegni che mi mettono alla prova, che non siano proprio vacanze ma lavori colorati che della vacanza hanno la vivace, luminosa, effervescente magia….
E poi ieri sera ho rivisto le lucciole…
"Lei portava la coppa in mano -
pari al suo orlo aveva il mento e la bocca -
così leggero e sicuro era il suo passo
che dalla coppa non cadeva una stilla.
pari al suo orlo aveva il mento e la bocca -
così leggero e sicuro era il suo passo
che dalla coppa non cadeva una stilla.
Non meno leggera e salda era la mano di lui:
un giovane cavallo egli montava
e con gesto noncurante
a una tremenda immobilità lo forzava.
Eppure quando dalla mano di lei
la lieve coppa egli dovette prendere
per entrambi fu troppo pesante:
perchè entrambi tremavano tanto
che le mani non si trovarono
e scuro vino corse sul suolo."
I due
Hugo Von Hofmannsthal
Una giornata di quasi pioggia
un lento arpeggio e la voce pacata di Elliott Smith
l'andare delle ore laboriose e fruscianti nella testa ma coperte da un involucro esterno silenzioso;
mantenere gli equilibri indiretti distaccandomi dal contingente che non mi appartiene;
tanta voglia di andare
tanta voglia di fare
sulla scorta di nuovi stimoli ricchi di potenziale:
il progetto di un'estate piena e varia
la costruzione di frammenti accesi sulla scia di un'importante e vivida continuità;
la bellezza dei momenti
il profumo delle sere di maggio
lo sguardo puntato alle stelle sempre in cerca dell'Orsa Maggiore...
L'Orsa Maggiore
La bella Callisto, ninfa vergine e cacciatrice della corte di Artemide, vista da Zeus ne diventa immediato oggetto di desiderio. Ovidio, nelle Metamorfosi, racconta che Zeus per avvicinare e sedurre la donna deve prendere le sembianze della sua signora Artemide poiché Callisto rifugge tutti gli uomini.
Quando la dea della caccia si accorge che la ninfa aspetta un figlio da Giove la scaccia dalla fonte e la condanna ad errare per i boschi fino al parto del figlio Arcade.
Era, signora dell’Olimpo e compagna di Zeus, infuriata per il tradimento subìto trasforma Callisto in un’Orsa, così che neanche suo figlio la riconosce più e scappa per essere allevato poi da una famiglia di cacciatori.
Arcade crescendo diventa un giovane avvenente e molto abile nel cacciare. Un giorno, in procinto di colpire col suo arco una grossa preda, incontra lo sguardo della bestia trovandolo familiare e amato; Zeus dall’Olimpo vede la scena e ferma la mano del giovane prima che possa commettere un matricidio, salvando entrambi portandoli in cielo.
Da allora l’Orsa (Maggiore) e Arcade (“guardiano dell’Orsa”, stella della costellazione di Bootes) si guardano sempre e ruotano insieme intorno alla Stella Polare.
Era, ancora più infuriata nel vedere Callisto trasformata in costellazione la condanna a non potersi mai bagnare nelle acque del mare dell’emisfero boreale.
Infatti l’Orsa Maggiore non scende mai sotto l’orizzonte nel nostro emisfero.
Il guardiano dell'Orsa
" THINK OF ME AS A
PROGRAMMABLE SODA
TOO MUCH CHERRY?
BABY THEN YOU CAN
JUST ADD COLA ! "
(Programmable Soda, Tory Amos, American Doll Posse)
Ci sono periodi.
Lunghi periodi d’incertezza, brevi periodi in cui ti senti invincibile, medi periodi di stabilità.
E ci sono momenti.
Lunghi momenti di solitudine e incomprensione, brevi momenti di estasi, medi momenti di grazia diffusa.
Ci sono istanti.
Serie di istanti che sembrano eterne, scintille d’istanti che schizzano e fiammeggiano via lontane, istanti perfetti che sono frammenti di beatitudine distribuiti a caso qua e là…
Ci sono equilibri da trovare, mentre si vive….
E' il passaggio
del tempo,
è l'istante,
che spendo:
la difesa e le ali
dell'essere nato
e di avere
una strada
che aspetta
e che segue
il mio posto nel mondo,
il pensiero
più fondo
di me.
19.
02.
05
"... enter again in the sweet forest
...entra ancora nella dolce foresta
enter the hot dream
entra nel caldo sogno
come with us
vieni con noi
everything is broken up and dances..."
ogni cosa è in frantumi e danza...
Awake - An American Prayer - Jim Morrison
Il viaggio a volte è strano, tira e strappa da più parti e non sai quasi dove guidare lo sguardo e quale voce ascoltare….
Un vecchio poeta m’induce alla calma del tono, all’andante del ritmo, mi parla suadente ballando con gli sciamani attorno ai fuochi di un immaginario desertico e ardente di pensiero, bollente di percezione, ed io mi sento come invasa dal suo calore e dal suo sentire che prescindeva le contingenze e che ancora si astrae verso mondi altri, foreste, mari…
Ci sono giorni in cui una barca sull’acqua mossa dalle onde quiete sarebbe l’unica perfezione….
Primaverestate, strade tortuose di campagna, profumo di tigli dai finestrini abbassati,suono lontano di campane, colline dolci negli occhi un po' stretti, brezza sulla faccia...
...l'imbrunire e le rondini...
...piccole piacevoli tranquillità...
Diffondermi incorporea, ...auguri Anita,
espandermi libera mia lontana, lontana
ed eterea amica...
nella stanza dei ricordi,
dove tutto risuona
di eco senza scarpe
e senza tacchi,
con carezze che
hanno mani vive
e baci piccoli
su labbra calde
su guance rosse
su fiati soffici
e capelli accesi dalle luci,
mentre ancora
camminiamo
nelle città notturne,
mentre abbiamo dimensione
e voce
e tatto
e siamo attesi e
attenti,
ma inconsapevoli dell'orizzonte
e del mare
che copre i passaggi,
le scie
e le profondità.
19.10.05
espandermi libera mia lontana, lontana
ed eterea amica...
nella stanza dei ricordi,
dove tutto risuona
di eco senza scarpe
e senza tacchi,
con carezze che
hanno mani vive
e baci piccoli
su labbra calde
su guance rosse
su fiati soffici
e capelli accesi dalle luci,
mentre ancora
camminiamo
nelle città notturne,
mentre abbiamo dimensione
e voce
e tatto
e siamo attesi e
attenti,
ma inconsapevoli dell'orizzonte
e del mare
che copre i passaggi,
le scie
e le profondità.
19.10.05
Un anno...
Ed ecco il mio turno. Un anno dalla partenza e siamo ancora in pieno mare.
Il viaggio è stato un andare continuo di quiete e movimento, di passi in avanti con qualche breve ultile sosta; è stato un guardarsi e un osservare, svegliarsi la mattina e saggiare l'odore del vento sul ponte della nave, sedersi la sera a prua, con un libro da scrivere in mano, e scrutare l'orizzonte per capire cosa avrebbe portato la notte...
...e la notte portava profumi e fuochi, portava immagini, portava storie....
Strada facendo abbiamo attraversato tinte plurime di azzurrro e siamo diventati tanti a leggerci a starci accanto a raccontarci, ognuno col suo bagaglio, ognuno con la sua sacca piena di parole e intensità, con i suoi confini da abbattere o tracciare, con i suoi punti di riferimento da incontrare e riconoscere, forse per fermarsi e non tornare più indietro.
Ma l'altrove è ancora grande da esplorare e ci sono infiniti fariche voglio raggiungere e sotto i quali mi voglio sedere a leggere e a scrivere...
Grazie ai miei compagni di viaggio. Tutti.
Marta
Sembra inquieto
essere addetti
a questa morbida
illusione
semi-accesa
semi-trasparente.
essere addetti
a questa morbida
illusione
semi-accesa
semi-trasparente.
Qualcosa giungerà.
(1999)
"...l'assenzio delle idee
si diluisce lentamente
nell'alcool dei sogni "
si diluisce lentamente
nell'alcool dei sogni "
(da L'apicoltore, Maxence Fermine)
Un mondo di sudore e numeri.
Così mi appare.
Un giorno di sole, una strada da affrontare, dritte e curve da assecondare, il respiro da accordare al battito, la testa sgombra, prepararsi, partire e vedere come va.
E mentre si è lì cosa si ascolta? Il corpo che pulsa e spinge e soffre e vive…o i pensieri che frusciano senza approdi, che nascono e restano semplici, puliti, paralleli ad un andare ritmico che ha bisogno soltanto di continuità, di mantenersi durevole, per portare alla fine della competizione, per cercare un sviluppo, un perfezionamento, un’evoluzione…
Un mondo di tenacia e tempi.
3 e 15, 3 e 25, 2 e 20, 2 e 18, 1 e 30….
Correre la gara, soli e concentrati sul percorso, per realizzare qualcosa di comune, correre per tirare la gara a qualcun altro, correre per fare un personale, per scaricare le tensioni e confrontarsi con la propria resistenza, per sentirsi accesi di adrenalina e poi arrivare al fondo della stanchezza fisica, quella che dà benessere alla mente, quella che risuona in tutto il corpo come un’eco elettrica, correre per rispondere al bisogno di riempire tutto lo spazio, correre per la compagnia…
E chi corre deve sentire la propria fisicità in maniera differente, in completo, scoperto dialogo con la propria struttura che manifesta punti di forza o disagi indubbi, per i quali sa già come reagire, perfettamente consapevole che il codice di lettura non può essere frainteso. I tendini s’infiammano, le unghie si perdono, le gambe non girano, si soffre organicamente o di testa….ma alla fine, se si porta a termine la corsa, si deve essere comunque soddisfatti del lavoro compiuto, della forza di volontà applicata, della resistenza e del dominio di sé.
Un mondo di impegno e risultati.
Così mi appare, io che osservo ancora da una certa significativa distanza, io che guardo alle tensioni e alle reazioni, conquistata dalla fermezza d’intenti, dalla disposizione d’animo con cui ci si mette in gioco, dalla libertà mentale che ne deriva in alcuni casi, dalla bella stanchezza disegnata sui lineamenti quando, dopo una gara, ci si ritrova a pranzo tutti insieme a rivivere la giornata, a riderne e a discuterne piacevolmente, a scattare foto, a memorizzare…
“Smell the rose, the sweet sweet rose,
Catch the sun find where it grows
Smell the rose, the sweet sweet rose that grows in castle walls in heaven...”
(Hey Dude, K, Kula Shaker)
Ventenne, in cerca della giusta strada accademica e di una realtà in cui riconoscermi e potermi veder germogliare, in cerca di un’identità in cui far confluire le tempeste e gli impeti che mi soffiavano nel petto con i pensieri e gli appetiti cerebrali che mi frusciavano nella testa, in cerca di una spiritualità non imposta che potesse comprendere le universalità delle diverse dottrine e la libertà delle differenti filosofie, mi avvicinavo all’India.
“…ACINTYA BHEDA BHEDA TATTVA…”
(Tattva, K, Kula Shaker)
Leggevo dei bramini, della mitologia del Rig-veda, di Krishna e delle grandi dee; consumavo quell’incredibile miscela di rock anni ‘ 70, suggestione ascetica e britpop che è stato “K” dei Kula Shaker, aspirando incenso e stringendomi in sciarpe di seta arancione piene di simboli; m’incuriosivo della vita di Milarepa e dei diversi stadi delloYoga –ratna; mi appassionavo al “Terzo Occhio” di Lobsang Rampa e scrivevo infiniti versi girando con un libro di poesie di Tagore nella borsa (anche se appaiato ad un libro di poesie di Jim Morrison)…
“Will I ever see the pleasure that will never end
Hidden in the misty forest that desire sand
Mesmerised like fireflyes falling through a flame
If I wait I’ll be too late to holler aut your name...”
(Temple of everlasting light, K, Kula Shaker)
Sono convinta che debbano esserci periodi di ricerca e crescita personale in certe età della vita, momenti di confusione in cui si va chiamando il proprio nome all’interno di diverse aree semantiche per vedere se si scopre una tangenza, se scoppia una scintilla identificativa e generatrice da cui partire, da cui far iniziare tutto.
Sono passaggi strambi durante i quali non si è nulla o, più propriamente, si è troppe cose insieme, a allora si prova a guardare e ad ascoltare, si prova ad imparare lasciandosi portare da una corrente, nuotandoci dentro per un po’.
GOVINDA JAYA JAYA GOPALA JAYA JAYA RADHA-RAMANAHARI GOVINDA JAYA JAYA…NRSINGADEVA JAYA NRISINGADEVA…GAURA GAURA GAURA HARI…PRABHUPDA…GOVINDAM (Govinda, K, Kula Shaker)
Ma in quella fonte io non ci ho nuotato davvero, mi sono piuttosto lasciata ispirare dalle evocazioni, ho sbirciato ammaliata tra i colori, ho trattenuto qualche suono...Probabilmente un viaggio in India a quel punto avrebbe dato una svolta seria alla cosa e avrebbe mostrato una decisa direzione da scegliere, un percorso contemplativo lontano da tutto il conosciuto, concentrata sulle mie reazioni e sui miei approdi…ma accadde qualcos’altro.
Arrivò una spinta all’interno delle profonde conversazioni nelle quali m’intrattenevo in quel periodo con qualcuno di attento e acuto che mi osservava molto e mi conosceva bene, arrivò una semplice frase pronunciata con chiarezza, una domanda, in realtà, nella quale mi ritrovai interamente e che trasformai in un blocco di partenza, un concetto che, mi accorsi, era nell’aria già da tempo, suggerito da una serie di letture che si rimandavano l’un l’altra e che contenevano lo stesso germe pungolante…
Tutto s’incastrò in modo tale che mi ritrovai su una strada di mattoni gialli diretta ad un diverso cammino – che era universitario ma anche formativo – con un cambio netto di frequentazioni, riflessioni e sensazioni, e lentamente la mia mista, vorticosa, inquieta personalità in piena prese forma e con essa presero posto gli interessi permanenti, presero definitiva dimora i principi, sede stabile gli ideali, confluendo in una cultura artistico-letteraria affascinata dai simboli e dagli archetipi, in una spiritualità aperta ma concentrata sulle essenze più che sui dettagli, in una sensorialità spiccata e tendente all’edonismo, in una weltanschaung attenta ai momenti intimi che nello scorrere uno accanto all’altro tracciano il disegno delle grandi fasi significanti che ognuno ha nella propria vita e segnano il varco di numerose linee d’ombra…
“Dancing in your shadow I was riding through a different state of mind….
Wait until tomorrow see the summer sun upon the ocean sky
Look to the creator see the master of magicians fantasise...”
(Smart Dogs, K, Kula Shaker)
Di quel periodo indi mi rimane la sensazione olfattiva, la tendenza a mantenere quelli che chiamano chacra aperti, la voglia di stare in ascolto del mondo, e un ciondolo a forma di stella che mi ricorda una delle strade che non ho preso, ma non come fosse un rimpianto, soltanto come un saluto dorato ad una terra di miele che ha contribuito a rendermi in parte la persona che sono…
“From the feeling I had to be sure
When you know that you’ve felt this before
It’s a long road, long journey home...”
(Hollow man, K, Kula Shaker)
" For the world's an Eye
Perchè il mondo è un occhio
And the universe is Seeing
E l'universo è vista
Liquid
Liquida
Rare
Rara
Radiant
Radiante "
(dal 22° Chorus del San Francisco Blues,
Jack Kerouac, marzo 1954)
Medea II...
Medea (1838, Eugène Delacroix)
Sembra essere l’anno della follia.
Inciampo nella lettura di Michel Foucault, del Lenz di Georg Büchner, nella rappresentazione delParsifal di Wagner ambientato in un manicomio(H.Brockhaus), nonché nella presentazione del libro di Cristicchi. . . e anche nella Medea di Fabio Sonzogni, declamata in un clima a metà tra l’insano e il marziale, il folle e lo stregonesco.
Medea maga, riflessiva e circospetta sopra l’acqua e il fuoco di un calderone.
Medea preoccupata delle derisioni dei nemici attenta all’ordito e alla trama della propria nemesi.
Medea sinuosa e circuente per virare gli sfavori in fortune, scambiandoli con promesse d’incantesimi (per ottenere da Egeol’asilo nella sua terra), venandoli di falsa ingenuità (per assicurarsi ancora un giorno a Corinto da Creonte o per farsi aiutare da Giasone nella vendetta contro Creusa), perennemente osservata da un coro femminile castigato in abiti da centro d’igiene mentale incapace, però, di mettere una camicia di forza ai pensieri e agli intenti di lei, bellissima e inflessibile, lei, scalza barbara che bacia il marito traditore serbando un suo tradimento sulle labbra, lei che canta nenie straniere alle fiammelle dei figli poco prima di spegnerle per sempre.
E l’assassinio dei figli è un parto urlato e un utero e una vagina tagliati con vetri rotti di una bottiglia medicinale.
E il carro di Elios è un manichino che innalza sopra i mortali soltanto l’abito di Medea, l’abito con cui Giasone l’aveva travestita per una vita illusoria, mentre il suo corpo scende svagato dal palco ed esce di scena sulle note di un canto di folklore che spoglia il coro del rigore degli abiti ospedalieri e lascia un indefinito e diffuso senso di perplessità.
Eroina che da vittima si fa il più potente e deplorevole dei carnefici pur mantenendo tutto il tempo il favore degli dèi,Medea è però stavolta – assieme a tutto il gruppo femminile – meno convincente degli interpreti maschili, tra cui spiccano un interessante pedagogo-Creonte e un perfetto Giasone, misto di ingenua alterigia, fascino e viscidume.
Evidente sempre l’estrema attualità del testo euripideo, con l’eterno dramma del tradimento, dell’ingiustizia verso lo straniero e ultimamente anche dell’omicidio domestico.
Efficace il largo uso di bagliori e zone d’ombra.
" It ripens
Matura
while I sleep, afternoons, on the old sofa,
mentre io dormo, nei pomeriggi, sul vecchio divano,
the forms ready themselves for dazed, refresched,
le figure si preparano per stupiti, freschi,
wakening senses to bite on,
sensi appena desti che le mordano,
"taste with the mind's tongue".
"assaggia con la lingua della mente".
Yes, the confusion
Sì, questa confusione
comes of sleep, and all was ripe
viene dal sonno, e tutto era maturo
before, and I green.
prima, e io acerba.
Yet it's true.
Eppure è vero.
"one who makes it, and one who needs it". "
"Uno fa, e un altro ne ha bisogno".
(da Vivere con un quadro, Denise Levertov)
Voglia di evasione…
Ma non ho nulla da cui vorrei evadere.
No. Voglia di partenze. Voglia di altrove.
Voglia di stare in viaggio soprattutto. Jeans, una felpa e scarpe da ginnastica.
Una bottiglia d’acqua sempre dietro. Voglia di benessere.
Di occhi pieni di visuali, di borse piene di salviettine e fazzoletti, unaPilot V5 extrafine e una moleskine come diario di bordo.
Cose nuove da scrivere. Versi nuovi da sentir salire…
Un libro tascabile da comprare lungo la strada, musica da accompagnare alle conversazioni, alle immagini, ai pensieri…
Sono diversi i dialoghi quando si è in esplorazione, il tragitto induce al racconto, all’aneddoto, o alla riflessione, non sono vaghe le frasi, non sono rimandate le risposte…
Ci si guarda in faccia quando si è in escursione, quando si è insieme a scoprire cose nuove con la curiosità come movente, la conoscenza come scopo e l’esperienza come risultato.
Ci si guarda negli occhi mentre si sorride.
Penso ad un quadrivio di Vienna cartina alla mano, penso alla campagna senese, a quel silenzio e a quella lontana sospensione, alle diverse attese alla stazione di Milano, ai vicoli di Venezia in una passata stagione, alla lieve pioggia estiva sulla pelle mentre cercavamo di fotografare i fari, ad un percorso in salita a zero gradi illuminati solo dalla luna…..
E penso a questo vento freddo che mi mette voglia di andare, non importa dove, soltanto andare…
DI GRANDI SPAZI,
DEL RESPIRO,
DI LABBRA
HANNO BISOGNO
I PITTORI.
DI DITA LIBERE
E PIEDI SCALZI,
DEL VENTO
E DELL'ODORE DEL MARE.
DI UN GUSTO SALATO
NELLA BOCCA,
DI UN IMPULSO
E DELLA MUSICA
CHE SALE DALLA TERRA.
06.
03.
05
Comincia con il pane ai semi di papavero.
Comincia con un regalo a volte.
Ti fermano mentre esci di casa, vicini che sanno poco di te, giusto quello che hanno sentito dalla voce di tua madre mentre parlavano dei rispettivi figli, e ti dicono che hanno delle cose che sapresti apprezzare più di loro – loro che comunque le hanno salvate dalla distruzione, le hanno curate dagli effetti del tempo, le hanno conservate strette in nastri rossi come lettere di una passata età…
Poi li vedi e non puoi crederci.
Molli tutto e gli corri incontro come fossero abbracci di persone…
Ti regalano due collane di volumetti d’arte del 1954 e del 1931…così preziosi che ti vengono le lacrime, perché ti parla tutto quello che ti arriva da un passato sconosciuto e che inspiegabilmente si collega a te, e perché ti fa sentire speciale chi si accorge che ci tieni ai libri e ti dice che starebbero sicuramente meglio con te che nella sua soffitta a prender polvere…
Ma non c’è polvere sulle copertine che già stringi tra le mani, e non c’è odore di soffitta tra le pagine, soltanto profumo di bellezza e calore umano, e una tinta grata sulle tue guance…
Comincia con il pane ai semi di papavero.
Comincia con un regalo a volte la giornata.
O con una canzone dei Doors alla radio…
O con le parole di qualcuno che ti dice:” E’ bello esserci.”
“Ed è bello che tu ci sia”.
Ed eccomi come un punto a capo.
Unghie corte da pianista ma i tasti che batto non sono di pianoforte, non più.
Come in coda ad un vortice, come di lato, fuori da una corsa, cammino lenta, rileggo i passi, mi vedo in un’espressione sospesa, fatta di pura atmosfera, pulviscolo, vento ed alcune rotondità…
Facendo la solita strada ho pensato che guido come vivo, accelerando e rallentando ma senza toccare troppo il freno, soltanto diminuendo un poco la pressione del piede, aspettando di vedere quello che succede, risparmiando sempre la possibilità della frenata come raggiro l’eventualità di una paura, lasciandola per un secondo momento, scartando l’evenienza se riesco…ché le paure preferisco sgretolarle, dare un colpo deciso e schiacciare uno ad uno i piccoli frammenti, fino a non pensarci più…
Ma sfioro sempre i rischi, gli passo vicino pronta a sbagliare i tempi di una richiesta, pronta a mancare i toni di un commento o di una confessione, pronta a lasciarmi troppo vedere, senza serbare le armi, senza aspettare che gli altri si scoprano perché sicura di quel che sono, certo, e sicura, sicura di quel che sento, ma è una buona cosa essere se stessi senza filtri? Filtri che ti coprano intendo, filtri che confondano, che velino almeno un poco ciò che si può svestire secondariamente? Si può ancora pensare di venir apprezzati perché immuni da meccanismi strategici, da costumi di furbizia, da schermi di difesa, aperti a tutta la portata d’emozione che accompagna circostanze e congiunture – posto che esse abbiano per te un concreto valore?
Farsi un’analisi, almeno periodica, mettersi sempre in un’utile discussione critica,vivere l’istinto cosparso di buon senso, mantenere dischiuso il petto e vigorosamente accesa la mente, guardare, toccare, apprendere…elementi che fanno parte di un mio essere che va, giorno dopo giorno, stratificandosi e componendosi, portandomi ad essere quella che voglio essere a volte…
…altre volte ancora no…
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