Un quaderno rosa, la macchina fotografica rossa, l’immancabile Pilot V5, la musica scelta a puntino, una crema ai fiori di ciliegio, una copia di Orlando di Virginia Woolf….
Una nuova predisposizione ad un nuovo viaggio per il quale ho depennato tutte le voci in lista, giungendo serena alla partenza, pronta a rivolgere attenzione e cura, pronta a scomparire nei boulevards per tornare a casa rinnovata dall’aria francese, come se la Citè dovesse piovermi addosso dorata, neanche fossi la Fata Piumetta di quel bellibro di favole che leggevo quand’ero bambina…
E questi due giorni prima di andare sono un intervallo sospeso che lascia molto campo al pensiero, come se non potessi realmente impegnarmi in nessuna cosa perché c’è solo spazio per l’attesa, tutto il resto delle azioni è routine trascurabile che scivola e ticchetta insottofondo insieme all’orologio.
Guardo la luce d’aprile che alterna la pioggia, respiro questo momento di cesura che spiegherà nuovi ritmi e scenari dopo la parentesi parigina, e ancora una volta seduta tranquilla su una linea di demarcazione mi tengo le braccia e mi chiedo - guardando lontano ad occhi grandi - cosa ci sarà oltre.
venerdì, 02 aprile 2010
- 1 settimana
Non sembra reale. Eppure ci siamo. Tutto organizzato, tutto visionato, tutto pensato, persino la valigia è mentalmente fatta. Parigi è qui. Parigi è.
All’inizio di un mese ballerino quanto la stagione che rappresenta, un mese che mi ha rimescolato i panorami e che mi sta rieducando su ciò che significano pianificazione e prospettiva, ecco come si piazza una settimana a Parigi, in pole position, sicuramente carica di più incognite di quante ne ho calcolate, viva di bellezza e stimoli che potrebbero rimodellare certi cuscini svuotati e stanchi, potenzialmente linfatica, ispiratrice, persino rampa di lancio. Chissà…

IL PAESAGGIO INFORMALE DI DINO BAIOCCO
di Marta Silenzi
Rrose Selavy Magazine n.05 (marzo 2010)
http://www.rroseselavy.org/rrosemagazine_baiocco.html
Poi arriva il momento in cui il viaggio si rivela, ad una giusta distanza dalla partenza.
Inizi a visualizzarlo, le cose da fare prendono posto comode una accanto all'altra, la confusione si dipana e quello che era un continuo aggiungere si distende più rilassato in un togliere, da cui traspare un'anima essenziale che profuma di equilibrio, quello che ti serve più dei bagagli.
È così in tutte le situazioni, non solo in fase di partenza: si è sempre pronti a mettersi sotto pressione per la concitazione di fare e vedere e riuscire e ci si sovraccarica di cose e aspettative, poi arriva un istante santo in cui si dà un colpo di mano alla condensa sul vetro, la tensione si abbassa, la visione si fa chiara, il respiro torna regolare ed un piacevole stato di simmetria ci accompagna in un passo leggero che ha in sé la forza di affrontare tutto, compreso l’imprevisto.
Questo è il senso della proporzione che ambisco a raggiungere e mantenere in condizione perlopiù costante. Questo è quello di cui ho bisogno.
113th Chorus
from Mexico City Blues
Alzato e vestito
e uscito fuori & rimediato da chiavare
Poi morto e sepolto
in una cassa nella tomba,
Uomo –
Eppure tutto è perfetto.
Perché è vuoto,
Perché è perfetto
della sua vacuità,
Perché nemmeno accade,
Ogni cosa
Ignora il proprio vuoto –
L’ira
Non vuole che le si ricordino gli eccesi –
Cominci con la Dottrina
Inscrutabile del Diamante
E la finisci lì, la tua meta
è il tuo punto di partenza,
Nessuna gara è corsa, né cammino no race was run...
di profetiche unghie dei piedi
Attraverso Arabie di caldo
significato – ottusamente
non ci arrivi e stop
Jack Kerouac
Un improbabile One-man-band riempie di tromba e di fisarmonica la strada fuori ed io penso a come le mie ore fatte di dedizioni continue, stesure di articoli, appuntamenti disordinati e relazioni lavorative fuori schema debbano apparire altrettanto bizzarre.....
E queste bizzarrie sono accettate? Tollerate? Rispettate? Ammirate?
A volte l'una a volte l'altra cosa. Con la conseguenza di rafforzare un'indole e un percorso o destabilizzarli entrambi a seconda dell'importanza della sorgente da cui viene il giudizio.
Ma quanto bisogna rimanere fedeli al cammino intrapreso, tendendo naturalmente al continuo miglioramento di se stessi e della propria situazione, e quanto invece si deve spostare l'asse di equilibrio per allineare la nostra visione a quella altrui così da poter essere compresi fino in fondo? Non parlo di una perdita di coerenza o di una rinuncia in favore di un panorama più comune e dunque più accettato, quanto piuttosto di una variazione del proprio mondo richiesta dal fatto che non si è da soli, che ci sono delle aspettative, che si deve essere degni di una stima a cui si tiene e molto.
E per arrivare a questo quanto si può essere Italo Calvino?
Quanto si deve essere Federico Moccia?
La risposta ovvia è che si è voluti per quello che si è. Ma è poi così ovvio?
E queste bizzarrie sono accettate? Tollerate? Rispettate? Ammirate?
A volte l'una a volte l'altra cosa. Con la conseguenza di rafforzare un'indole e un percorso o destabilizzarli entrambi a seconda dell'importanza della sorgente da cui viene il giudizio.
Ma quanto bisogna rimanere fedeli al cammino intrapreso, tendendo naturalmente al continuo miglioramento di se stessi e della propria situazione, e quanto invece si deve spostare l'asse di equilibrio per allineare la nostra visione a quella altrui così da poter essere compresi fino in fondo? Non parlo di una perdita di coerenza o di una rinuncia in favore di un panorama più comune e dunque più accettato, quanto piuttosto di una variazione del proprio mondo richiesta dal fatto che non si è da soli, che ci sono delle aspettative, che si deve essere degni di una stima a cui si tiene e molto.
E per arrivare a questo quanto si può essere Italo Calvino?
Quanto si deve essere Federico Moccia?
La risposta ovvia è che si è voluti per quello che si è. Ma è poi così ovvio?
“Fuori della notte che mi avvolge
buia come il più profondo pozzo che va da un polo all’altro,
ringrazio gli dei chiunque essi siano
per l'invincibile anima mia.
Nella feroce morsa delle circostanze
non mi sono tirato indietro né ho gridato per l’angoscia.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
il mio capo si è macchiato di sangue, ma non si è piegato.
Oltre questo luogo di collera e lacrime
incombe solo l’orrore delle ombre
eppure la minaccia degli anni
mi trova, e mi troverà, senza paura.
Non importa quanto sia stretta la porta,
quanto piena di castighi la vita.
Sono il padrone del mio destino.
Sono il capitano della mia anima.”
Invictus
William Ernest Henley
Preda di un’estasi da ossigenazione, dall’Attimo Fuggente di Peter Weir all’Invictus di Clint Eastwood, mi trovo ancora una volta a constatare che “Qualunque cosa si dica in giro, parole e idee possono cambiare il mondo”.
Film che parlano di poesie, poesie che ispirano ad essere grandi uomini.
C’è qualcosa nel germe da cui nascono certi versi che prolifera, si spande e genera verità eidetiche forti come radici conficcate nel terreno, potenti del suono di termini e vocabolari così comunicativi da suscitare immediatamente vigore, quello necessario alla vita.
Ci spingiamo avanti per sete di riuscita, ambizione, obiettivi, con una forza di volontà che a pensarla alcune volte trascende le stesse capacità umane, ma qual è lo scopo se non quello di essere individui migliori? E qual è l’impulso se non quello di sentirsi ispirati?
Oggi i mezzi di comunicazione e le varianti dei linguaggi espressivi sono vicini al parossismo ma uno su tutti vince il tempo, sempre: la parola significante, acconciata di metrica o licenza poetica, il verso lirico, la frase prosodica, la poesia.
Edificarmi.
Queste sono le intenzioni.
Compormi come individuo e nel mentre costruirmi, impalcatura su impalcatura come figura in questo mestiere che sfugge alle definizioni e non ha passaggi obbligati o posizioni d’arrivo.
Questo lavoro si svolge nel mentre.
Questo lavoro s’impara sul campo e ognuno lo impara a modo suo, ognuno fa di se stesso il suo incarico, la sua funzione, che cambia facce ed accezioni a seconda delle proprie peculiarità.
Così lavorare con te diventa proprio con te, non con qualcuno che ricopre il tuo ruolo. Perché il ruolo sta solo nello sforzo di trovargli un nome che gli altri possano pronunciare.
E questo è il bello e il male.
Perché l’equilibrio, il tuo, è sostanziale, indispensabile e difficilissimo. Sei tu a stabilire tutti i limiti. Tu a stabilire i traguardi, tu a definire – in interfaccia ovvia con i tuoi collaboratori, con i tuoi datori – gli obiettivi. Tu a prenderti le responsabilità. Deliberatamente. E seriamente.
Erigermi. Formarmi costantemente. In impasto stabile tra pratica e studio. E nel mezzo fare progetti, spostando ogni volta l’asse un poco oltre. Mentre iniziano a vederti, mentre tu ti vedi e cambi un po’ le cose comuni. Ed è come chi cresce un impero, ma piccolo, in una persona.
E può uno farlo da sé? Può legittimarsi? Investire badando bene all’autocontrollo?
Può credo.
Oggi che le frustrazioni sono arrivate al punto di rottura. Oggi che il mondo è saturo di luoghi fissi e desolatamente perso dietro bassi stereotipi fuori tempo. Oggi che il valore è l’inventiva a braccio con la competenza. Oggi che le categorie sono sgonfie e vuote e che l’animale simbolico dovrebbe essere la fenice.
Ed è chiaro che non possono esserci posizioni d’arrivo, ma solo tenacia e tensione alla proporzione, alla simmetria, che se da una parte significa continuo impegno, dall’altra è continuo stimolo. Spinta, impulso, motivazione, attività.
"E tu in che personaggio ti identificavi?" (...)
"Charlie Brown, senza dubbio." (...)
Perchè Charlie Brown?"
"Come sai, Charlie Brown è il prototipo del perdente. La sua squadra di baseball perde sempre, gli altri bambini lo maltrattano e lui è perdutamente innamorato di una bambina - la ragazzina dai capelli rossi - cui non è mai riuscito a rivlgere la parola e che ignora l'esistenza stessa di Charlie..."
"E che c'entra uno sfigato come Charlie Brown con uno come te? Non riesco a immaginarmi..."
"Aspetta, fammi finire. Hai mai letto quella serie di strisce in cui lui va al campeggio con la testa coperta da un sacchetto di carta, con i fori per gli occhi?"
"No."
"Quando Charlie Brown si maschera con questo sacchetto di carta munito di buchi per gli occhi, all'improvviso, incomprensibilmente, diventa simpatico, popolare, gli altri ragazzini del campeggio vanno da lui per consigli e aiuto. Insomma diventa un altro. Pochi libri mi hanno dato un senso d'immedesimazione così intenso come quell'albo dei Peanuts. Charlie Brown che diventa qualcuno solo quando la sua faccia è coperta da un sacchetto di carta, sono io."
da Le perfezioni provvisorie
Gianrico Carofiglio
Tengo al minimo il battito, controllo che il respiro non ceda
Tengo al minimo il battito, controllo che il respiro m’insegua…
Triathlon – Cristina Donà
-69gg
Ci siamo. La brigata sta per rimettersi in marcia e già il tempo è diventato un’attesa, il calendario misura l’intervallo e la distanza si sente nelle gambe.
Il fronte attivo della spedizione ha preso il ritmo, l’allenamento è l’obiettivo giornaliero e ognuno ha il suo traguardo da inseguire, in armonia col proprio corpo e con le sue esigenze del momento, che tanto l’importante è battere quelle strade e condividerle con gli altri temerari, fare bene non è solo migliorare i tempi, fare bene è ascoltarsi e dare tutto quello che si può, fuori dai confronti, perché ogni gara è una storia nuova.
Questa parlerà francese, avrà un frammento di rotacismo nel lessico ed un’aria elegante lungo il percorso, ma non è ancora il momento di studiare i dettagli, prima ci sono altre prove da superare, resistenze da testare, collaudi da effettuare.
E per non perdersi d’animo lungo il tragitto, ci saranno fari saggi d’esperienza a dare una spinta, ad aggiustare il tiro, a dare indicazioni, e la forza dell’insieme a sostenere lo spasso, il sorriso e la serenità.
...continuerò la corsa ma non sono più preda...
"Sono scarsi i sensi in dotazione alla specie dell'uomo. Li migliora con il riassunto della intelligenza. Il cervello dell'uomo è ruminante, rimastica le informazioni dei sensi, le combina in probabilità. L'uomo è così capace di premeditare il tempo, progettarlo. E' pure la sua dannazione, perchè dà la certezza di morire."
Erri de Luca
“(…) Fu colpito dalla nostalgia del non trovare. Capì che senza la rabbia e il nervoso che assale quando non si trova niente, cercare robe non ha nessun valore e non migliora il vivere. Ci vogliono delusioni e sconfitte per apprezzar la cerca.”
da Storia di Neve
Mauro Corona
Una frase che sottolineerei in questo libro prestato, se non la trovassi già sottolineata, una frase già sentita diverse volte e ascoltata molto in profondità, appresa come una rivelazione, una di quelle cose che hai dentro, che sai, ma che prendono forma e luce solo ad un certo punto, per voce di qualcun altro – che poi quel qualcuno sia il tuo specchio di realtà non fa che aggiungere spessore. Mi ricordo che era uno di questi momenti instabili, uno di quelli in cui ti annebbi per qualche motivo contingente, uno di quelli in cui ti sembra di non avere aspetto tanto non hai identità. E questo concetto di poter fare meglio perché si ha rabbia da trasformare in energia, magari anche rispetto ad altri che non si devono sforzare e si adagiano nella tranquillità del loro trovaresempre, mi ha investita, contagiata e poi mi ha sistemata. Un’osservazione particolarmente acuta mi era sembrata in quel momento e mi sembra anche adesso. Di più. Un monito a non impigrirmi da una parte e a non prendere male le difficoltà dall’altra. Un’astuzia. Un suggerimento dato strizzando l’occhio. Un consiglio fatto di consapevolezza sperimentata. Un altro di quei segnali che ti aiutano a non perdere la strada.
Appesa
e nera
una macchia-visione
mi sorprende
col suo intento
oscuro,
eppure la conosco
come mia
e allora la guardo
e la penso
ma non la temo.
21/01
2010
Ed è una bacheca nella bacheca quella che vorrei vedere, creare ora qui. Una bacheca di questa giornata o di questi giorni fatta delle mie immagini, delle mie parole, delle frasi che mi scivolano nella testa, delle pagine dei libri consumati che all’occorrenza tendono a rispuntare fuori come avessero gambe e braccia su cui fare leva e invece hanno solo carta ed anima…Una bacheca di questi momenti in cui penso a possibili nuove librerie in cui infilare i volumi della mia esistenza piccola piccola ma accesa di poesia…volumi accanto ad altri volumi ora… Una bacheca di quelle che voglio fare da tanto tempo, l’ho scritto pure in un racconto, quelle di sughero o quelle con i magneti, per riuscire a visualizzare i miei moniti giornalieri, immagini di riviste, brochure di teatro, i propositi per un viaggio, qualche polaroid che non esiste più…
La mia scrivania risponde quasi allo stesso impeto, un piano tridimensionale pieno del mio lavoro, della mia scrittura, cataloghi, pile di libri, opuscoli, telefoni, cd, fogli d’appunti……
Probabilmente risponde al bisogno di avere sempre sottomano un punto focale su di me, sul mio tempo, sul mio percorso, qualche passo compiuto, qualche indicazione per quelli da compiere. Probabilmente.

Ideativa. Questo sono oggi più degli altri giorni. Non è questione di creare, non solo, né si tratta di organizzare, ma sondarsi sintonizzando i centri nervosi e quelli empatici su un piano d’intelligenza producendo concetti e modelli che abbiano l’aspetto della coerenza e l’obiettivo della comunicazione. E ci si scopre un po’ più pieni di esperienza da mettere in pratica ma anche nuovi, perché nuove devono essere le idee. Sono mondi da mettere in fila e frasi da pescare e posizionare lungo le direttrici di una mappa mentale che diventerà virtuale, che diventerà reale. E ogni parola avrà la sua sottoparola, ed ogni stanza avrà una porta su altre stanze, per veicolare attraverso percorsi fatti dilinguaggi, diretti al coraggioso intento finale che prenderà il nome di…sinergie.
Miguel Trillos - Mil Miradas
Nuovo anno che entra. Anno gonfio di azione: viaggi in agenda, imprese lavorative ai blocchi di partenza, voglia di scalciare via l'atrofia delle feste e una strisciante linfa energica sotto la pelle tendente ad inventare ed inventarsi, rinnovando situazioni forse, creando atmosfere evolute e muovendo passi, ininterrottamente.
"Qualche volta anche le cose della natura si montano la testa e credono di essere diventate invincibili per qualche dono ricevuto. Ma il freddo da castigo di quell'inverno si mise a ridere lui, ridendo più forte dell'acqua bollente calò su quella spavalda la sua mano di pietra e in due minuti l'acqua bollente era diventata ghiaccio, duro come una lastra di ferro."
da Storia Di Neve
Mauro Corona
Filastrocca abruzzese...
In cerca di aria pulita e pensieri distesi
ho trovato tappeti d'entrata rossi e mondi oltre la nebbia, sopra i duemila metri.
In cerca di spazi liberi e di purificazione
ho mosso dall'acqua al fuoco, testimone della tradizione
come volta a costruire i miei folklori
assieme a chi li comprende, li scorta e spesso li ispira, noi
compagni di viaggio indomiti
prede di vivi umori.
Sempre pronti al viaggio
sempre pronti a riprendere la strada,
affronteremo nuove mete con coraggio,
divertiti dall'andare semplice
senza il bisogno di "metterci la scala".
Nessun commento:
Posta un commento