Sera. Lunedì. La galleria è chiusa ed io posso guardare la luce ridursi dalla finestra con le orchidee del mio secondo piano.
Soltanto il giorno prima del mio compleanno. Solito studio/lavoro, i libri, le slides, riflettere su cosa significa strutturare interamente un discorso mentre lo faccio, considerare il grado di libertà, di responsabilità, di perfezionismo e maniacalità che comunque fanno parte di me; chiedermi ancora e sempre se sono all'altezza (più che per insicurezza per via del rispetto che porto alla materia in questione), chiedermi cos'è che posso dare in più, cosa posso tirar fuori da dentro e come posso trasmetterlo...
Soltando il giorno prima del mio compleanno. Un martedì stavolta, come quando sono nata. In settimana i giorni speciali quasi scompaiono ma c'è sempre qualcuno che per fortuna sa come accenderli.
Si alternano alte temperature e temporali ultimamente, si alternano quiete e ritmi quotdiani ai piccoli grandi tremori dovuti alle imprese che ci prefiggiamo, le posizioniamo lungo la strada forse per sentirci vivi, forse per spingerci ogni volta un poco più avanti e un poco oltre, forse per chiamarci addosso il riflettore della gente che amiamo, come a dimostrargli che valiamo qualcosa, e tutto il tempo soffriamo e ci chiediamo chi ce lo ha fatto fare, ma poi il momento arriva e rompe le routines, rimette in circolo forza e autocontrollo, dosa le ansie e sferza di energie i momenti, e ci avvicina, ci lega, ci incolla a quelli che hanno voglia di condividere, ma voglia vera, di esserci, con noi e per noi.
Si alternano questi stadi e fra di essi capitano anche i compleanni, giornate che ogni anno tornano uguali, mentre le nostre piccole grandi imprese hanno la caratteristica della straordinarietà, dovuta soprattutto al fatto che le abbiamo scelte, abbiamo preso la decisione, ci siamo messi in gioco deliberatamente.
Oggi è soltanto il giorno prima del mio compleanno, presto sarà il giorno prima di una conferenza impegnativa, il giorno prima di una gara importante che si porta dietro un mucchio d'incognite, il giorno prima di una partenza, il giorno prima di un arrivo, il giorno prima di un quando e un dove in grado di spingerci un passo ancora più in là...
Soltanto il giorno prima del mio compleanno. Solito studio/lavoro, i libri, le slides, riflettere su cosa significa strutturare interamente un discorso mentre lo faccio, considerare il grado di libertà, di responsabilità, di perfezionismo e maniacalità che comunque fanno parte di me; chiedermi ancora e sempre se sono all'altezza (più che per insicurezza per via del rispetto che porto alla materia in questione), chiedermi cos'è che posso dare in più, cosa posso tirar fuori da dentro e come posso trasmetterlo...
Soltando il giorno prima del mio compleanno. Un martedì stavolta, come quando sono nata. In settimana i giorni speciali quasi scompaiono ma c'è sempre qualcuno che per fortuna sa come accenderli.
Si alternano alte temperature e temporali ultimamente, si alternano quiete e ritmi quotdiani ai piccoli grandi tremori dovuti alle imprese che ci prefiggiamo, le posizioniamo lungo la strada forse per sentirci vivi, forse per spingerci ogni volta un poco più avanti e un poco oltre, forse per chiamarci addosso il riflettore della gente che amiamo, come a dimostrargli che valiamo qualcosa, e tutto il tempo soffriamo e ci chiediamo chi ce lo ha fatto fare, ma poi il momento arriva e rompe le routines, rimette in circolo forza e autocontrollo, dosa le ansie e sferza di energie i momenti, e ci avvicina, ci lega, ci incolla a quelli che hanno voglia di condividere, ma voglia vera, di esserci, con noi e per noi.
Si alternano questi stadi e fra di essi capitano anche i compleanni, giornate che ogni anno tornano uguali, mentre le nostre piccole grandi imprese hanno la caratteristica della straordinarietà, dovuta soprattutto al fatto che le abbiamo scelte, abbiamo preso la decisione, ci siamo messi in gioco deliberatamente.
Oggi è soltanto il giorno prima del mio compleanno, presto sarà il giorno prima di una conferenza impegnativa, il giorno prima di una gara importante che si porta dietro un mucchio d'incognite, il giorno prima di una partenza, il giorno prima di un arrivo, il giorno prima di un quando e un dove in grado di spingerci un passo ancora più in là...
Voglia di una serata calda, all'aperto,
bollicine nel bicchiere,
una conversazione sciolta e complice,
profumo di tigli nell'aria...
bollicine nel bicchiere,
una conversazione sciolta e complice,
profumo di tigli nell'aria...
C'è stato spazio
solo per qualcuno,
una fessura
morbida
di un nulla
spontaneo,
aperta finchè doveva
una volta
e poi ritratta
con una sutura;
tentata
ma vinta ancora e
in ultimo
molto distante,
assoluta e senza più dubbi.
Per il resto
evidentemente
non ci sono configurazioni,
e segni
sensibili
lo spiegano
lungo il sentiero,
che avanza autonomo sotto
e si copre di ombre
calde e
di fruscii ai lati.
solo per qualcuno,
una fessura
morbida
di un nulla
spontaneo,
aperta finchè doveva
una volta
e poi ritratta
con una sutura;
tentata
ma vinta ancora e
in ultimo
molto distante,
assoluta e senza più dubbi.
Per il resto
evidentemente
non ci sono configurazioni,
e segni
sensibili
lo spiegano
lungo il sentiero,
che avanza autonomo sotto
e si copre di ombre
calde e
di fruscii ai lati.
26 aprile 2011
ore 16.30
ore 16.30
Sulla scorsa domenica...
Storie di luce e di colore.
Storie di immagini non-immagini che sono porte per l’infinito illimite.
Storie di gallerie d’arte aperte sul borgo in festa, di voci, di attese e di agitazioni controllate.
Storie di riluttanti e reticenti che sanno sciogliersi dentro l’inaspettato e storie di menti curiose che trovano l’illuminazione, colgono un passaggio per valicare un freno e comprendere l’importanza del proprio ruolo di osservatore di fronte a un quadro.
Storie di sguardi e di attenzione, di articoli e parole sulla carta, tra le mani, di pensieri che viaggiano, di linguaggi e comunicatività. Storie di farsi tramite verbale tra la visione e la percezione sensoriale.
E poi mani che stringono, labbra che si distendono, intelligenze che apprezzano o posizioni che non cambiano ma vengono argomentate.
Storie di piccoli applausi e anche un po’ storie di orgoglio.
Storie di presenze, assenze e riflessioni in merito. Storie di lavoro e storie di amicizia. Storie di condivisione.
Storie di un’orchidea che racconta la bellezza di un gesto, un attestato di stima, una delicatezza di spirito, una gratitudine sicuramente biunivoca.
Storie di immagini non-immagini che sono porte per l’infinito illimite.
Storie di gallerie d’arte aperte sul borgo in festa, di voci, di attese e di agitazioni controllate.
Storie di riluttanti e reticenti che sanno sciogliersi dentro l’inaspettato e storie di menti curiose che trovano l’illuminazione, colgono un passaggio per valicare un freno e comprendere l’importanza del proprio ruolo di osservatore di fronte a un quadro.
Storie di sguardi e di attenzione, di articoli e parole sulla carta, tra le mani, di pensieri che viaggiano, di linguaggi e comunicatività. Storie di farsi tramite verbale tra la visione e la percezione sensoriale.
E poi mani che stringono, labbra che si distendono, intelligenze che apprezzano o posizioni che non cambiano ma vengono argomentate.
Storie di piccoli applausi e anche un po’ storie di orgoglio.
Storie di presenze, assenze e riflessioni in merito. Storie di lavoro e storie di amicizia. Storie di condivisione.
Storie di un’orchidea che racconta la bellezza di un gesto, un attestato di stima, una delicatezza di spirito, una gratitudine sicuramente biunivoca.
MARCO LUZI
di Marta Silenzi
Rrose Selavy Magazine n. 24
(aprile 2011)
http://www.rroseselavy.org/rrosemagazine_marcoluzi.html
(aprile 2011)
http://www.rroseselavy.org/rrosemagazine_marcoluzi.html
sulla scorsa domenica....
Dimostrare per essere. Ma qualche volta ha un valore e un risultato più alto mettersi alla ribalta, mostrarsi, provare a trasmettere. Accende una luce che mette un poco a fuoco, segnala un'indicazione di presenza e di sostanza, traccia qualche tratto di strada. Non è per avere la scena, è per vedersi che serve un teatro e per raccontare. Consenso oggi vuol dire spinta. Partecipazione vuol dire energia. Attenzione vuol dire gratitudine.
Dimostrare per essere. Ma qualche volta ha un valore e un risultato più alto mettersi alla ribalta, mostrarsi, provare a trasmettere. Accende una luce che mette un poco a fuoco, segnala un'indicazione di presenza e di sostanza, traccia qualche tratto di strada. Non è per avere la scena, è per vedersi che serve un teatro e per raccontare. Consenso oggi vuol dire spinta. Partecipazione vuol dire energia. Attenzione vuol dire gratitudine.
Girano nuovi ritmi, nuove canzoni, nuovi album da assaporare, una luce più ampia, uno scoprirsi degli angoli e un ridursi d'ombre. Vengono ad abitarmi colori vari come pezzature di primavera, come fluorescenze alla Andy Warhol che portano addosso atmosfere e momenti, significati, identità.
C'è un'uscita dal sonno che è un soffio e un respiro, una freschezza interiore lontana dal tedio, anzi piena e da strutturare, venuta forse con la luna grande, forse da una lunga semina.
C'è un'uscita dal sonno che è un soffio e un respiro, una freschezza interiore lontana dal tedio, anzi piena e da strutturare, venuta forse con la luna grande, forse da una lunga semina.
"Slowly we unfurl as lotus flowers..."
Girano i mobili nella stranza in cambi efficaci di prospettive, come una prova generale delle sistemazioni che verranno. Colonne di libri e pareti da riempire.
Cambiano i ritmi e si sommano gli incontri sulla strada in costruzione di una giornata, che mi mostra la sua faccia più chiara, presa in pieno da una luce e un'aria fredda che forse fanno la differenza.
E non ho più bisogno di bacheche per darmi una definizione, giusto qualche ora per concentrarmi e per il resto azione che combatte l'atrofia.
Sgusciare fuori dal mio inverno.
Cambiano i ritmi e si sommano gli incontri sulla strada in costruzione di una giornata, che mi mostra la sua faccia più chiara, presa in pieno da una luce e un'aria fredda che forse fanno la differenza.
E non ho più bisogno di bacheche per darmi una definizione, giusto qualche ora per concentrarmi e per il resto azione che combatte l'atrofia.
Sgusciare fuori dal mio inverno.
"Ebbene, io credo che non saremmo granchè come artisti ( e, ovviamente, come uomini, come esseri umani, come individui) se, trovata per caso o a fatica la cosa tanto cercata, non continuassimo ad alzare il resto dei coperchi, a rimuovere le pietre, a fugare le nuvole, tutte, fino alla fine. Ricordiamoci che la prima cosa potrebbe essere stata messa lì per distrarci dalla seconda. Verificare, secondo me, è la vera regola d'oro. "
da Manuale di pittura e calligrafia
José Saramago
Bookshop & Gallery feat. Romeres - The Candle Burns
(unreleased track attributed to The Beatles)
http://www.youtube.com/watch?v=AjysBP4LTUQ&NR=1
(unreleased track attributed to The Beatles)
http://www.youtube.com/watch?v=AjysBP4LTUQ&NR=1
Infinite le ore di un'alba, un prolasso del tempo tra l'aurora e il farsi luce, morbidi e scalzi sulla sabbia, sull'asfalto, caffè e ciambelle in un sacchetto, animati da un rimbalzo vivace, da un flettersi di gambe e un tendersi di labbra, freschi, giovani per sempre...
Pioggia, neve, esondazioni, tutto viene e tutto sembra trattenere, creare digressioni, vuoti temporali da riempire con poche azioni. Il peso dell'acqua, il grigio del cielo che toglie la luce. Ma è uno stadio d'attesa sotto al quale tutto scorre inesorabile. Certi giorni sono troppo cerebrali, si deve coprirli col quotidiano per non rischiare di finire dentro qualche buco buio e imprevisto. Di solito basta cambiare posizione, come alzarsi dal letto dopo i sogni, cambiare prospettiva per dissipare le ombre.
Stateless
Bloodstream
http://www.youtube.com/watch?v=Sn3-1kvv6u4
Incedere in quest'indolenza di passi, tenuto dai pensieri più che dalla gravità, è come una caduta all'indietro, dentro al vuoto che non ha sponde morbide, dentro al suono che mi promette il fascino dell'amnesia... Nel coordinare gli arti provo a scollegarmi dalle pulsazioni, a scongelare il fiato nell'aria, a scuotermi l'interno disperso nell'indecisione di essere di colpo qualcun altro, come in un'incongruenza di accadimenti, in un sovrapporsi di dimensioni tutte estranee, lontane da qui.
Mentre la strada continua ad essere in salita
Mentre la strada continua ad essere in salita
Giorni che si faceva attendere una presa di coscienza. Giorni che un eccesso di scrittura su altri fronti creava filtri al mio specchiarmi qui. Giorni che sono passaggi stagionali ed umorali, risultato di eventi che, per quanto invisibili nell'aspetto, arrivano a cambiare le cose, come un rivoltarsi di tutte le carte, come la caduta del primo pezzo di domino che si porta dietro tutto il resto. Guardo alle mie trasformazioni, spaventata all'idea di non riconoscermi dopo aver mangiato il pasticcino con su scritto 'mangiami', sperando di non dover trovare in fretta il modo di rimpicciolire, ricordandomi che ad ogni passo corrisponde un tempo di assestamento, e che quando c'è una strada la si percorre, indipendentemente dalla propria statura, trovando il coraggio, trovando la serratura, trovandosi. E sperando di non fare tardi.
Rubbit...where'd you put the keys girl?
Rubbit...where'd you put the keys girl?
Voglia di un film d'essei
di una primavera in giro a fotografare scene improbabili in contrasti technicolor
di un quaderno su cui scrivere nei caffè
(un libretto tascabile che mi pulsa nella sinistra del cappotto)
e di un profumo nuovo, mai sentito.
Ho perso il mio orologio un giorno, e ho l'impressione di vivere sempre in ritardo sui tempi. O forse precorro un ritorno.
Lucio Fontana
di una primavera in giro a fotografare scene improbabili in contrasti technicolor
di un quaderno su cui scrivere nei caffè
(un libretto tascabile che mi pulsa nella sinistra del cappotto)
e di un profumo nuovo, mai sentito.
Ho perso il mio orologio un giorno, e ho l'impressione di vivere sempre in ritardo sui tempi. O forse precorro un ritorno.
Lucio Fontana
"da altri suoni"
sensazioni, ritratti di un momento a partire da un brano musicale
(da leggere mentre si ascolta)
esperimento zero...
Suona strana la sera che ormai è notte, ormai mattina. Scivola umida la strada. Ogni tanto una macchina, scia di pneumatici sull'asfalto, passaggi, tentativi, persi dietro idee e carezze senza seguito.
Scorrono semplici le ore se le lasci fare. La città sa sempre come inghiottirle dietro qualche angolo e la dimenticanza ha una forza indefinita, pari al ricordo. Ma come si può ricordare ciò che lasciamo disperdere indifferentemente, sintonizzati su un'illusoria abbondanza che alza un angolo della bocca appena ci giriamo, consapevole quanto noi non saremo mai? Suona vuoto questo bicchiere: nessuna doppia opzione cui attenersi per definire se stessi, la metà se n'è andata assieme al ghiaccio e anche l'orologio al mio polso ha smesso di segnare l'ora.
sensazioni, ritratti di un momento a partire da un brano musicale
(da leggere mentre si ascolta)
esperimento zero...
Elan Mehler
I Want To Leave You
http://www.youtube.com/watch?v=OF95_qh-Ezc
I Want To Leave You
http://www.youtube.com/watch?v=OF95_qh-Ezc
Suona strana la sera che ormai è notte, ormai mattina. Scivola umida la strada. Ogni tanto una macchina, scia di pneumatici sull'asfalto, passaggi, tentativi, persi dietro idee e carezze senza seguito.
Scorrono semplici le ore se le lasci fare. La città sa sempre come inghiottirle dietro qualche angolo e la dimenticanza ha una forza indefinita, pari al ricordo. Ma come si può ricordare ciò che lasciamo disperdere indifferentemente, sintonizzati su un'illusoria abbondanza che alza un angolo della bocca appena ci giriamo, consapevole quanto noi non saremo mai? Suona vuoto questo bicchiere: nessuna doppia opzione cui attenersi per definire se stessi, la metà se n'è andata assieme al ghiaccio e anche l'orologio al mio polso ha smesso di segnare l'ora.
Quasi metà del primo mese del nuovo anno. Un cambio di scenario che sembra avere colori intonati perché ha l’essenza delle possibilità.
Mi sono presa degli appunti di percorso, mi sono segnata per terra una direzione da compiere mentre mi muovo, dato che non trovavo altre indicazioni stradali, ed eccomi qui, una grossa cartella in una mano, un bagaglio di esperienze in più da spendere nell’altra. Restiamo a vedere.
Stasera ascolto uno strano album postumo dal vivo che ho da tanto tempo ma che non ho mai avvicinato seriamente prima d’ora perché credo mi mancassero elementi decisivi per capirlo. Mystery White Boy, un collage di esibizioni di Jeff Buckley suggeritomi da chi da sempre arriva al fondo della musica molto prima di me.
Sono reduce dalla lettura di una biografia su Jeff Buckley, è la terza – bel regalo che mi arriva da chi presta attenzione – e mi porto addosso una specie di meditazione su questo talento dalla pronuncia e sensibilità incredibili che non si scosta troppo da quanto già la sua sola musica mi trasmetteva.
È un insieme grumoso di intensità meravigliose e perdite infinite dentro pozzi bui.
Questo sentivo in Grace senza però comprendere la vera essenza di questo ragazzo intriso di un eredità sorprendente voluta e non voluta allo stesso tempo: non ne capivo la sostanza imprescindibile che è la dimensione live. Ascoltavo questo disco e pensavo fosse lontanissimo dalle purezze e perdizioni magnifiche di Grace, lo avvertivo troppo spinto in là, urlato, disperato, ma Buckley era uno sperimentatore in primis, era uno strano bel tipo schivo che voleva tutto e niente, genio della chitarra, dio o demone delle corde vocali, che se ne stava perfettamente in una maglietta bianca stropicciata con poco pubblico a un metro da lui dentro un piccolo locale a fare quello che gli pareva di un milione di canzoni tra le più belle dell’intera scena rock.
Ed era tutto nello spazio tra il microfono e la sua chitarra.
Prendere una canzone, tua o di qualcun altro non importa, ma bellissima e corposa e profonda, e farla e disfarla all’infinito, finché ti porta da qualche parte, finché ti dice di andare, dentro altre tonalità, lontano e senza la garanzia del ritorno.
La conoscenza ti svela e ti aiuta a comprendere, anche qualcuno che in fondo non c’è stato il tempo di comprendere musicalmente (dopo appena un album e pochisketches non finiti che sembrano andare in tutt’altra direzione), ma non sono mai sicura dell’effetto che mi fa sapere troppo quando si tratta di sfere che attengono alle sensazioni. La musica, la poesia. Il sensibile, lo spirituale. Generalmente preferisco attenermi a quanto sento, anche se rischio di leggerci dentro me, invece che lui, cioè la mia risposta alle sue canzoni invece che il suo messaggio o la sua espressività.
E chissà se è poi tanto sbagliato.
In tutto quello che faccio, proprio non ci riesco a non sentirmi.
Time feels like it's flown away, the days just pass and fade away, what will you say when they take my place?
Mi sono presa degli appunti di percorso, mi sono segnata per terra una direzione da compiere mentre mi muovo, dato che non trovavo altre indicazioni stradali, ed eccomi qui, una grossa cartella in una mano, un bagaglio di esperienze in più da spendere nell’altra. Restiamo a vedere.
Stasera ascolto uno strano album postumo dal vivo che ho da tanto tempo ma che non ho mai avvicinato seriamente prima d’ora perché credo mi mancassero elementi decisivi per capirlo. Mystery White Boy, un collage di esibizioni di Jeff Buckley suggeritomi da chi da sempre arriva al fondo della musica molto prima di me.
Sono reduce dalla lettura di una biografia su Jeff Buckley, è la terza – bel regalo che mi arriva da chi presta attenzione – e mi porto addosso una specie di meditazione su questo talento dalla pronuncia e sensibilità incredibili che non si scosta troppo da quanto già la sua sola musica mi trasmetteva.
È un insieme grumoso di intensità meravigliose e perdite infinite dentro pozzi bui.
Questo sentivo in Grace senza però comprendere la vera essenza di questo ragazzo intriso di un eredità sorprendente voluta e non voluta allo stesso tempo: non ne capivo la sostanza imprescindibile che è la dimensione live. Ascoltavo questo disco e pensavo fosse lontanissimo dalle purezze e perdizioni magnifiche di Grace, lo avvertivo troppo spinto in là, urlato, disperato, ma Buckley era uno sperimentatore in primis, era uno strano bel tipo schivo che voleva tutto e niente, genio della chitarra, dio o demone delle corde vocali, che se ne stava perfettamente in una maglietta bianca stropicciata con poco pubblico a un metro da lui dentro un piccolo locale a fare quello che gli pareva di un milione di canzoni tra le più belle dell’intera scena rock.
Ed era tutto nello spazio tra il microfono e la sua chitarra.
Prendere una canzone, tua o di qualcun altro non importa, ma bellissima e corposa e profonda, e farla e disfarla all’infinito, finché ti porta da qualche parte, finché ti dice di andare, dentro altre tonalità, lontano e senza la garanzia del ritorno.
La conoscenza ti svela e ti aiuta a comprendere, anche qualcuno che in fondo non c’è stato il tempo di comprendere musicalmente (dopo appena un album e pochisketches non finiti che sembrano andare in tutt’altra direzione), ma non sono mai sicura dell’effetto che mi fa sapere troppo quando si tratta di sfere che attengono alle sensazioni. La musica, la poesia. Il sensibile, lo spirituale. Generalmente preferisco attenermi a quanto sento, anche se rischio di leggerci dentro me, invece che lui, cioè la mia risposta alle sue canzoni invece che il suo messaggio o la sua espressività.
E chissà se è poi tanto sbagliato.
In tutto quello che faccio, proprio non ci riesco a non sentirmi.
Time feels like it's flown away, the days just pass and fade away, what will you say when they take my place?
Le cose che mi consolano
(in ordine sparso):
l'arrivo della sera
avere un programma stabilito di cose da fare e posti dove andare
fare scorta di libri
quando la scrittura viene per ore
i progetti
leggere qualche buona pagina prima di dormire
le mani calde, senza paura
i temporali
poter fare poesia, con la stanza piena di musica
gli angoli in cui mi rifugio
la mia poltrona di pelle
certe voci, certe canzoni
sapere di avere un buon film da vedere sotto una coperta calda
le librerie
riuscire a definirmi
l'inverno
l'esistenza di due tre persone sulla Terra, e qualcun'altra altrove
ridere forte
certa condivisione
la cura
il color cipria
il suono del faro
....
(in ordine sparso):
l'arrivo della sera
avere un programma stabilito di cose da fare e posti dove andare
fare scorta di libri
quando la scrittura viene per ore
i progetti
leggere qualche buona pagina prima di dormire
le mani calde, senza paura
i temporali
poter fare poesia, con la stanza piena di musica
gli angoli in cui mi rifugio
la mia poltrona di pelle
certe voci, certe canzoni
sapere di avere un buon film da vedere sotto una coperta calda
le librerie
riuscire a definirmi
l'inverno
l'esistenza di due tre persone sulla Terra, e qualcun'altra altrove
ridere forte
certa condivisione
la cura
il color cipria
il suono del faro
....
"Ci sono state e ci sono culture per le quali l'attività che oggi chiamiamo 'arte' non produceva e non produce necessariamente gallerie, negozi, aste pubbliche; cioè mercato generale. Sono esistite ed esistono ancora culture, anche molto sofisticate, nelle quali scolpire sculture o dipingere storie non aveva e non ha come tappa finale il mercato, culture nelle quali una scultura o una pittura non finisce per diventare un «prodotto» ma si accontenta di segnalare storie segrete, o memoria o visioni misteriose o anche pensieri speciali che non sarebbero mai apparsi in nessun momento, in nessun luogo del pianeta; se è vero che l'arte è stata inventata per accompagnare la gente nelle illusioni della vita."
da Foto dal finestrino
Ettore Sottsass
da Foto dal finestrino
Ettore Sottsass
Sera, neve e il faro che suona. La perfezione per me.
Una copia del mio racconto a fianco, perché questi giorni lo rievocano, rimettono in scena le sue atmosfere, chiamano gli stessi suoni e li soffiano intorno. Nuove persone lo stanno leggendo e mi ritrovo a parlarne e mi torna in circolo nella testa, nel torace.
Momenti buoni quelli che scivolano verso le festività, momenti di chiusura e di riordine, con materiali in forma ed in pensiero appoggiati da una parte, uno sull'altro, da prendere ed organizzare dopo Natale, maggiormente distesi e concentrati sull'armonia.
Questi giorni sono anche un saluto ed una specie di celebrazione. Il faro che suona, adesso, dopo interi mesi di nebbie ignorate e mute. E la festa a casa mia l'altra domenica. Un saluto dolce a situazioni che lasciano il passo al cambiamento, all'avvenire che cerco di immaginare con la matita su un foglio ma che, al di là del suo aspetto, sono pronta a scoprire ed assaporare con tutte le sue incognite, con tutte le mie energie...
"Scendeva la neve quell’anno. Avanzavo a passi veloci cercando di contrastare la rigidità del vento che schiaffeggiava i miei capelli un po’ lunghi. Le mani ficcate nei pantaloni. Le guance arrossate e il fiato caldo visibile nell’aria come fumo tra la nebbia. Da molto tempo non vedevamo nevicare a quel modo, così fitto e serrato. (...) era già inverno pieno ed ogni ora sembrava più notturna e ad ogni attimo il freddo aumentava e filtrava fin nelle ossa, attraverso la pelle, attraverso i tessuti. Mi ricordavo di come avevo cercato quel gelo alcuni inverni addietro, di come mi servisse confrontarmi con le intemperie per ravvivarmi all’interno, di come avanzavo ad occhi chiusi alla ricerca di fuochi, simile ad un rabdomante che non riesce a trovare l’acqua. Ora il mio animo si era acquietato: vivevo la mia vita di poeta e avevo un equilibrio di cui andavo fiero."
Una copia del mio racconto a fianco, perché questi giorni lo rievocano, rimettono in scena le sue atmosfere, chiamano gli stessi suoni e li soffiano intorno. Nuove persone lo stanno leggendo e mi ritrovo a parlarne e mi torna in circolo nella testa, nel torace.
Momenti buoni quelli che scivolano verso le festività, momenti di chiusura e di riordine, con materiali in forma ed in pensiero appoggiati da una parte, uno sull'altro, da prendere ed organizzare dopo Natale, maggiormente distesi e concentrati sull'armonia.
Questi giorni sono anche un saluto ed una specie di celebrazione. Il faro che suona, adesso, dopo interi mesi di nebbie ignorate e mute. E la festa a casa mia l'altra domenica. Un saluto dolce a situazioni che lasciano il passo al cambiamento, all'avvenire che cerco di immaginare con la matita su un foglio ma che, al di là del suo aspetto, sono pronta a scoprire ed assaporare con tutte le sue incognite, con tutte le mie energie...
"Scendeva la neve quell’anno. Avanzavo a passi veloci cercando di contrastare la rigidità del vento che schiaffeggiava i miei capelli un po’ lunghi. Le mani ficcate nei pantaloni. Le guance arrossate e il fiato caldo visibile nell’aria come fumo tra la nebbia. Da molto tempo non vedevamo nevicare a quel modo, così fitto e serrato. (...) era già inverno pieno ed ogni ora sembrava più notturna e ad ogni attimo il freddo aumentava e filtrava fin nelle ossa, attraverso la pelle, attraverso i tessuti. Mi ricordavo di come avevo cercato quel gelo alcuni inverni addietro, di come mi servisse confrontarmi con le intemperie per ravvivarmi all’interno, di come avanzavo ad occhi chiusi alla ricerca di fuochi, simile ad un rabdomante che non riesce a trovare l’acqua. Ora il mio animo si era acquietato: vivevo la mia vita di poeta e avevo un equilibrio di cui andavo fiero."
da Lettere & Meraviglia
pag 49
"All'improvviso mi sentii intimidita. Di solito non provavo timidezza. Provavo vergogna. La timidezza è quando distogli lo sguardo da una cosa che vuoi. La vergogna è quando distogli lo sguardo da una cosa che non vuoi."
da Molto Forte, Incredibilmente Vicino
Jonathan Safran Foer
Preparativi, progetti, nuovi tagli e nuove estensioni.
Finalmente la temperatura rigida, finalmente le sciarpe e i cappelli, le guance arrossate, le mani fredde.
Dicembre alle porte, domani, e una rivoluzione in atto che ha preso il via sotto silenzio e adesso si dà voce. Cambiamenti, ritorni che sono avvii, come se quello che deve essere avesse preso posizione, stufo del tergiversare mascherato da qualcosa di meglio, e mi avesse spinta ad azioni tanto autocoscienti quanto incoscienti necessarie a ridarmi linfa, stima, identità.
Mi penso come un punto, un centro nevralgico, "sono la mia roccaforte" - ho scritto in una poesia. Ma conta enormemente l'altrui. Le persone a cui mi relaziono fanno la differenza nella costruzione e non basta dire 'sinergia' perché questa avvenga.
Passaggi. Questo anno ne ha visti di continuo ma mai come adesso e mi accorgo che la percezione delle cose è sempre veritiera, poi si può decidere di ignorarla o affrontarla, ma lo si sente il peso che hanno le situazioni e si sa anche quello che si deve fare, anche se a volte non se ne ha la voglia o la forza, o abbastanza lucidità per emettere un verbo, un suono.
Il freddo schiarisce i pensieri e mi spinge a cercare il calore che mi serve per stare bene - è il tema di Lettere & Meraviglia. E' il tema di sempre. Inoltre questo è il periodo dell'anno che preferisco, mi stringo nelle braccia e la scintilla delle stoffe mi dà energia, riesco a vedermi, a riconoscermi e anche a restare più in ascolto, offrire calma, spazio, luoghi da occupare dentro di me, cosa non semplice per chi ha paura delle invasioni, per chi è attento a difendere il suo piccolo territorio. Niente magia del Natale, non è questo, solo bellezza dell'inverno e indizio di crescita, di movimento.
Finalmente la temperatura rigida, finalmente le sciarpe e i cappelli, le guance arrossate, le mani fredde.
Dicembre alle porte, domani, e una rivoluzione in atto che ha preso il via sotto silenzio e adesso si dà voce. Cambiamenti, ritorni che sono avvii, come se quello che deve essere avesse preso posizione, stufo del tergiversare mascherato da qualcosa di meglio, e mi avesse spinta ad azioni tanto autocoscienti quanto incoscienti necessarie a ridarmi linfa, stima, identità.
Mi penso come un punto, un centro nevralgico, "sono la mia roccaforte" - ho scritto in una poesia. Ma conta enormemente l'altrui. Le persone a cui mi relaziono fanno la differenza nella costruzione e non basta dire 'sinergia' perché questa avvenga.
Passaggi. Questo anno ne ha visti di continuo ma mai come adesso e mi accorgo che la percezione delle cose è sempre veritiera, poi si può decidere di ignorarla o affrontarla, ma lo si sente il peso che hanno le situazioni e si sa anche quello che si deve fare, anche se a volte non se ne ha la voglia o la forza, o abbastanza lucidità per emettere un verbo, un suono.
Il freddo schiarisce i pensieri e mi spinge a cercare il calore che mi serve per stare bene - è il tema di Lettere & Meraviglia. E' il tema di sempre. Inoltre questo è il periodo dell'anno che preferisco, mi stringo nelle braccia e la scintilla delle stoffe mi dà energia, riesco a vedermi, a riconoscermi e anche a restare più in ascolto, offrire calma, spazio, luoghi da occupare dentro di me, cosa non semplice per chi ha paura delle invasioni, per chi è attento a difendere il suo piccolo territorio. Niente magia del Natale, non è questo, solo bellezza dell'inverno e indizio di crescita, di movimento.
La fede in qualcosa
La cura delle personalità individuali
Lo spirito del dialogo
Il senso dell'uguaglianza
L'apertura verso la diversità
La diffidenza verso le decisioni irrevocabili
L'atteggiamento sperimentale
La responsabilità dell'essere maggioranza o minoranza
L'atteggiamento altruistico
La cura delle parole
Gustavo Zagrebelsky
decalogo dell'etica democratica
decalogo dell'etica democratica








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