venerdì 18 novembre 2011

l'altro Altrove_2

martedì, 06 giugno 2006

“…thake those hands away from your eyes

                   from where I stand

                                  you’re in my sky...”

(Marys of the sea, Tori Amos)



Non ci si può semplicemente sottrarre da un coinvolgimento…
domenica, 04 giugno 2006

“There's always been a dividing line
but you choose, you choose, yes you choose not to see it..."

Ci si ritrova a volte contro limiti invisibili.
Si va spediti procedendo come una batteria in pieno ritmo nel buio della notte, si smette di essere controllati, si sceglie solo di condividere e ci si espande, l’arricchimento reciproco è evidente ed esaltante, l’amicizia inizia a scorrere lungo binari più elevati della mera definizione che le si dà, diventa quasi un’osmosi ma è necessario trattenere un poco di moderazioneci sono linee di confine sparse e l’essere umano è fragile, continua a seminarle in giro per stabilire frontiere dietro le quali rifugiarsi, per non esporre la carne viva, per non bruciarsi al sole. Avere cura di una persona, rispettare i suoi sentimenti è metterla costantemente di fronte alla verità dei tuoi pensieri, quando ti chiede un consiglio, quando le esprimi un parere, ma un individuo è strutturato, ha debolezze e spigoli che ti ritrovi contro se oltrepassi quella linea di divisione,  una retta che traccia inconsapevole e che si fa nera e lucida appena ci metti sopra il piede…quello è il momento in cui il disagio condensa, si stringe in una macchia e sfonda in un bisogno di ripristinare una cortina, con parole di affermazione, con tracce rosse che segnano il terreno da non varcare. Metti in discussione il tuo ruolo, l’importanza delle tue opinioni, ti scusi e arretri perché a quella persona ci tieni, credi che continuerai a dirle ciò che pensi ma sai che non lo farai come prima fino a che non si accorgerà che non era necessario difendersi, che saresti stato comunque dalla sua parte…

“You hear a voice inside you
Not the words that you wonted to hear
Not the things that you wonted to see..."
  
(The dividing line, Genesis)

...siamo tutti così impegnati a nasconderci, a tutelarci che non vediamo che a volte superare una demarcazione, fare soltanto un passo più in là, uscire da un ruolo nel quale troviamo conforto e rifugio, esagerare anche, perché no, e rischiare, potrebbe portarci ad un grado di maggiore comprensione di noi stessi e degli altri, per crescere, per lasciarci guardare completamente nella meraviglia della nostra bellezza, per smetterla di farci soltanto scorgere ed interpretare…Abbiamo un universo così esteso dentro che doverlo osservare in ritagli anziché guardarne l’intera ampiezza con un’unica vigorosa occhiata è un delitto ed un castigo assieme, ma soltanto per noi.

A tutti quelli che tendono a trattenersi credendo di non avere abbastanza da mostrare…     

“Siamo definiti dalle linee che decidiamo
di attraversare o di accettare come confine”       

(da Possessione, Atonia S.Byatt )
venerdì, 02 giugno 2006

Intrecciando
rami d'arte e libertà
esorto semplice
la mia coscienza
ad andare e
intrattenere...

(da I due soli, 07 agosto 2000)
giovedì, 01 giugno 2006

Il paradosso

“A volte ho (…) la certezza che non ci sia una grandissima differenza tra i processi vitali che avvengono sotto la mia pelle e tutto ciò che si estende all’infinito davanti ai miei occhi.”

(da L’abito di piume, Banana Yoshimoto)

Meteoropatica, ma al contrario.
Aspettavo che il cielo si contraesse e strizzasse fuori tutta la pioggia e tutta la tensione che aveva trattenuto negli ultimi tempi, tutta quell’energia che era anche mia, che mi scorreva nelle vene da qualche settimana per colpa delle contingenze o per attitudine, chissà…e iltemporale è arrivato puntuale, a raffreddare l’animo, a scaricare  strane trazioni della mente …Ho come recuperato il respiro, ampliato il diaframma, sgombrato la testa, volta soltanto allo scatenarsi , al precipitare, al soffiare forte  che imperava fuori dalla finestra, ma come se io stessi lì, nel vortice , con la braccia allargate per lasciarmi attraversare e lasciarmi spazzare via quell’ingombro grumoso che avevo al centro del corpo…La luce e il fragore, il lampo ed il tuono hanno un effetto benefico su di me – che ho sempre l’anima annodata – , gli stessi che da bambina mi provocavano un misto di fascino e terrore e che ora mi placano, mi acquietano, non prima, non dopo, ma nella tempesta, perché è lo stadio dell’alterazione che mi rilassa, quell’atmosfera che non è calma e non è normalità.
Qualcuno ha detto che il temporale rovina il raccolto, ma la terra che abbiamo in fondo all’essere ha pari bisogno di fuochi e di burrasche  per purificarsi, per tornare a germogliare.
martedì, 30 maggio 2006
"Il sonno è una marea profonda e con molte voci "
(Robert Duncan)

La mia mente non conosce soste. Nessuna mente può fare a meno di vivere le sue visioni, tutti sognano, ma la mia attività onirica è stupefacente, sorprendentemente ricca di dettagli e così intensa da lasciarmi il sentore di certe immagini per anni, per sempre...le scene si susseguono, s'intrecciano, sono simboliche e hanno richiami fatti di suoni e sensazioni... dovrei forse fare come Kerouac, che teneva un quaderno attaccato al letto assieme ad una matita, per catturare l'intima visione del dormiveglia e per scrivere poi un libro dei sogni, ma bastano già le pagine bianche dei libri sul cui retro appunto pensieri notturni, più che altro poesie...e nelle poesie finiscono infatti i sogni...ne ricordo uno in monocromo, sento ancora uno scorrere d'acqua, una risata ironica e una strada sterrata dove artisti da circo e saltimbanchi muovevano i loro numeri...in seguito ho scritto:

"Attendente alla scomparsa,
petali di me
alle rive sottostanti,
circolari assaggi d'ironia,
reggente impavida
di un'armonia
di commedianti
liberati e allegri
sulla Dresda Straße. "   
(da Aria, 01 febbraio 2001)

...dai sogni vengono certe riflessioni, dai sogni è nato il mio primo racconto, nei sogni ho convegni notturni con il mio compagno di viaggio, fratello perduto all'alba dell'adolescenza che mi parla senza le parole, che mi fa capire che è ancora presente, anche se non lo incontro da un po'...L'ultima volta che l'ho sognato era bellissimo, ricongiunto a sua madre (anche lei recentemente scomparsa), entrambi dipinti di una bellezza classica, seduti in uno strano salone di una casa antica e da una scalinata scendeva un magnifico centauro, eretto e maestoso, luminoso persino...mi chiedo ancora quale sia il significato di quell'immagine perfetta ed ideale, quale il mito cui rimandare...I surrealisti incentivavano la loro attività onirica fissando per delle ore un muro bianco prima di dormire, cercando di scoprire le reazioni della mente, cercando di stimolare un automatismo capace di collegare un inconscio ben celato ad una realtà fin troppo manifesta e così arrivavano i sogni ricorrenti, quelli che portano alla luce le paure, le ansie, le fobie...correre lungo scalinate senza termine, attraversare strade infinite, non riuscire a gridare in caso di bisogno d'aiuto...io per un certo numero di anni ho sognato spesso di organizzare un fuga, mi sentivo minacciata e mi preparavo alla partenza, una partenza che era definitiva, per non tornare mai più e ragionavo su ciò che avrei dovuto portarmi, sulle persone di cui avrei potuto fidarmi...chissà qual era la mia fobia del momento...Ci sono stati sogni cromatici, sogni profumati persino, che mi lasciavano sospesa in una dimensione a lato, come in certi versi di Tagore...poi ci sono stati sogni inebrianti dai quali uscivo ebbra, sogni dai quali non ci si vorrebbe svegliare...uno degli ultimi era talmente articolaro da spingermi a scrivere versi stretti, criptici, che non disperdessero quell'essenza preziosa, come se dovessi centellinarla, come se volessi fissarla, ma anche trattenerla...

"Venuto con la notte buia,
spinto nei sogni.
Perfetto. "              
(Haiku da I sensi, 23 gennaio 2004)
"Senza nomi,
privi delle identità,
panici con la natura,
   fedeli al sogno."  
(da I sensi, 12 febbraio 2004)

...dicono che i sogni non siano altro che uno specchio di ciò che viviamo, e uno specchio è un riflesso, sfumato o deforme, un doppio dal significato occulto e misterioso che raccoglie desideri e sensazioni, i detriti dimenticati dalla dimensione diurna, che però sono una chiave e che messi insieme formano un'identità, una mappa sulla quale leggerci, uno spunto per provare a sondarci... 
lunedì, 29 maggio 2006

Riders on the storm...

“Il mare mi chiama, che tutto chiama a sé, e io devo imbarcarmi.
Poiché restare, benché brucino le ore nella notte, significherebbe raggelarsi e cristallizzarsi, essere costretto in una forma.”

(da Il profeta, G.K.Gibran)

E’ come avere sempre sete.
E’ come stigmatizzarsi nell’attesa, aspettando di essere, aspettando di diventare…
La tensione la senti sempre in fondo, bassa, ti avvicina alla terra, alle cose concrete, eppure è un principio di rotta pindarica, è un impulso che ha occhi e che guarda lontano, suggerendoti lieve che forse non è il momento ma che di sicuro non è il posto, indicandoti quasi una scia da seguire, più avanti, quando sarà…E il giorno è una lotta e lo affronti da soldato, velocemente perché è quel che devi fare, rallentando solo gli istanti in cui sei di nuovo tu, quegli spazi che hanno un colore nella tua testa e che danno un significato anche a tutto il resto, quegli spazi per i quali potresti essere ovunque e in qualunque modo, per i quali non ci sarebbe neanche bisogno di tutto questo aspirare ad altri luoghi, ad altre azioni…Forse è che chi scrive vive molto più nelle sue mani e nei pensieri che non  negli atti e negli effetti, forse è che senza questa pulsione che amplia i piani verso una più interessante profondità, verso una fuga precipitosa, ornata di scorci vertiginosi, non si è abbastanza sollecitati, non ci si sente abbastanza vivi, non ci si sente abbastanza…

“La nave risaliva lenta alla deriva trascinata dalla corrente. Incurante di tutte le novità che mi circondavano, passeggiavo sul ponte completamente smarrito, in uno stato di ansietà e di depressione, un complesso di sogni romantici e di valutazioni realistiche circa le mie capacità.”

(da La linea d’ombra, J.Conrad)

…Ma di fatto non siamo mai dove vorremmo essere se non in fugaci attimi dei quali perdiamo presto la memoria, e non sto parlando di rimpianti, di sguardi fiacchi rivolti al passato, il passato è un’esperienza, è un tatuaggio sulla pelle che portiamo sempre addosso, torna in un secondo con una canzone, con un profumo, con un dejà vu…il passato ti trattiene e invece tu hai soltanto voglia di andare, libero, lontano…libero da cosa ancora non lo hai capito, senti solo la forza, il segnale, tutto ti chiama e tu vuoi andare a cercarti e a cercare, comunicativo, pronto ad attraversare e ad essere attraversato…

“…bisogna pur sempre osare il paradossale, intraprendere sempre da capo l’impossibile.”

(da Il pellegrinaggio in oriente, H.Hesse)

…e quando è così ci vuole un temporale, ci vuole un’alterazione che ti dia l’esempio, che ti dia la liberazione, un disfarsi assoluto e magnifico del cielo, per sentirlo vicino alla frustrazione della tua staticità, per capire come romperla  con lo stesso impeto solenne, sfidando, sentendo un allineamento con le precipitazione e con l’universo…che poi alla fine si risolve sempre tutto in questo, nella strisciante volontà di sentirsi in un coro, di non sentirsi perso, di non sentirsi solo…ah l’aria, come odora l’aria prima di un temporale, come arriva fredda e tersa…in poco tutto cambia, la luce, i rumori, e il tuo corpo si acquieta, lentamente si adagia e sì, attende ancora, ma attende qualcosa di imminente, qualcosa che accadrà davvero e che sarà un furore pronto a rispondere a tutto il suo bisogno di irruenza, scaricando l’energia in eccesso, lasciandoti placato, almeno fino alla prossima ondata, almeno fino alla prossima tempesta…   

“Come possiamo scoprire? Come possiamo avere quiete? Come possiamo
noi, in quanto dèi, conquistare la gioia, la pace, da uomini?
Noi, disperati zanni in un insensato destino,
che amiamo chi non ama e odiamo chi ci ama,
dimentichiamo l’attimo prima che fugga via,
e baciamo a labbra cieche cercando oltre le labbra,
cerchiamo e non sappiamo cosa,
con bocche deformi imploriamo il paradiso, e lo gettiamo via.”

(da Pensieri sulla forma del corpo umano, R. Brooke)
sabato, 27 maggio 2006

" (...) Aspetta un poco, chiudi gli occhi, smetti
qualche secondo di respirare, ascolta
l'intrinseco silenzio nel grembo del mondo..."

(14. da La scrittura dell'eternità dorata, J.Kerouac, 1956)

venerdì, 26 maggio 2006

Spruzzi e
vivide luci
nella notte di specchio
e cristalli.
Verdi chiome al vento
e le mie mani nascoste
a prendere il tuo tenue canto...
Piccole ali spiavano
la nera pietra
della sua bellezza,
palpitando nel bosco come vita
ed eterei sorrisi
le aprirono il mondo
e una goccia rossa
il cuore.      
a Giò
(maggio 1997)
Meravigliosi auguri Giò!
giovedì, 25 maggio 2006

"Avevo voglia di sdraiarmi per la strada e lasciar perdere tutto..."
(Charles Bukowski, Shakespeare non l'ha mai fatto)

Persa negli interni emozionali di una stagione che arriva densa, distratta dalle mille attività di cui dobbiamo farcire la vita per riempire gli spazi, per non lasciare accumulare il tempo vago, mi sono accorta di aver lasciato indietro una delusione e di non essermi più voltata a guardarla, come era giusto fare, ma oggi la delusione è tornata alla luce nutrita da nuovi alimenti, e mi sono stupita di come le persone possano essere incredibilmente simili, così poco originali, così poco degne di stima...e ti chiedi come tu abbia potuto pensare di dare loro una chance, ti chiedi che cos'era quell'illusoria intuizione fuorviante che hai voluto assecondare, ti chiedi che cos'era quell'inganno della mente...Oggi non bastano le erbe e gli infusi, oggi non servono i profumi dell'aria, oggi non funzionano le grida, non aiuta neanche scrivere...

 "...quegli uomini che stanno dentro una storia
e una vita dimostrano che la vita può essere terribile
a volte, e altre volte - forse giusta - ma
niente per cui gridare:
la birra è buona e il treno arriverà."

(Charles Bukowski, Stazione ferroviaria)

mercoledì, 24 maggio 2006




“Cannella bruna e calda quanto la pelle per aiutarti a trovare qualcuno che ti prenda per mano. Seme di coriandolo, sferico come la terra, per farti vedere chiaro. Trigonella contro la discordia. Zenzero per il coraggio profondo di chi sa quando dire di no…”

(La maga delle spezie, Chitra Banarjee Divakaruni)

“Gli odori ci riportano a tempi passati, assieme a suoni e a odori mai eguagliati nel presente” scrive Laura Esquivel in uno dei libri più profumati e infuocati della letteratura latino-americana e ha ragione, lo sapeva anche Proust.
Le spezie sono un vizio per gli edonisti più attenti.
Quando mi metto ai fornelli in cucina non voglio nessuno, vado avanti ad istinto, saggio tutto sulla punta delle dita e a fior di labbra, scelgo le pietanze sulla scorta di un buon sottofondo musicale, attenta a quello che vuol suggerirmi, applicandolo alle conoscenze culinarie del tratto matrilineare del mio albero genealogico, agli insegnamenti della mia bisnonna Lorenza che faceva la cuoca per i grandi pranzi di paese, per i matrimoni e i battesimi, attraversando le distanze a piedi e portando con sé la sua scorta di spezie.
Prediligo la cannella, originaria del Ceylon, chiamata così perché i bastoncini di corteccia richiamano la forma delle cannucce; mi piace perché si sposa sempre bene ai dolci o alle pietanze tostate e dorate, perché fa prudere il naso quando è in polvere (cinnamomo) e perché ha il colore della terra. 
Ancora oggi le famiglie di raccoglitori la lavorano manualmente, mettono i giovani rami nella wady (la capanna tipica), rimuovono l’interno che non è utilizzabile e lo bruciano, mentre la corteccia esterna viene arrotolata ed essiccata…c’è qualcosa di magico nelle pratiche antiche, nel fare le cose ancora con le mani…La cannella si usa anche come olio per massaggiare la pelle e si diffonde in gocce nell’acqua del bagno per risvegliare il desiderio e il vigore sessuale…
Mia nonna ne faceva una bèchamel speciale, morbida e profumata, impalpabile in bocca, puntinata di marrone. Era un piccolo essere davvero abile lei, a 97 anni faceva la pasta in casa e il pane e mentre impastava cantava con la sua vocina esile canzoni di altre età, non dimenticherò mai i suoi biscotti alle mandorle…
La cannella dunque, ma anche il ginepro, per la carne, e ilsesamo, per il pane e le focacce, lo zafferano, prezioso pigmento rosso e giallo al contempo, per non parlare delpeperoncino e dello zenzero
Le spezie non hanno solo sapori e odori, hanno storie da narrare e proprietà da distribuire, perché gli esseri della terra trovano sempre il modo di dialogare, di interagire l’un l’altro, di arricchirsi e compenetrarsi, in un baccanale pieno di vita e con un pizzico di magia!

Gli afrodisiaci…anice, basilico, cannella, cardamomo, chiodi di garofano, coriandolo, noce moscata, pepe, salvia, zafferano, zenzero.

Gli ansiolitici… alloro, menta, papavero.

Contro l’angoscia…cardamomo, coriandolo, maggiorana.


Contro la depressione… basilico, cannella, melissa, rosmarino, salvia.

 

Contro i disturbi della memoria…rosmarino.

 

Contro l’emicrania…basilico, maggiorana, melissa, menta, rosmarino.

 

Contro l’insonnia…alloro, basilico, maggiorana, melissa, menta e papavero.

 

Contro il nervosismo…ginepro, melissa, menta, papavero, rosmarino, salvia.

 

Contro il singhiozzo…basilico, finocchio.

 

Contro le vertigini…melissa.


(Naturalmente le erbe e le spezie hanno rimedi anche contro problemi meno eleganti!)

Per finire una piccola ricetta, per chi, come me, si lascia sempre sedurre da tè ed infusi (devo dire grazie a Sara per tutti i suoi consigli):

Tè speziato


7 tazze d’acqua, 1 tazza di latte, 1 bastoncino di cannella, 6 semi di cardamomo, 6 chiodi di garofano, 1 pezzetto di radice di zenzero, 2 cucchiai di zucchero di canna o miele, 2 cucchiai di tè Darjeeling.

Portare ad ebollizione acqua e latte. Aggiungere le spezie e lo zucchero e far bollire per cinque minuti. Spegnere il fuoco, coprire e lasciar riposare per dieci minuti. Aggiungere il tè e riportare ad ebollizione. Coprire e far bollire per altri 3 minuti, filtrare e servire.

 P.s.

“A tavola e nell’alcova

si invita una volta sola”


Consigli:
-Libro: Afrodita, racconti, ricette e altri afrodisiaci, Isabel Allende, 1997
-cd: Baduizm, Erikah Badu, 1997
-film: Come l'acqua per il cioccolato, Alfonso Arau, 1992

lunedì, 22 maggio 2006

Quiete, notte profumata di pitosforo, passeggiata...poi prime ciliegie della stagione...
lunedì, 22 maggio 2006

Solo la musica...

Houses haunted
i just want to go for a ride
out an on
before i'd set this room a light
left alone
forever and for crimes unclear
with my patience gone
someone take me far from here YEAAAAAAA
 burn that gasoline YEAAAAAAAAAA
burn that gasoline...

 In viaggio da molto ormai, più di un mese e inizio a perdere le distanze, inzio ad essere fatta di aria e di mare, senza tempi o spazi conosciuti, senza porti già visti...Mi ha raggiunta il caldo, mi ha raggiunta la consapevolezza come un suono di faro e in questa terra - che terra non è - mi sono dissolta e poi mi sono ritrovata e continuo a farlo, con gli specchi di sole e con i lustri di luna, assieme a quelli che si sono allineati, silenti o chiassosi ma ognuno, ad ogni passo, più necessario... Oggi questa distesa d'acqua non è calma, non per tutti, le stagioni strisciano e ti si mettono nell'animo senza bisogno d'inviti ma di rado puoi rispondere agli impulsi con pari intensità perchè libero del tutto non lo sei mai e allora c'è una cosa che fai sempre: alzi il volume e ti lasci invadere da qualcosa di più forte, dai suoni, dalle voci, dai falsetti e dai vibrati, ma prima ancora dalle grida, quelle che ti riempiono e ti spaccano e ti ricompongono migliore di com'eri, come se in quell'estensione si fosse concentrato il tuo intero essere, con tutti i brividi, per poi concedersi ad una qualche deflagrazione estatica, e dopo magari sei ansimante ma hai stirato le corde come si stirano i muscoli e ti sei rigenerato e ti sei sentito vivo, libero, anche anarchico per un istante che bruciava e al quale tornerai a ricorrere tutte le volte e che vorresti saper mettere sulla carta per vederlo, per toccarlo anche, con tutti i sensi che hai...


...new day only
another day in solitude
houses honest
clearly more than i can bare
drain me all
before i set my world on fire i am gone
the sun will never set tonight

YEAAAAAAAAAAAAAAAburn that gasoline...

(Gasoline,Audioslave)


sabato, 20 maggio 2006

E se non volessimo più stare fermi?
Se la mente volesse inabissarsi a sondare le profondità degli esseri e le loro maree?
Se ogni parte del corpo volesse muoversi e rigenerarsi nel tatto e nella confidenza, camminando a piedi nudi sulla terra umida e accogliente - l'unica, quella perfetta - ?
Se le mani volessero stringere e stringere per sentire duplici, molteplici pulsazioni , per vedere la pelle tendersi, per sentire i profumi levarsi dai polsi - fonti intime del vagheggiamento più emotivo - ?
Se l'animo volessimo dedicarlo alla percezione?
Predisporlo all'ascolto delle sole eco, di ritorno da mondi astrusi, risonanti di altri viaggi?
Se scegliessimo l'empatia e se dagli uomini volessimo di più?
giovedì, 18 maggio 2006

Per L , conversatore notturno, a proposito di lucciole...


Notturno
fermarsi
ad amare
le lucciole,
estate di Siena,
accodati alle stelle
fumando nel buio
il commento di voci
da altre città...
(02.febbraio.2001 da Aria)
mercoledì, 17 maggio 2006

L'ora blu

E' già tempo di ore blu.
Maggio porta meraviglie nell'aria la sera e porta campiture di cielo che fanno comprendere le perfezioni divine. Tinte piene, prive di sfumature, fresche e compiute, di quell'azzurro di cui parlava Kandinskij, quel tono di blu che è equilibrio e spirito, che sale facilmente al bianco o scende facilmente al nero, che induce l'animo alla quiete e al respiro, sciogliendo i sensi e restituendo i sorrisi liberi, quei passi che non hanno peso, quei momenti che sembrano soffiati sui petali, condivisi con le mani...  e allora ti chiedi dove sei, su quale mare, lungo quale fiume, dov'è diretto il ponte di questa nave senza forma sulla quale viaggi e aspetti?Tu che i viaggi li hai fatti nei libri o tra le note...poi comprendi che tutto si stende sotto questo cielo blu, almeno adesso che è l'ora giusta, e ti vengono in mente le parole di Novalis che diceva:" Dove mai andiamo? Sempre a casa."
martedì, 16 maggio 2006

Appena alzata, non del tutto sveglia, ho voglia di stanze diverse e di andare a sentire il profumo dei fiori...
Stilla il giorno la sua goccia verde...E prende tempo e prende forma e riflesso, lascia lo spazio di una nostalgia, corre distante ma si fa raggiungere e allega un senso ai respiri e al battito finchè non si compie tutto l'arco del cielo, finchè l'imbrunire non riporta la calma e la sera non arriva lenta e sinuosa e scende come un balsamo sopra le spalle, sopra le mani...Viviamo i giorni uno alla volta, riempiendo le ore, scolpendo i minuti come Rilke coi versi - o aneliamo a farlo - cercando di spingerci sempre più in là, senza avere idea del raggiungimento, senza sapere che un obiettivo è solo un passaggio per un'altra meta, che siamo in eterno movimento, che corriamo e che non ci fermiamo mai...E in tutto questo qual è la cosa più importante? La prospettiva mi sono risposta. Guardare alle cose nel modo giusto, alle cose e alle situazioni, per comprenderne le portata, il valore e l'insegnamento, per capire quanto dobbiamo prendere e quanto siamo disposti a dare, per conoscere le distanze percorse e intuire quelle che ci attendono ed essere consapevoli di noi stessi e della nostra crescita alla quale concorrono anche tutti i contesti e tutte le relazioni, che sono parte di un'esperienza che è unica e plurima e che va vista da vicino, giorno per giorno, ma anche da lontano per acquisire saggezza, per capire come leggere i singoli accadimenti all'interno di uno scorrere più ampio che li collega e che dà loro significato. La riflessione è l'aspetto che fa la differenza, quello che permette di oggettivare, quello che attenua gli impulsi ma solo se è giusto farlo, solo quando gli istinti vanno trattenuti perchè a volte portano a contatti deleteri e a rapporti deteriori che ci confondono, che ci rallentano, che non sono significativi.
Corriamo. E corriamo perchè non ci ricordiamo come si faceva a volare, corriamo per sentire il vento sulla faccia, per sentire un moto contrarci l'anima, non per raggiungere, per scavalcare, per competere o per vincere,soltanto per andare, non per arrivare...

"Tutto quel che hai da fare
è morire,
tutto quel che hai da fare
è volare
se il nome di tuo padre è
Dedalo
come puoi essere Icaro?"

(da Poesia di Tangeri, 1957, Jack Kerouac)

venerdì, 12 maggio 2006

A buon intenditor...

".... fin del poeta è la meraviglia
chi non sa stupir vada alla striglia"    
    
(G.B.Marino)

Certe volte hai voglia di buttarti. Hai voglia di sentirti fluida, libera - quasi a braccia aperte, quasi a piedi scalzi - e durante il viaggio ti scopri desiderosa di metterti in gioco. Sei lì che osservi, che accendi i sensi e rimani in ascolto volta alla più ampia percezione, e una piccola scintilla piena di potenzialità attira il tuo sguardo e sembra profumare di promesse. Rifletti e comprendi che è il momento, il momento di lasciarti leggere, fino in fondo alla pagina del tuo essere, di lasciarti scoprire, conoscere, è il momento di condividere mille conversazioni notturne, di partecipare a mille incontri, di vivere mille sguardi, di toccare le mani, le braccia... ...Dunque lo fai, ti esponi, sgombri la stanza per lasciarti abitare e metti solo i tuoi quadri migliori alle pareti, per dare uno spunto, per suggerire una strada di lettura...tutto scorre e il preludio è intenso ma poi qualcosa non prende forma, rimane un magma indolente che evapora piano, senza significato, e resta il senso dell'inespresso, del non vissuto, resta la delusione di chi non è voluto entrare, di chi ha soltanto guardato dalla finestra, di chi alle pareti ha appeso solo un orologio sul quale contare il tempo che ha scelto di non avere per te. Altrove anziane sagge dicono che cercare di far capire chi sei veramente alle persone, quando non riescono a vederlo, non è il modo giusto di usare l'energia, e hanno ragione, quando la fatica sostituisce la spontaneità vuol dire che non è giusta la direzione verso la quale si sta andando. I poeti devono meravigliare, ma vogliono anche essere meravigliati e chi non ha tempo, o voglia, di stupire che vada svelto, perchè altrettanto presto verrà dimenticato.
mercoledì, 10 maggio 2006

"Time is a train
makes the future the past
leaves you standing in the station
your face pressed up against the glass"     
(Zoo Station, Achtung Baby, U2)

Grazie a tutti i meravigliosi amici che non mancano di farmi sentire il loro affetto anche  nel giorno del mio compleanno. Vi voglio bene ragazzi!
domenica, 07 maggio 2006

Caccia ai tulipani




Accade in tempi lontani che giovani principesse lasciano i loro regni in cerca di tulipani, si perdono in ombre causate dall’ego, si muovono in danze  di grazia e diniego.

Nervosa Cristina , minuta e tenace , non perde tempo e guadagna le strade  seguendo percorsi di ampio raggio, con una mappa in mano, con tutto il coraggio , ma quando si scontra con un principino pesta i piedi in terra al suo nobile inchino, mette mani ai fianchi al sorriso mordace, sbuffa e guarda storto al piacente torace.
Ma tutto si compie nel giro di poco, una smorfia, un sorriso e comincia un bel gioco : Diego Del Mare la chiede in sposa, Nervosa Cristina accetta festosa, s’infila l’anello e dimentica tutto, i fiori e la caccia contenta del frutto!

Intanto seduta non troppo distante Giorgia Di -Segnocontempla un cantante, spiandogli i gesti, gli sguardi e i pensieri, nascosta in un sogno di oggi e di ieri; incerta tra lettere, frasi ed azioni decide di vincere le sue emozioni :gli cambia la luna emettendo due note , lui resta silente ma sbianca le gote e sbagliando gli accordi  di  dolci canzoni  confessa un amore che non ha paragoni .

Di bianco e di nero Decisa Cristiana accetta la sfida restando sovrana, raccoglie ogni specie del fiore perfetto, senza distrazioni, senza alcun difetto; elude  le attenzioni di serventi cavalieri, non degna di uno sguardo i pretendenti alfieri, astuta e vigile sul suo percorso non perde tempo per nessun soccorso , che l’uomo debole non è gran cosa, è come troppi spini su una bella rosa!

Dimenticandosi dei tulipani Sincera Sara  gioca con le mani, tra viaggi, stoffe, studi e fantasia, non bada al tempo che le vola via, conosce il mondo e in questo calderone le appare il cuoco  più simpaticone, Allegro Dedo cuore ed armonia, che vuole andare a caccia in Romania!

Silvia Dominio , regina a pochi anni , bandisce la contesa in vista dei guadagni , per ornare stanze, mobili e scaloni vuole i tulipani, non i fiorelloni  scelti dal suo sposo, Andrea Pazienza Mia, che ha un regno senza scettro ma l’ama alla follia.

Nascosta chissà dove rimane poi  chi scrive, una donna senza nome  che sotto se la ride, durante la contesa incontra un labirinto, si perde nell’attesa aspettando un uomo finto : credeva che il destino le portasse un salvatore, invece sul cammino trova solo un girasole!!!

(Ai miei amici Cristina, Diego, Giò, Cristiana, Sara, Alessandro,Silvia e Andrea, sperando che non me ne vogliano...sapete che vi adoro!)


Consigli:
libro: Principesse dimenticate o sconosciute, Phipippe Lechermeier e Rebecca Doutremer, 2004
cd: L'absente, Yann Tiersen
film: Il favoloso mondo di Amelie, Jean-Pierre Jeunet, 2001
sabato, 06 maggio 2006

"...l'istante in apparenza vuoto e fermo in cui il nostro futuro accede a noi, è tanto più vicino alla vita di quell'altro momento chiassoso e casuale in cui esso, come da fuori, sopravviene. Più siamo quieti, pazienti e aperti quando siamo tristi, tanto più profondo e tanto più sicuro entra in noi il nuovo, tanto meglio lo acquisiamo, tanto più sarà il nostro destino, e a lui ci sentiremo , il giorno che "accadrà" (cioè uscirà da noi incontro agli altri) affini e prossimi nell'intimo...
...il futuro  è fisso (...) ma noi ci muoviamo nello spazio infinito."

Rainer Maria Rilke, Lettere a un giovane poeta, Svezia 12 agosto 1904
venerdì, 05 maggio 2006

Voci

La voce di Lorenzo l'ultima volta che l'ho sentito, una voce piccola, da sedicenne, che sembrava rompersi a tratti...una voce che non sarebbe cresciuta, una voce che ho paura di dimenticare, una voce che non mi parla neanche nei sogni, mai, anche se è un silenzio eloquente il nostro.
La voce di mia madre quando parla da altre stanze, quando sono assopita e la percepisco attraverso il velo del sonno, quando mi ricordo dei racconti che mi leggeva, delle storie che mi narrava, dei discorsi che mi faceva con accenti teneri, con il tono del conforto, della sicurezza.
La voce di Bono quando parla e quando canta, una voce familiare più di tante altre, la voce della musica di sempre, la voce migliore, salda e vibrante, dal mi bemolle dei primi tempi alle tonalità da tenore della canzone per suo padre, la voce della stabilità, quella a cui mi aggrappo quando devo ritrovarmi, quando ho bisogno di tornare a casa.
La voce di Anita, la sua cadenza tarantina, la sua risata arricciata, la voce degli esseri dispersi e poi caduti, ritagliati dai ricordi, incisi nel legno, mai più sognati.
La voce del mio pianoforte, quando ancora mi parlava, i suoi toni grevi, i suoi bassi intensi, la perfezione del fa diesis, i suoi monologhi di crome, i nostri dialoghi di andanti e mezziforte, le eco.
La voce di di Giò, sotto e sopra la mia, la voce delle riflessioni, la voce delle congetture, la voce della presenza ritrovata, del canto in punta di piedi, dell'appoggio e dello sprono, la voce delle affinità.
La voce di Stefano, la voce che cancello e che dimentico ogni giorno, la voce che ho scelto di non ascoltare, la voce che non ha mai detto, che ha soltanto rinnegato.
La voce di nonna Zelia, la voce della gentilezza e della fermezza insieme, la voce delle filastrocche marchigiane, la voce della memoria, la voce dell'esempio e dell'esperienza.
La mia voce, la voce della poesia.  



Consigli:
libro: Musica, Yukio Mishima, 1993
cd: Is this desire?, P.J.Harvey, 1998
film: Ferro3-La casa vuota, kim Ki-Duk, 2004
giovedì, 04 maggio 2006

15 giorni di viaggio...sono già due settimane che sento questo vento sulla faccia, che mi espongo sul ponte della nave, come fossi in uno dei bei romanzi di Conrad...due settimane ed inizio ad avere stabilità, la stabilità che sempre, per contrasto, mi danno gli stadi alterati dell'essere, dagli agenti atmosferici al sentirmi sospesa in una dimensione a lato come quella dell'essere altrove, via da un posto ma via anche da me stessa...inizia a piacermi starmene qua fuori, in un angolo da dove posso guardare lontano, un angolo non troppo nascosto dove posso anche essere vista, dove qualcuno viene a cercarmi per arricchire, per arricchirsi di sfumature, di parole che risuonano sul mare telematico, che si perdono nell'etere, col suono immaginario di un faro su una costa alla quale ci stiamo avvicinando per transitare, per non restare...iniziano a farsi riconoscere compagni di viaggio temporanei, iniziano a tendere una mano e nel contatto, nello scambio prendo nota di me, delle reazioni, mi scopro e mi studio, come fossi sempre nuova, come fossi sempre all'erta...e lo sono. Mi accorgo che c'è un'elettrica sottile linea che mi attraversa sul fondo, una linea ereditata da esperienze per fortuna passate ma che hanno lasciato detriti, sfiducia, timori...come ci si fida? Come ci si abbandona? Come si perde la strada? Incredibilmente facile sentirmi libera, espandermi, ascoltare l'universo, percepire anche il più intimo richiamo quando sono sola, ma tutto cambia quando qualcuno si allinea, quando qualcuno prova a fendere lo strato, chiede di prendermi per mano...la mano la stringo ma sento che ho paura, che fidarmi è come camminare senza scarpe sui chiodi... e allora vado cieca, prendo sospiri, rischio ma ho la delusione nella tasca, che aspetta...
Attendo un temporale, attendo un guastatore, una dimesione inaspettata, qualcosa che mi tolga le parole, attendo...
mercoledì, 03 maggio 2006

Echinopsis

Se m'introduco negli angoli, se m'inserisco nell'intimo mi trovo presa in una trama estatica di riflessi e di profumi, sfiorata dalle delicate essenze, toccata sulla pelle dalla seta fatta di un tatto effimero, l'inconsistenza della bellezza, l'evanescenza del paradiso floreale che mi chiama dentro, che m'induce a spingermi con l'obiettivo vicinissima, fino a tingermi di polline, fino a respirare un incanto che sboccia singolo o plurimo solo in estate, venato di rosa, nutrito dal sole e protetto dall'ombra, rivolto in alto, nell'arco vitale di una sola giornata di perfezione.


"Quando una cosa deliziosa e irrecuperabile si dilegua,abbiamo l'impressione di svegliarci da un sogno" (Herman Hesse, da Il pellegrinaggio in Oriente)


Meraviglie della stagione calda, prodigi di un acquisto casuale ad un'esposizione di cactacee un giorno di mezzo sole, quando fra tutte ho scelto la pianta grassa più semplice, sferica, raggiata, molto verde, un po' ammicante. Tempo dopo, una mattina sono apparsi dei ciuffetti bizzarri sulla sommità della piantina, da cui poi sono cresciuti lunghi steli pelosi piuttosto repellenti, anche lievemente inquietanti, ma poi all'alba del giorno successivo sono esplose queste inaspettate forme lanceolate, avvenenti e dal profumo conturbante, quasi impalpabili al tatto, di una consistenza che sembrava quasi sciogliersi tra le dita. Al tramonto i fiori si erano richiusi e gli steli erano cadenti. Da cinque estati i fiori sono apparsi uno alla volta o in gruppi di tre o quattro; lo scorso anno la prima fioritura ne contava nove, il profumo era tale che si è insinuato nel sonno e mi ha svegliata. Durano solo un giorno, perciò appena sbocciano li fotografo e non li lascio più andare, bellissimi, fatti di una grazia quasi divina.
martedì, 02 maggio 2006

Torno ad incontrarmi...

...quando il pomeriggio si fa silenzioso, quando spengo i rumori con la voce di Beth Gibbons, quando l'atmosfera riempie gli spazi e mi parla all'orecchio suadente, spingendomi al computer, con una pietra rossa all'indice, con un caffè fumante, pronta per andare a perdermi su strade che solo nell'attraversarle si presentano, viottoli scoscesi simili tra loro ma diversi nel profondo del loro significato, nella distanza della loro destinazione, e io dove voglio andare? Non lo so se ho volontà, perchè quando inizio un nuovo percorso mi sento sempre sospinta, indotta da una soffice maggiore consapevolezza che quello è il momento, che è arrivata l'ora di ricominciare a scrivere, che una nuova storia sta attraversando il mio corpo, dalla mente sta arrivando alle dita per essere presa a metà tra l'esistenza reale e un immaginario privato fatto di figure piene di fuoco perchè mie, perchè intense e importanti per me, che le delineo con le parole, che le plasmo con un nome e con un pensiero, che le spingo ad azioni e ribellioni pur lasciando intravedere che non sono altro che metafore del mio vissuto, troppo spesso troppo rivolto all'interno, ma che si deve fare se nessuno viene a bussare? Tenere tutto per me non sarebbe ugualmente possibile, ingorare l'impulso, fare finta che non prema sulla coscienza, sul sonno persino...sarebbe l'innesco di un'implosione quando tutto quello che voglio è esplodere e gridare libera, scrivere ed essere, infinitamente... Eccomi così con una nuova traccia tra i pensieri, con nuovi personaggi che si muovono nel mio quotidiano, sovrapposti ai gesti, alle conversazioni, residenti in luoghi dove io non sono,  sfumati e vasti come io non posso essere, eppure miei e di tutti quelli che verranno a leggerli, per cercare me o se stessi, per cercare strade aperte dove potersi perdere, dove potersi incontrare...

Consigli:
libro: NeveIl violino neroL'apicoltore, la trilogia di Maxence Fermine, 1999-2000
cd: Out of season, Beth Gibbons & Rustin Man, 2002
film: Film bluFilm biancoFilm rosso, la trilogia di K.Kieslowski, 1993-1994
martedì, 02 maggio 2006

Tra palco e realtà

Un 1° maggio così aspettavamo di festeggiarlo da secoli e le pulsazioni sono arrivate tutte da quel palco di Roma! Io non sono una gran fan della produzione musicale italiana ma ieri c'era una tale energia che sono uscite cose di grande talento, almeno a mio parere. Nel pomeriggio ho apprezzato particolarmente la Bandabardò  e naturalmente i Modena City Ramblers, che mi hanno riportata al concerto di Pesaro dello scorso anno, quando già sembrava estate e con un gruppo di amici, tutti più o meno nuovi per me, mi sono trovata a vivere una notte rossa e vivace a cui penso sempre con piacere! Poi in serata grande performance dei Negramaro, di cui ogni giorno mi stupisco di più, chinando la testa a chi la scorsa estate mi aveva invitata al concerto al Barfly e, sentendosi dire di no, mi aveva detto che se li avessi conosciuti meglio me ne sarei pentita! Avevi ragione Daniele! Come sempre il tuo gusto musicale non ne sbaglia una! E poi il Liga. Ho sempre preferito il pittore al cantante, e , nel caso di Luciano Ligabue, ho sempre preferito film e libri alle canzoni, ma ieri c'era un'aura speciale e il repertorio era quello degli inizi, molto più carico, molto più rock, l'ho trovato fantastico! Sarà stata la magia della sinistra alla pseudoguida del governo, la magia che si aggira sempre tra la gente nei concerti, la magia di un maggio che vogliamo fiorito e portatore di sorprese, la magia dell'unione e della complicità...non so ma era qualcosa di speciale e di originale, come Vinicio con le corna, la pelliccia e i campanacci, Vinicio dagli occhi birbi che dicono ad ogni sguardo che non si muore tutte le mattine! E oggi torniamo tutti ad essere lavoratori, decisamente precari, lavoratori che il lavoro devono inventarselo, lavoratori che devono bussare alle porte che apre la gente benestante e incompetente, lavoratori  a tempo determinato, laureati non-apprendisti con esperienza che aspettano una nuova giunta comunale!Tra cinque minuti comincia la rivoluzione hanno detto da quel palco...speriamo!
Intanto stringiamo i denti e ascoltiamo la musica.
Intanto  io aspetto Tori Amos a luglio e i Pearl Jam a settembre!
domenica, 30 aprile 2006

Ho voglia di pesche, di frutta estiva, di cene nel giardino del mio terrazzo con gli amici...ho voglia di cucinare e di sedere ad un tavolo per un pasto allegro, per una conversazione frizzante, per un buon vino rosso, riscaldata dai profumi della notte, dal bagliore delle candele...  Le domeniche pomeriggio sono sempre così sonnolente...me ne sto in attesa, con il naso per aria, cercando di ascoltarmi dentro, soprattutto in questo periodo di strana aridità, come se il primo sole mi avesse prosciugata e adesso, anche se sta piovendo, non riuscissi a reidratarmi... Già prima che iniziassi questo viaggio la mia vita si era fatta più complessa, la mia attenzione aveva preso a distribuirsi, come pure la concentrazione, a diversi livelli, creando gerarchie, necessarie priorità e in tutti questi ambiti di studio, di ricerca, d'insegnamento, di progettazione credo di essermi un po' smarrita...non sono un tipo troppo razionale, penso sempre che la spontaneità mischiata al buon senso siano la perfetta soluzione d'atteggiamento, però ho bisogno di vedermi, di sentirmi e spesso anche di darmi una definizione ai miei occhi per evitare di disperdermi...di solito lo faccio attraverso la scrittura: tutte le lettere, tutti i diari, i fogli volanti, le ultime pagine dei libri letti - utili supporti dei pensieri che mi salgono alle labbra di notte, quando mi sveglio ed ho assoluto bisogno di una matita nella destra e di un pezzo di carta cui affidare una frase che ha troppa fretta di lasciarmi - i quaderni, i blocknotes, persino i muri a volte -quando ero a scuola - tutto questo mi ha aiutata e continua a sostenermi nella scoperta di me stessa e nella scoperta degli altri, degli affini che entrano nell'orbita o dalla cui orbita mi faccio attrarre, più ancora le poesie e i racconti mi regalano un'identità, sfaccettata, profonda e in costante movimento...ci sono stati diversi momenti in cui ho perso le mie tracce, ogni volta sono coincisi con la mancanza di un contatto fisico oltre che mentale, fratelli che non potevo più toccare, amanti che non volevo più, percorsi su cui non potevo imprimere i miei passi, e ogni volta sono state le parole, il loro suono misto alla musica che più mi rianima a portarmi indietro, a riportarmi in alto, dove potevo di nuovo vedermi, scrivere senza filtri, mettermi sulla pagina con tutta l'emotività e in questo periodo è questo che mi fa difetto, anche se ho cominciato un nuovo racconto, anche se si apre il preludio ad una nuova stagione. Sono in ascolto ma non abbastanza...

Conisgli:
libro: La terra sotto i suoi piedi, Salman Rushdie, 1999
cd: The Million Dollar Hotel O.S.T
film: The Million Dollar Hotel, Wim Wenders, 2000
sabato, 29 aprile 2006

compagne di viaggio

...flussi di pensiero lasciano detriti di riflessione nelle notti passate a raccontare tutto in dettaglio, per renderle partecipi, per renderle presenti nella mia vita, ma presenti sul serio, per arrivare al fondo della conoscenza reciproca, non per non avere più misteri, ma per sentirsi su una strada comune e condivisa, per sentirsi fiduciose e generose, per lasciare loro un po' del mio colore e per prenderne a manciate, per ridere e per ascoltare il tono della voce che si abbassa, che si fa profondo, per sentire l'eloquenza che si scioglie o il sonno che la impasta o l'alcol che la intreccia, per leggere un libro tutte insieme, per ascoltare zitte Jeff Buckley e ringraziare del suo passaggio, per ricordare e per esprimere desideri...che, si sa, vanno espressi bene, come facevano le streghe di Eastwich!
GiòSilviaCristianaSaraSoniaCristinaFrancescaClaudiaKlausLetiziaFrancescaSibilla... ...
Forza e coraggio sorellanza ya-ya, per fortuna ci siete voi!

Per me...
Hydrangea (Ortensia)            


E' con l'affascinante storia del loro nome che comincia la storia delle ortensie: fu il francese "cacciatore di piante" Philibert de Commerson che nel 1771 così battezzò alcuni esemplari provenienti dalle Indie Orientali in onore di Hortense de Nassau, figlia del principe di Nassau, appassionato botanico che lo aveva accompagnato in una spedizione.Ed è sempre il loro nome, anche se stavolta quello botanico, Hydrangea, che da una gentile principessa ci conduce ad una terrificante figura mitologia: è Hydra, con capelli a forma di serpente simili alle asperità presenti sopra la capsula contenente i semi di questa pianta. L'opinione più ampiamente condivisa è tuttavia quella circa la derivazione del nome Hydrangea dalle due parole greche hydros (acqua) e angeion (vaso), per la particolare forma delle capsule contenenti i semi, che assomigliano a delle piccole conche d'acqua. Pianta antichissima, di cui si sono trovate tracce fossili collocabili in era terziaria ed in periodi successivi (oligocene-miocene), venne introdotta nei paesi europei quasi contemporaneamente, intorno alla metà del 1700. In Inghilterra si parlò di ortensia nel 1736, si trattava di una arborescens proveniente dalla Pennsylvania. In America, cito alla lettera il testo di Corinne Mallet "Hydrangeas species and cultivars"; il nomeHudrangea comparve per la prima volta nel testo del naturalista Gronovius (Flora Virginica - 1739). Nei giardini giapponesi invece, la presenza e la popolarità delle ortensie era già notevole durante il diciassettesimo secolo, ma dato che le sue frontiere furono chiuse dal 1639 al 1856, l'accesso alle sue varietà era praticamente impossibile. Grazie comunque alle incursioni di alcuni "cacciatori di piante" europei (tra cui vanno ricordati il botanico svedese Cari Peter Thanberg, allievo di Linneo e il dottor Phihpl Franz von Siebold) alcuni esemplari vennero trafugati ed ebbero preso una descrizione botanica, anche se furono inizialmente classificati all'interno del genere Viburnum. Da un punto di vista geografico troviamo le Hydrangea distribuite dal nord-est al sud-ovest americano e nel sud-est asiatico. Alcuni autori (Dr. Me Clintock) dividono il genere in due sezioni. La prima è chiamata Hydrangea e comprende undici specie decidue tutte riprodotte, la secondaComidia, ed è composta di dodici sempreverdi rampicanti autosupportanti. Questi ultimi sono molto meno conosciuti, ad eccezione di H. Seemani e H. serratifolia e  in Giappone si utilizzano i fusti di H. paniculata per ottenere bastoni da passeggio, pipe, chiodi di legno e manici d'ombrello; mentre con le foglie giovani di H. serrata, cotte a vapore e arrotolate a mano, si prepara una bevanda chiamata Ama-tsia (thè celeste) che veniva usata per lavare la statua del Buddha nel giorno del suo compleanno. Gli indiani Cherokee utilizzavano invece le radici di H. arborescens nei disturbi legati ai calcoli renali, preparando decotti ritenuti in grado di rimuoverli ed alleviare il dolore dovuto alla loro emissione.

mercoledì, 26 aprile 2006

Fragole e Hemingway
Il tramonto è il momento migliore. Quando la luce taglia gli oggetti, quando ti scalda la schiena, quando la giornata è quasi finita ma non ancora, tu sei rilassato, hai voglia di stiracchiarti e di svuotarti per fare spazio alle parole di pagine che hanno avuto una vita prima di te, con qualcun altro, ma che adesso sono qui per cambiare la tua, e ti chiamano lievi e forti, suadenti al punto che non le puoi ignorare. Sono parole semplici, frasi semplici, le più semplici e meravigliose che siano mai state scritte, questo sempre è l'effetto che mi fa Hemingway, scrittore perduto e perfetto di una generazione che deve il suo nome a Gertrude Stein. Ma fra tutti Festa Mobile, perchè è il libro anomalo, perchè parla dello scrittore, perchè è un vagheggiamento rivolto al passato e perchè è un addio. Come si può non amare un libro che inizia con: "Poi veniva la brutta stagione."? Chi asprira a scrivere s'identificherà con questo libro, con questo giovane-vecchio Hem, con frasi come: "...io appartengo a questo taccuino e a questa matita.

Consigli:
libro: La fine del mondo e il paese delle meraviglie, Haruki Murakami, 1985
cd: Euphoria Morning, Chris Cornell, 1999
film: Essere John Malkovich, Spike Jonze, 1999
martedì, 25 aprile 2006

Un viaggio è un cammino, è un passo dopo l'altro, ma non è solo futuro, non è solo una strada aperta, è insieme ricordo perchè è esperienza, ciò che forma la pelle, che dà tratti ad un viso, ciò che crea le parole nella testa, parole che scendono alle labbra, che arrivano alle mani, quando hai voglia di scrivere, quando non hai altra voglia che scrivere...quando scrivere è come una vocazione che è anche un'ossessione  che non ti molla finchè non si compie e poi ricomincia a scuoterti forte per poter nascere, per poter urlare, per palpitare. Se tocco le mie sensazioni così tangibili a riguardo mi sento come se il mio corpo si contraesse e provasse qualcosa d'indistinto e assoluto, come un crescendo fino ad un suono che vibra, un tintinnio divino, come il punto più alto quando si fa l'amore, quella vetta da cui non si vuole scendere perchè non riesci a definirla, a catturarla e niente ti sembra minimamente paragonabile...

"...Il mondo dovrebbe essere
fatto per i camminatori..."

(Bus verso Est, Aprile 1954, Jack Kerouac)
"...e le parole cantano
quel che la mente
porta..."
(Bowery Blues, 1955, Jack Kerouac)
domenica, 23 aprile 2006

Mi sono data un nome per questo viaggio, ci vuole un nome per poter andare, così come ci vuole una chiave. I nomi servono per rappresentare, le chiavi per aprire, le porte o le dimensioni...io credo sia più una questione di passaggi: entrate segrete dietro gli schedari di un mezzo piano dirette alla mente di qualcuno in cerca dei quindici minuti di celebrità, ingressi percettivi per i cercatori di purezza, transiti verso un mondo altro, chimico, alcolico, onirico...purchè l'altrove sia generoso di risposte e sia dorato di saggezza, qualla che non riusciamo ad avere mentre andiamo, in fila o singoli, distratti dall'istinto o presi da indolenza...Mi sono scelta un nome dunque e l'ho fatto per non essere sola, per evocare compagni di viaggio che tardano sempre a farsi riconoscere, a farsi sentire; così ho chiamato i sotterranei a farmi compagnia, ho preso Jack e ho preso Allen, tutti in un solo nome, moorad, che è termine complesso che allude ad una varietà di razza - perchè ho l'anima di una nomade -, che echeggia un ormeggiare, un ancorare - perchè ho bisogno di porti cui guardare dalle distanze -, che parla forse di lande e  brughiere - perchè la vastità di zone incolte è sempre indice di qualcosa di genuino e potenziale... Adam Moorad è lo pseudonimo con cui Kerouac chiama Ginsberg ne I sotterranei, piccolo libro prezioso denso di una magia battuta e beata che è molto più di una chiave per un altro mondo. Almeno per me. Ma in uno splendido film di Wim Wenders un uomo calato in un macrocosmo di suoni diceva ad una donna abitata da un universo di voce: "Che cos'è una chiave senza un bacio? "
Consigli:
libro: Il libro dell'inquietudine di Bernardo Soares, Fernando Pessoa,1982
cd: Ainda, Madredeus, 1994
film: Lisbon Story, Wim Wenders, 1994

Nessun commento:

Posta un commento