venerdì 18 novembre 2011

l'altro Altrove_3

venerdì, 01 settembre 2006

Tornata dall’estate.
Tornata da un tempo pieno che non aveva ritmi di vacanza, che non voleva pause riflessive, accelerato solo dal volersi compiere, dal fare, dal vivere ogni cosa.
Dimentica dei vantaggi e dei guadagni ho scelto lavori dinamici e stimolanti affacciata sulla bellezza, circondata dalla conoscenza, a contatto con menti artistiche e intelletti profondi che mi hanno aperto porte su simbolismi e mi hanno indicato vie d’interazione fatte di prospettive policrome e multiformi; ho optato per tempi determinati e determinanti immersa in ambienti dove poter costruire ponti di parole tra il mio sentire l’arte e la percezione altrui di mondi che si lasciano intravedere da fessure tagliate su una tela, nel dialogo spaziale del retrostante e dell’antistante, così da infrangere i diaframmi, così da spingere i concetti.
Distante dall’accezione più comune della partenza estiva ho scelto brevi tragitti e ho fatto foto ai fari della mia regione, iniziando un viaggio a lungo pensato, un viaggio senza limiti di tempo che creerà ricordi nell’arco di una vita, forse variando gli accompagnatori, forse no…
Fregandomene della mondanità ho preso caffè a portar via seduta a conversare su una panchina di una piazza cittadina accesa da lumi serali, mentre la notte si offriva intensa di complicità e profumata d’aria estiva, senza la pretesa dell’essere in qualche modo, senza la fretta del far accadere.
Esorcista della distanza ho creato scenari di parole scritte a qualcuno per renderlo presente nei miei contesti e ho letto di sapori e temperature e panorami dalle sue parole che mi rendevano presente nei suoi contesti. Ed è stato magnifico non esserci ma esserci.
Opponendomi alla morte, tornata a ferirmi anche quest’anno con la sua lama, ho acceso fuochi d’essere al concerto di Vinicio fino a tardi quando la mattina successiva dovevo essere lucida a lavoro; ho letto libri sotto al sole a gambe incrociate uscendo dalle sfere temporali di ogni giornata qualunque, ho riabbracciato amici che non vedevo da dodici anni ritrovando le espressioni della nostra infanzia nei tratti dei loro bambini; ho guidato nella notte godendomi ogni nota dal mio stereo, assorbendo ogni gradazione del cielo, sentendo in fondo ogni bagliore tremulo dell’aria, e non ho ceduto alla stanchezza, ho ignorato anche il sonno; ho cantato fino ad irritarmi la gola al concerto di Carmen con un’amica, incurante del freddo, preda assoluta dei ricordi che ogni canzone evocava; ho guardato per ore il Treno in corsa di Ivo Pannaggi frantumarsi in lamine di colore e luce, veloce verso il futuro, cercando di leggere nelle sue pennellate qualche segreto da trovare alla mia prossima stazione, e ho fatto l’amore sotto le stelle, per frammentarmi in particelle luminose, per farmi costellazione di un istante d’intensità realmente vissuta e realmente sentita, come una scintilla che innesca un incendio che spero bruci e bruci e bruci.
giovedì, 24 agosto 2006

"I nostri messaggi sinceri sono sempre formulati come battute, battute che prendiamo terribilmente sul serio. Le mettiamo in cornice e ci tappezziamo le pareti della nostra galleria personale (...) I messaggi dicono quello che dicono - lasciano intendere che quello che dicono è assurdo -, perdipiù aggiungono che l'assurdità dipende da un'ulteriore profondità. E così via ad infinitum."

da La vergine nel giardino, Antonia S. Byatt

domenica, 20 agosto 2006

Nuove perdite.
Nuove paure.
Scegliamo di cogliere l'attimo per scuoterci dal non senso di ogni cosa, per dirci che quando arriverà il momento ci prenderà pieni d'immagini e di sensazioni, di un vissuto denso che non trascolora...
...ma la confusione che sentiamo nello stomaco e che abbiamo nella testa stinge anche il più acceso degli slanci e ci sembra solo chiaro che 
il mondo ha finito la sua scorta di soluzioni.
venerdì, 18 agosto 2006

Da quando è diventato così difficile dormire?
Da quando piacevolezza della quiete e inquietudine immaginifica e corporale sono diventate opposti inscindibili dello stesso atto?
Assopirsi nella calura di un pomeriggio estivo e intraprendere un viaggio denso di scene e teatri, placarsi nella notte fonda e cadere a perdita di senso e di coscienza su un giaciglio qualunque, stendersi sulle lenzuola scivole e acquietarsi lenti e cedevoli, raggomitolarsi nelle membra, nel centro del proprio essere in cerca di un conforto universale…tutti aspetti di un dormire dalle diverse facce, in letti che delle volte sembrano di rose, delle volte solo di spine e si lasciano rifuggire senza aggiungere una spiegazione…E’ forse la temperatura il fattore che altera il gusto del mollare ogni ormeggio, dello spegnere l’illuminazione, dell’accendere le ombre, eppure c’è un suggerimento che aleggia un po’ insistente e punta l’attenzione sulla vulnerabilità.
Così come possiamo azzerare, mettere una pausa, far passare più veloce un tempo che proprio non vuole riempirsi nel sonno, così in esso perdiamo il controllo, lasciamo andare le difese, ci esponiamo alle ferite dell’inconscio ma anche di un’intimità che va oltre ogni altra intimità se il sonno è condiviso…
E ne abbiamo paura.

mercoledì, 16 agosto 2006

Devo sempre contestualizzarmi.
Quando mi racconto con le parole, quando lo faccio nella forma scritta, quando voglio rendere partecipe qualcuno della mia realtà contingente, dei miei momenti io devo partire dal contesto, da quello che mi circonda perchè non posso fare a meno della nota sensoriale.
E tutto viene spontaneo, non passa per la mente ma piuttosto parte dai sensi, dalla percezione dilatata di tutto ciò che concorre all'istante di cui sto parlando, di cui sto scrivendo.
Di solito è un odore o un colore. Poi al profumo si aggiungono tutte le gradazioni in discesa e in salita verso il gusto, verso la vista che racchiude quegli estratti in un panorama che ha quinte molto ampie, quindi arrivano le luci e le ombre che delineano i volumi, che aumentano o smorzano i toni e permettono la sensazione della temperatura e l'immagine lentamente si fa più chiara negli occhi di chi l'ascolta, di chi la legge, e come sempre l'ultimo accento lo pone un certo gusto tattile che mi appartiene, come se tutto quello che sento in altro modo dovessi trasformarlo secondo l'aspetto del tatto, come se tutto quello che sento io riuscissi anche a toccarlo e volessi che il mio interlocutore lo toccasse a sua volta.
Creato il contesto posso passare al fondo di me, a come quell'insieme di vibrazioni e suoni mi riecheggia dentro e al perchè della necessità o della semplice voglia di condividere quella frazione, appena appena trattenuta, del mio tempo...
...ed ogni cosa è un piccolo viaggio dentro a un grande viaggio.

Consigli:
-libro: La neve se ne frega, Luciano Ligabue, 2004
-cd: Playing the angel, Depeche Mode, 2005
-film: Quo vadis, baby?, G. Salvatores, 2005
giovedì, 10 agosto 2006

Pane e limoni,
tramonto odoroso,
leggero stendersi
degli arti
e sentirsi nuovi,
sinuosi
come salici;
guardando alla luce
scopriamo rilievi
e possibilità.
Campi e
cambi stagionali,
risa fresche
con la sera,
e non sappiamo forse
che a guardarle
le stelle
cadono?

02.
04.
05
San Lorenzo

Buona notte dolce Lo'...
lunedì, 07 agosto 2006

"Venivano lì regolarmente ogni sera, come attratti da una necessità. Era come se l'acqua, con i suoi flutti, facesse navigare pensieri divenuti stagnanti sulla terraferma, e offrisse al corpo addirittura una specie di sollievo fisico."
da Gita al faro, Virginia Woolf
venerdì, 04 agosto 2006

Ascoltarla entrare piano con l'organo, in punta di piedi, armoniosa e duttile, leggera, ben disposta...
Poi sentirla stemperarsi nel ritmo quieto della chitarra, nel suono lieve della voce appena sussurrata che ti parla oltre le parole che pronuncia, che dipinge scenari di costa, poco dopo il tramonto, col vento sul viso...
E la sensazione aumenta, l'intensità sale piano nel ripetersi delle frasi, nell'alzarsi del tono, nel viaggiare del pathos interno ad ogni emissione, ad ogni fiato, ad ogni passaggio in salita verso l'altezza del contenuto espresso da quell'inflessione canora che rimarrà perfetta nei cieli come sulla terra che l'ha avuta, per poco ma l'ha avuta...
"It's never over
my kingdom for a kiss upon her shoulder
It's never over
all my riches for her smile when I slept so soft against her
It's never over
all my blood for the sweetness of her laughter
It's never over
she's a tear that hangs inside my should forever..."

Ah Jeff fatto di vibrazioni e scintillii, narratore delle paure e delle prodezze dell'animo, ci hai lasciati lì col calice alzato di un vino color lilla dicendoci di brindare che avremmo potuto non esserci più il giorno successivo ma sei stato il solo ad andartene...
venerdì, 04 agosto 2006

"La guida del museo dice che forse in un modo o in un altro tutti risorgeremo un giorno, per popolare il vuoto dell'universo. Coloro che sono vissuti in ogni secolo godranno la loro immortalità su un pianeta tutto per loro e potranno visitare i millenni trascorsi viaggiando da un pianeta all'altro del sistema solare. Gli uomini preistorici abiteranno Urano, gli antichi su Plutone, i Greci e i Romani su Giove, l'umanità medievale su Marte, quella rinascimentale sulla Terra e l'umanità moderna, quella di oggi, su Venere."

da Il semplice oblio, Silvano Agosti
giovedì, 03 agosto 2006

"E quando
tutto il mondo
cadrà nel fondo nero,
rimarrai tu,
di luce,
a salvarmi dal
male oscuro."

( 28 novembre 1996, da I due soli, poesie dal 1995 al 1997)
mercoledì, 02 agosto 2006

Dovrei fare a meno delle parole.
Io che di parole vivo, io che di parole sento.
Mi serviranno parole stasera per tenere la conferenza sull'arte ebraica. Mi serviranno parole per scrivere altri racconti, per annotare tutte le poesie, per dare corpo a quello che non contengo, che non arresto mai, che non posso arginare...
Ma dovrei fare a meno delle parole, di tutte. Fanno danni le parole, soprattutto quelle che vuoi ascoltare e che non arrivano, soprattutto quelle che provi a dire e che non arrivano, soprattutto quelle che riesci a dire e che non vogliono essere ascoltate.
Dovrei censurare tutto ciò che sale, dovrei censurare tutto ciò che si agita e che preme per uscire perchè non è mai il momento, non è mai il tempo...
E' sempre meglio non rivelare. Quello che serve lo si dice anche in silenzio e se nelle parole si cerca la sicurezza è solo un'illusione. Sono belle le parole, hanno un suono talmente straordinario, così sinuose nei suoni, così intriganti nei significati, sanno serdurmi come poco altro e sanno confondermi come poco altro, le parole che io stessa pronuncio più che quelle che ascolto, più che quelle rivolte a me...
Ma io le amo le parole, alcune più di altre, fatte di fonemi sorprendenti, legate in frasi intraprendenti che ti ballano intorno per sempre, che ti liberano di pesi enormi e delle paure quando le senti, anche se trovano spesso il modo di essere rimangiate.
Purtroppo nessuno è ancora riuscito a cancellarle.
martedì, 01 agosto 2006

"Dietro ogni muro esiste una porta invisibile che conduce in un mondo sconosciuto"

da Il semplice oblio, Silvano Agosti
lunedì, 31 luglio 2006

Il cielo su Torino, Subsonica

"Per tutto il tempo che ci è sempre stato negato Che per averlo abbiamo spesso rapinato Per le mie dita nella tua bocca per la tua saliva Per le tue mani
Per il mio tempo che nei tuoi occhi è imprigionato Per l'innocenza che cade sempre e solo a lato Per i sussurri mischiati con le nostre grida Ed i silenzi
Per il tuo amore che è in tutto ciò che gira intorno Acquista un senso questa città e il suo movimento Fatto di vite vissute piano sullo sfondo

Un altro giorno un'altra ora ed un momento Dentro l'aria sporca il tuo sorriso controvento Il cielo su Torino sembra muoversi al tuo fianco E tu sei come me Un altro giorno un'altra ora ed un momento Perso nei miei sogni con lo stesso smarrimento Il cielo su Torino sembra ridere al tuo fianco E tu sei come me 
Per questa rabbia che in punta al mio palato sfiora La nudità della tua intelligenza e ancora Per il tuo corpo altare ed unica dimora Ti sto cercando
Per ritrovare tutto il possibile del mondo Ora e dovunque per spingere sempre più a fondo Senza pensare senza timori né domani Tra queste mani 

Un altro giorno un'altra ora ed un momento Dentro l'aria sporca il tuo sorriso contro vento Il cielo su Torino sembra muoversi al tuo fianco E tu sei come me Un altro giorno un'altra ora ed un momento Perso nei miei sogni con lo stesso smarrimento Il cielo su Torino sembra ridere al tuo fianco E tu sei come me"


lunedì, 31 luglio 2006

Chiusa la mostra agli Antichi Forni, passato questo luglio di vicoli e luci fioche che ha posto un accento sulla dimensione serale di una città che ha vari lati da mostrare per chi ha voglia di esplorarli...
Dalla mia postazione ho visto cieli farsi azzurri, poi blu e quindi imbrunire nello spazio aereo tra i palazzi, alzando lo sguardo in uno scorcio rapido e sorprendente; ho ammirato adorante più e più volte un Bellandi dalla vetrina della galleria di fronte, con quel porpora violeceo che tornava a salutarmi senza mai sottrarsi; ho preso sorrisi di passanti indolenti nella calura estiva e di spettatori in ritardo per la prima operistica, e li ho stretti nelle mani assieme ai complimenti inattesi, assieme alla comunicatività di certi musicisti in nero che abbracciavano fedeli ognuno il suo strumento; ho ascoltato voci di paradiso e tasti d'oceano fondersi in sfumature terrene e sollevare l'animo oltre quelle finestre aperte - per sguardi furtivi - su soffitti settecenteschi, su interni nei quali l'incanto sonoro si consumava...
Ho atteso serate distensive sui gradini d'entrata lasciandomi sedurre dal vento caldo arrivato in un momento, ho sbirciato oltre l'ingresso, ho origliato conversazioni distratte e calpestio di passeggiate...
Ho aggiunto un ricordo vivido alla densità di questa stagione che un poco scolora ma non del tutto...
giovedì, 27 luglio 2006

Il quadro sopra al mio letto...



La vergine, G.Klimt, 1912-13, Praga, Nàrodnì Galerie
Tra le ultime allegorie piramidali di Gustav Klimt, quando ormai non sceglieva che colori puri, campiture dense e materiche, pennellate pastose per delineare le labirintiche tortuosità del risveglio dei sensi della donna che è qui sviluppata nel corpo delle sue mille sensazioni...E' uno stendere di membra, un socchiudere di occhi sinuoso, un mostrare, uno scoprire, un cedere e un tentare di quei polsi reclinati, di quelle schiene esposte, di quei fianchi e di quelle chiome, che sono sempre fiorite, e di quella pelle chiarissima che mostra l'ossatura, la fragilità, l'indolenza piacevole e attesa...Ed è un viluppo di stoffe e di ricchezza sensoriale, un comporsi dei molteplici aspetti del sentire della donna intorno e sopra e accanto all'abbandono della figura centrale, contro un fondo cupo che l'intera vicenda in atto illumina e schiarisce...L'ho voluto per l'intensità, per l'aspetto femmineo, per il concetto del risveglio, per la corposità vigorosa della mano dell'artista, che di solito lavora più di cesello, perchè c'era qualcosa nel quadro che m'ipnotizzava e che me ne faceva sentire parte... 
mercoledì, 26 luglio 2006
Sono preda di un'estasi intellettuale, mi è già capitato un paio di volte questo mese, per questioni differenti, alle prese con diversi argomenti... Cosa non è l'angelo della cultura - come lo chiamo io - ! Quella manifestazione potente di qualcosa che non ha corpo eppure è capace di riempirti, di qualcosa che non ha forma ma puoi quasi vederlo, lì di fronte e dietro e intorno e dentro di te, che ti prende con le ali spiegate e sfumate dei colori più regali, che ti stringe trasferendo conoscenza ed interesse come con mille trasfusioni in ogni parte del tuo essere che si sente di colpo alimentato e in forze di affrontare qualsiasi impresa...E' la ricerca a darmi quest'ebbrezza...qualche tempo fa ne ho fatta qualcuna per il racconto che sto scrivendo, non sapevo cosa andavo cercando, era più un annusare l'aria, un lasciarmi trasportare da un istinto vago e all'improvviso mi sono imbattuta in un condensato di richiami che era perfetto e tutto mi è apparso chiaro, la trama, i personaggi e sono andata avanti a leggere e leggere e sottolineare e appuntare glosse e mi sentivo crescere una febbre fisica e mentale, con tutte le energie dei campi magnetici intorno a me, china su quei fogli, rivolti alla centralità di quell'atto catalizzatore ma dal quale germinavano racemi che già creavano collegamenti e agganci di vario genere...Oggi l'espediente è una conferenza sull'arte nel mondo ebraico, una mia introduzione all'alchimia dell'amore in Marc Chagall che mi ha permesso di riprendere in mano gli studi della tesi e di allargare i confini della conoscenza di un universo che è quanto mai infinito e simbolico e pieno di rimandi e riferimenti cerebrali infervoranti...oggi mi sono introdotta nel mondo chassidico e lo stupore per l'ulteriore sfumatura è stato totalizzante, una trasverberazione che da spirituale si faceva fisica e viceversa, come ogni estasi, a farmi capire ancora una volta che non c'è distacco tra la mente ed il corpo, che ciò che sentiamo, e che sentiamo forte, è una vibrazione che ci attraversa interamente e che non ci lascia mai uguali a prima, ma sempre arricchiti, ammantati di verde e d'oro...






  • martedì, 25 luglio 2006

    Il pane al sesamo...

    Le mani in pasta, il viso arrossato e sporco di farina, raccolta tra le erbe aromatiche e le piante di peperoncino in attesa di un soffio di vento ristoratore...
    lievito di birra
    farina
    acqua
    sale
    un pizzico di zucchero
    olio
    sesamo
    ...è in cucina che si rimettono a posto gli umori, che si ricompone la superificie frammentata del tuo involucro esterno, spaccata dal caldo come terra arida, divisa in più parti dagli eventi che ti sei trovata a vivere...Quello che capita in cucina, con le mani sporche e affondate  nella materia duttile e plasmabile di quello che stai preparando per la cena, è di ristabilire un contatto con te stessa, di collegare - in un'unica linea di concentrazione millenaria - tutte le parti del tuo sentire sensoriale e sensibile con quelle delle tue antenate che tempi addietro hanno vissuto quel medesimo momento di presenza fisica, di fare femminile, e di riflessione interiore...la mia bisnonna Lorenza avrà pensato alle difficoltà del dopoguerra, al marito spesso ubriaco in giro per il paese col suo cavallo, alle bocche dei suoi figli da sfamare, mia nonna avrà pensato alle due primogenite e alla loro educazione mentre a più di quarant'anni aveva un altro bimbo in arrivo, mia madre e sua sorella avranno riflettuto - e ancora lo fanno -  sulla loro posizione in questo mondo di cambiamenti accelerati che le hanno viste spose giovani e che hanno cambiato la prospettiva di più di un loro sogno...e poi io e la piccola Rachele e le generazioni di donne che seguiranno...
    ...oggi fare il pane al sesamo significa guardarmi dall'esterno in questo cantuccio di cucina, china sul tavolo di legno a ricamare filoncini in vista di una serata di candele e conversazioni, in odore dell'estate e in attesa della quiete,  significa vedermi in uno degli aspetti che più mi identificano, in una delle parti che mi costituiscono e che mi fanno sentire salda contro un contesto che tende a sbriciolarmi come ogni volta che le sensazioni si fanno forti e che sono in bilico tra il lasciarmi conoscere completamente - la mia indole - e il trattenermi un poco imparando dalle esperienze passate - la mia razionalità - ...
    ...qualcuno mi vorrebbe aperta al rischio, che un'esperienza vissuta da spettatore non può dare niente, dentro! dentro! mi si consiglia, e i miei sensi sono, come al solito, molto sollecitati alla completa messa in gioco ma vedremo...intanto chiedo al pane e alla sostanza, che sempre assorbe cuore e mente dalle mani di chi lo impasta...il responso sarà chiaro col gusto, col sapore, sulle labbra dove tutto è detto e consacrato.
    giovedì, 20 luglio 2006

    "...perchè non ho saliva                
    perchè non ho robaccia                                
    perchè non ho la polvere
    perchè non ho quello che c'è nell'aria
    perchè io sono aria
    lasciate che vi tenti col mio magico potere:
    sono una donna che grida
    sono una donna di discorso
    sono una donna di atmosfera
    sono una donna sotto vuoto spinto
    sono una donna di carne
    sono una donna flessibile
    sono una donna con i tacchi alti
    sono una donna di stile alto
    sono una donna automobile
    sono una donna mobile
    sono una donna elastica
    sono una donna collana
    sono una donna sciarpa di seta
    sono una donna nonsoniente
    sono una donna so-tutto
    sono una donna a giornata
    sono una donna bambola
    sono una donna sole
    sono una donna tardo pomeriggio
    sono una donna orologio
    sono una donna vento
    sono una donna bianca
    SONO UNA DONNA LUCE D'ARGENTO
    SONO UNA DONNA LUCE D'AMBRA
    SONO UNA DONNA LUCE DI SMERALDO
    sono una donna conchiglia abalone
    sono una donna abbandonata
    sono una donna confusa, la babelica donna
    la donna aborigena, la donna latitante
    la donna assente
    la donna trasparente
    la donna assenzio
    la donna assorbita, la donna tiranneggiata
    ls donna contemporanea, la donna beffarda
    l'artista in sogno dentro la sua casa
    sono la donna gadget
    sono la donna druido
    sono la donna Ibo
    sono la donna Yoruba
    sono la donna vibrato
    sono la donna ondeggiante
    sono la donna sventrata
    sono la donna con le ferite
    sono la donna con le tibie
    sono la donna che erode
    sono la donna sospesa
    sono la donna seducente
    sono la donna architetto
    sono la donna trota
    sono la donna tungsteno
    sono la donna con le chiavi
    sono la donna con la colla
    sono una donna che parla in fretta
    acqua che pulisce
    fiori che puliscono
    acqua che pulisce al mio passaggio..."

    (da Donna che parla in fretta, Anne Waldman
    City Lights Pocket Poets Anthology)

    mercoledì, 19 luglio 2006

    L'estate è un viaggio.
    Si parte privi delle prospettive, si inizia lenti di quell'indolenza che mette sonno, che ha poche immagini...poi si comincia: un passo, un aumento del ritmo, uno scatto, uno sguardo e si è già nella danza che disegna figure al suolo, che produce intrecci e fruscii.
    E le esperienze si sommano e si susseguono, e fuoriescono l'una dall'altra, concatenandosi, sgusciando fuori, germinando stimoli che hanno il colore della luna quando è rossa e la freschezza dell'imbrunire e sembra che tutto riesca ad accadere nel medesimo tempo, incastrandosi perfettamente sull'unica pagina bianca, quella in cui non avevi scritto progetti, nel quaderno dove non avevi messo mappe ne' itinerari, perchè la spontaneità che caratterizza certe volte gli eventi è sorprendente e tu non puoi far altro che vivertela, accordarti al suo metronomo interno, lasciando da parte il tuo lato più cerebrale e facendoti trasportare dove vuole...
    "Portami con le tue braccia in alto come un fascio di grano
    tienimi ancora nel caldo vento estivo
    che soffia via
    portami ancora più in alto ho un'anima a forma di prato
    sorprendentemente fiorito..."


    (L'ultima giornata di sole, Cristina Donà)
    giovedì, 13 luglio 2006

    HOWL!

    A volte gridi da lontanissime distanze.
    A volte ti trattieni.
    A volte proprio non ci riesci e urli vicinissimo, per ferire l'udito e le pareti interne dell'essere, per imporre, per risuonare, per non disperderti.
    Quando sei in completo e fluido contatto con te stesso e ti senti aperto, in espansione, come se il corpo non ti contenesse a sufficienza, metti su la canzone più energica e le grida le spingi fuori, le canti con tutta la voce.
    A volte sei "abitata da un grido" come Silvia Plath.
    O come Munch t'inseguono e ti spaventano su un ponte di sogni e visioni, con colori che vorticano e sembrano risucchiarti e allora urli e urli contro la paura per non impazzire.
    A volte il tuo grido interno suona come il "barbarico yoap" di Walt Whitman e allora faresti bene ad emetterlo e a sentirla tutta la successiva vibrazione.
    Più spesso leggi i versi splendenti di Allen Ginsberg, gridati come poesia superiore, urlati come frasi jazz, strillati come per evocare, qui e ora, quella "schiera perduta di conversatori platonici" che sono stati i Sotterranei, pazzi edonisti della parola e del suono.

    "Togliete le serrature dalle porte!
    Togliete anche le porte dai cardini!"

    (A.Ginsberg, L'urlo)






  • sabato, 08 luglio 2006

    Quello che ti rimane...


    ...è un oggetto, un simbolo, un qualcosa di materiale da tenere fra le mani, da stringere, da toccare mentre tutto il resto non ha più sostanza, non ha più fisicità...Quello che ti rimane è un cappello che lui portava sui capelli biondi, quando faceva le acrobazie sullo skateboard, un cappello tolto dal suo armadio quando lui non poteva più darti il permesso di prenderlo - ma te l'avrebbe dato - , un cappello che ti metti in testa nel momento in cui sei più vulnerabile, quando fai l'unica cosa di cui t'importi veramente, quando senti che tutte le porte sono aperte e tutte le vie accessibili, quando sei lì che scrivi, da sola, con la sua ombra dietro le spalle, con le sue mani senza tatto sulla tua pelle, presente, con te, che indossi il suo cappello nero dei Minnesota Vikings e domani sono tredici anni che non lo vedi più. Ma torna nei tuoi sogni lui, più grande, più bello, saggio di una dimensione che non conosci, silenzioso eppure comunicativo, e vi capite come quando eravate bambini, solo con gli sguardi, solo con le mani.
    Mi manchi Lo'.

    "...abbracciandoti le immagini negli occhi,
    risalendoti le mani
    sui profili dell'ignoto,
    poi baciandoti gli sguardi
    sulla terra:
    i dialoghi dei muti,
    le tempeste dei distanti
    e poi scambiare
    la tua vita
    con il sole
    e in un deserto di sabbia nera
    guardarti e
    continuare a brillare..."


    (da Monologo surreale, i dialoghi dei muti, Marta per Lorenzo)
    martedì, 04 luglio 2006

    "  --- Hai trovato la tua Voce,
    amico, dopo tutto riconosco
    subito le cadenze forti e sicure di
    un poeta
    era questione di ricerca o di soffocamento?
    Mi domando
    Non abbiamo mai parlato
    Ma benvenuto qui
    al fuoco dell'accampamento
    dividi il nostro pasto
    c/noi
    & dicci della tua vita
    & dei sospesi "
    (da Poesie 1966 -1971, Jim Morrison)

    E adesso che siamo entrati nel pieno del viaggio e che ci siamo persi posso finalmente, finalmente, usare il plurale...
    A tutti quelli che VOGLIONO essere compagni di viaggio.
    A tutti quelli che lo sono già.
    giovedì, 29 giugno 2006

    IL MANIFESTO DI MUSICULTURA
    1. Noi vogliamo cantare il rischio, l’energia febbrile che spinge dal fondo dell’essere, l’ispirazione e l’artistica follia.
    2. Il coraggio, l’audacia, la ribellione saranno elementi essenziali della nostra poesia, della nostra condotta.
    3. Alla ricerca di nuovi suoni e di nuovi linguaggi rifiutiamo il sonno e l’atrofia della mente e del corpo, scegliendo il ritmo, pretendendo che non ci sia quiete.
    4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza dell’esperienza. La condivisione dello scopo e del contesto, il nutrirsi alla medesima fonte, lo spingersi ogni volta più lontano, compatti nel passo, decisi nella scelta dell’impegno mentale, dell’apertura, della volontà.
    5. Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene l’archetto, che tiene la penna come fossero strali di cultura, per ferire il foglio, per colpire gli animi.
    6. Bisogna che l’autore, il cantautore, si prodighi con forza, bagliore e meraviglia per aumentare l’entusiastico fervore del pubblico plaudente. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro.
    7. Non v’è più bellezza se non nella cultura. Musica e poesia devono essere binomio espressivo ottenuto come una ribellione, come un violento assalto contro le forze ignote , per ridurle a protrarsi davanti all’uomo, nel pieno delle sue facoltà intellettive, nel fondo delle sue aspirazioni espressive.
    8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli! Abitiamo l’antico, confortevole spazio della tradizione. Noi, teatranti dell’Arena, attori della parola e del tono, vogliamo le architetture occupate, la rivolta dei sensi, la distruzione dei diaframmi, la libertà della percezione.
    9. Vogliamo l’applauso che faccia male alle mani, la partecipazione intensa, la presenza significativa.
    10.  Noi canteremo le grandi folle mosse dagli ideali, spinte in un viaggio che è ora e che è sempre, passeggeri ebbri di un battello festante che ci vuole accesi, pronti, vivi.
    Marta Silenzi con la collaborazione di Alessandro Montagnese (redazione di Sciuscià)
    martedì, 27 giugno 2006

    Il dopofestival...

    E adesso che è tutto scivolato via velocemente, freneticamente, intensamente lasciando ricchezze e crescita di ogni tipo sono tanti i ringraziamenti da fare...a tutti i vincitori, specialmente Beppe, Gianluca, Giuseppe, Tiziana e Davide, per la loro disponibilità, per l'affetto e la simpatia, per la condivizione e le splendide conversazioni, per la musica, per gli abbracci e per i sorrisi...alla redazione di Sciuscià, soprattutto ad Angelica e Alessandro, per avermi fatto sentire parte di loro, per le indicazioni, per la collaborazione preziosa...a Piero Cesanelli per la grande opportunità, per aver speso splendide parole per la mia scrittura e per aver detto che non finiva tutto lì...a Giò, per la complicità, le risate, le foto, le sensazioni e tutto quello che dopo tanti anni riesce ancora a rendere la nostra amicizia un'esperienza nuova...

    Questi sono i pezzi che ho scritto per fermare sulla carta di SCIUSCIA'  - il progetto editoriale legato al festival di Musicultura - e nel tempo il viaggio incredibilmente interessante, formativo, folle e divertente che Musicultura ha rapprensentato per me ma anche per il resto della "compagnia"...

    Musicultura 2006 – I vincitori un drappo di differenti stoffe

    Gli otto, dalle selezioni ad oggi, sono echi di un marzo piovoso d’inedite note,
    frammentato e ricucito in un patchwork dalle tinte di terra e d’ardesia,
    dai tessuti vocali increspati e distesi,
    dai ricami ritmici a punto pieno,
    dalle trame foniche a punto piatto.
    E di caldo e di giugno è fatta ora la trapunta
    e il disegno è compiuto tranne che per il motivo centrale:
    sarà a rilievo il primo vincitore,
    un girale fiorito di crome e d’accenti
    o un incasso sincopato,
    un damasco che ombreggia e che sfuma lieve,
    un profilo di tagli in quattro tempi,
    un orpello acuto,
    un goffrato…
    Antiquasaxa – Broccato verde terra : tradizione spolinata di oro e d’argento… 
    Davide de Gregorio – Canapa ecrù : ritmo genuino come fibra naturale…
    Oz – Taffettà azzurro cangiante : frasi musicali in cui l’incontro di trama e ordito riflette la luce in modo vario…
    Gianluca Massaroni – Seta selvatica : l’intima inquieta tessitura creativa dei liberi o semiliberi…
    Fabryka – Crépe nero : particolare freschezza modè…
    Giuseppe Anastasi – Lino pastello : l’aspetto semplice dei migliori contenuti…
    Beppe Stanco – Cotone colorato : l’accattivante che s’indossa con comodità…
    Marco Fontana – Tweed : “vecchio stampo…al passo coi tempi”…
    (Marta Silenzi)

    Roma 15 / 06 / 06 – Conferenza stampa
    Fotografie.
    Guardare, rubare e scattare.
    Con la penna.
    Scattare alle voci, alle vibrazioni nervose, al sonno perso, agli orari affrettati, alle agende scomposte.
    Agli sguardi.
    Perché è negli sguardi che si leggono e si narrano le storie di una manifestazione musicale, di un evento culturale così.
    La sala è un caos in technicolor. Aria condizionata che allenta l’affanno della calura romana. Pareti azzurre, poltrone rosse.
    Ognuno cerca lento la propria collocazione.
    Gli artisti sembrano irrequieti, sulle labbra, nei gesti, negli occhi - veloci e grandi - nelle conversazioni fitte, nel temporeggiare, nel riempire gli spazi vuoti da qui al loro successo, da qui alla loro realizzazione, e i dettagli sono come foto al macro in bianco e nero, disordinati, distratti, contrastati.
    Ad un tratto il riflesso del fantasma di Jeff Buckley sembra farsi concreto e passare nel fisico esile e sdrucito di un Gianluca Massaroni che forse spera di evocarne la trepidazione, che magari spera di celebrarne l’inquieto assoluto talento, e certo sfugge a qualsiasi obiettivo, come tutte le rifrazioni, come ogni vivida eco.
    E mentre gli interventi e le presentazioni si avvicendano sul lungo tavolo delle rappresentanze, capita di sbirciare Davide de Gregorio che appunta un pensiero volante, forse un verso in seppia su un misero foglio, lo salva, lo mette da parte perché se la musica fluisce, se le parole salgono, salgono sempre, e non c’è pausa e non c’è stop, non c’è tono silenzioso o vibrazione da attivare per scandire un tempo possibile ed uno impossibile per creare, per riferire ciò che preme.
    Il momento focale è la messa in onda dell’RWM che richiama le esibizioni degli otto alle selezioni di marzo e i flashes si moltiplicano, come gli applausi, nel tentativo di cogliere una pulsazione privata, un istante degli artisti con loro stessi nel rivedersi sullo schermo:
    le ginocchia ritmiche e gli occhi puntati di Giuseppe Anastasi,
    l’imbarazzo, i sorrisi complici, le mani strette delle cantanti degli Antiquasaxa,
    Davide de Gregorio che ne discute con i suoi musicisti, che si abbraccia una gamba, 
    l’indice smaltato di rosso sulle labbra, la concentrazione di Tiziana Felle dei Fabryka,
    il cipiglio di Marco Fontana serio, attento, analitico, critico,
    Gianluca Massaroni che nasconde il viso nella t-shirt troppo grande per lui, schivo, imbarazzato ma disciolto in fine in un sorriso
    l’osservazione silenziosa di Maurizio Minardi degli Oz mancante della solista,
    le dita tamburellanti, i piedi agitati, lo sguardo serissimo di Beppe Stanco
    Fotografie scattate alle mani, ai taccuini, alle penne che scrivono frenetiche su fogli sgualciti, penne di giornalisti, penne di redattori, penne di universitari a caccia di interviste, penne di scrittori e narratori, osservatori dentro e fuori pronti a rubare le immagini che si tengono nascoste, quelle che sfuggono al tentativo di una conversazione lasciata andare a più livelli per essere parte, per annusare la sostanza frizzante della manifestazione, quelle che invece recano il battito, il pensiero e la speranza, per alcuni, di sentirsi finalmente realizzati.
    (Marta Silenzi)


    LA COMPAGNIA MUSICULTURA 
    Noi, carovana in viaggio, noi itineranti per le strade, abitiamo spazi liberi, spazi del sentire e del condividere, spinti da un musicopoeta che ci veste di panni rinnovati su percorsi di cultura e tradizione, nuvole e magia.
    La voce è calda, la via iniziata. Siamo partiti.
    Non c’è fissità in questo carnevale, i suoni e i colori li percepiamo a fior di pelle, nel contatto, negli scambi, nelle parole parlate e cantate, nelle strette di mano, nelle risate prodotte dall’essere insieme in qualcosa di coinvolgente, in un movimento nella cui ideologia si può di nuovo credere.
    Dovremmo scrivere un Manifesto, come fecero i Futuristi, come fecero i Surrealisti e trovare un Breton che dia fiato e forma ad un idolo culturale cui fare riferimento, cui tributare sforzi e impegno costanti, volti alla costruzione.
    Alla ricerca della bellezza, ci siamo spinti dentro la manifestazione, che è intangibile eppure la vediamo calare come un drappo che si uniforma al centro urbano, che gli regala abiti di scena e ruoli da interpretare.
    Abbiamo occupato gli interni e gli esterni, sentendoci per una volta veramente cittadini, suscitati dal cammino comune, dall’arricchimento reciproco che scivola e che si assimila dietro agli incarichi, sostrato della fiducia che sappiamo offrirci con la stima, con l’attesa di vedere un risultato già in atto, già riconoscibile.
    Siamo mobili e viaggianti, ognuno con le sue mansioni, e il quadro di riferimento non è tanto un luogo, non è tanto un giorno, un’ora precisa, quanto un insieme sincronico fatto di azioni coordinate, un esserci per la musica, per l’evento, un fare, e un fare bene, perché l’ispirazione è totalizzante, perché la volontà si coniuga ad un’infusione di energia rigenerante, data dal vivere gli eventi come un’esperienza, come un spedizione.
    Baccanti ebbri di un vino melico, circensi in vista della perfetta esecuzione e di un pubblico ammirato abbiamo mosso passi – ognuno con la sua andatura, ciascuno secondo il proprio compito – vivendoci l’un l’altro, da chi la manifestazione l’ha pensata e l’ha creata a chi la vive da protagonista, da chi costruisce un palco e un suolo dove imprimere quei passi a chi li osserva tutti e poi ne scrive, da chi si sposta svelto e crea binari sui quali poterci orientare a chi si siede e ascolta e applaude soddisfatto, attore ultimo della serata finale.
    Macerata è già un teatro, con i suoi palchi, con le sue quinte, con i piani diradati in profondità, gli scorci e le fughe prospettiche, ma c’è un luogo esatto dove cade la concentrazione generale, dove inscenare l’incontro del nuovo e dell’antico, del contemporaneo e della tradizione, un tempio del tardo neoclassicismo che ha passato lunghi anni in cerca di una vocazione e che oggi, ad ogni evento la ritrova e la rinnova, scosso dalle vibrazioni, riempito dal genio.
    Ci giocavano al pallone col bracciale, ci allestivano tauromachie, poi arrivarono le opere, i melodrammi, la musica, i concerti e la struttura composita dello Sferisterio venne permeata dalla sostanza viva delle note e dei talenti, definitivamente, lasciandogli un senso di compiutezza che anche noi, oggi, nella calura del solstizio d’estate, dispersi tra il da fare e la meraviglia, sappiamo riconoscere nelle colonne doriche, nei palchetti, nel muro rettilineo su cui s’innesta l’attrezzatura dell’imminente evento, nel fondo erboso persino e nella balconata, che è cornice e chiusura, abbracciando tutto con lo sguardo, serbando tutto per le prossime età, tirando un sipario che ci fa trepidare per l’importanza che gli diamo e che indubbiamente ha.
    (Marta Silenzi)
    TEMPO
    Quando il sole si ferma, quando raggiunge il tropico del Cancro, quando la giornata è la più lunga dell’anno si ha la sensazione che qualcosa di propizio stia accadendo, soprattutto se lo stato naturale delle cose è alterato dal passaggio della festa errante di Musicultura.
    Sono anelli di tempo quelli che si muovono in coda nello spazio di queste ore dense, sono cerchi di fumo nell’aria che si dissolvono troppo veloci per una macchina azionata e funzionante ma che di tempo non ne ha mai abbastanza.
    Alla ricerca della venticinquesima ora del giorno una truppa in marcia si sposta, si muove e mangia i minuti, macina i secondi per costruire impalcature fisiche e apparati effimeri, ma anche le strutture immateriali devono essere edificate ed è su questi secondi itinerari che si basano i percorsi dei molti addetti ai lavori.
    Ci sono punti di riferimento in tutti i viaggi e in tutte le cartine geografiche, a maggior ragione ce ne sono in una complessa maglia funzionale dove gli apporti umani sono ben più importanti di quelli tecnici: è vero che non si ha suono senza strumento, ma non si ha voce senza anima ed è così nelle canzoni come nei contesti che le promuovono.
     Una t-shirt rossa ci legava tutti stretti nella famiglia di Musicultura il giorno della conferenza stampa, ma il colore più acceso era comunque quello di persone che la manifestazione la portano tatuata sulla pelle, che l’hanno concepita, appoggiata e adottata e ne hanno assorbito le trasformazioni negli anni e che mirano a continui miglioramenti, senza cedere e lasciandosi sempre guardare come fari nel mare dei giornalisti, dei finanziatori, dei fotografi, dei partecipanti, dei volontari, dei coordinatori e di tutti quelli che della giostra fanno parte.
    Sono questi i punti cardine dell’intero evento e sono loro che di tempo necessitano maggiormente, tempo che sfugge sotto le dita, tempo che evapora nel giro di due parole, eppure loro di tempo ne trovano sempre, per fare quella telefonata che sembrava non dovesse arrivare, per dire quella frase che si credeva non avessero modo di dire, per ascoltare, per leggere, per valutare, per collocare ogni elemento al giusto posto e per fare anche quella battuta che allenta la tensione, che ripristina l’equilibrio, “Vi piacciono i cani?”.
    Voglia di interazione, voglia di comunicazione spinge gli uomini ad associarsi e a produrre e di fronte a questo il tempo diventa secondario, scandisce ma non è l’unica componente del ritmo, la disponibilità, la stima e il piacere della collaborazione sono un nuovo possibile metronomo…
    Piero Cesanelli… la 25-a ora, quella zona bianca che si ottiene con l’esperienza, l’audacia e un pizzico di artistica follia
    Ezio Nannipieri… la 9-a ora, la più lucida e precisa, quando la mente è fresca e attenta, ma anche la più cordiale
    Concia Arria Lucente… la 12-a ora, quella gioviale e socievole, quella dell’abbandono alle risate tra una pagina e l’altra de Il grande Gatsby
    Paola Greco…la 16-a ora, quella della condivisione e della simpatia, della tenacia ma anche della disponibilità
    Angelica Gabrielli… la 15-a ora, l’ora dell’efficienza e della militanza, l’ora di chi cerca sempre una risposta a tutte le domande
    Valentina Sbriccoli … la 14-a ora, quella dell’attività inesausta, di chi ha dentro più caffeina del caffè
    Giacomo Galassi…la 10-a ora, quella della ricreazione ma senza distrarsi troppo, quella su cui si può comunque contare
    Giuliano Rossetti…l’11-a ora, l’aperitivo ricco di spirito e loquacità
    Alessandro Montagnese (Sciuscià)…la 18-a ora, la più comunicativa, l’ora del colloquio e dello scambio vicendevole
    Camilla Corradini (Sciuscià)…la 23-a ora, l’ora femminile, quella che unisce frenesia lavorativa e gusto estetico
    Giorgio Cipolletta (Sciuscià)…la 24-a ora, l’ora che ha stile, discreta ma significativa
    …e tutti quelli che non compaiono ma che ci sono…
    (Marta Silenzi)
    Il FIL ROUGE
    L’idioma è il succo corposo,
    il pretesto ed il mezzo,
    è linfa che nutre e corteccia in cui scorre,
    è ciò che si dice ed è forma che parla,
    che vibra con le note, che viaggia con la voce,
    che attraversa i fogli e si scolpisce nella mente di chi ascolta,
    di scrive e di chi declama,
    e di chi grida che è Musica
    che è Cultura,
    che è l’istante perso o che è quello in divenire,
    pronunciato con il suono e il respiro
    del diaframma umano
    o trasmesso della diffusione tecnica,
    registrato dai dispositivi televisivi
    o riprodotto da un perfetta acustica,
    ciò che è certo, che è giusto, che è vero
    è il suo ruolo principe,
    il suo essere codice e contenuto
    dal colloquio informale
    alla prova microfono,
    testo che scorre sotto le immagini,
    verso che brucia e che vuol colpire,
    frase che scivola tra le labbra,
    periodo strappato da ricucire.
    Di flauti magici e toni orientali,
    di poesie sparse e poeti illustri
    la langue struttura e veicola
    intese di strumento e di contatto,
    come un pentagramma di note armoniche,
    come il cambio di scena dopo il primo atto.
    (Marta Silenzi)
    domenica, 18 giugno 2006

    AVVISO AI LETTORI (A BLOGS UNIFICATI) :

    si comunica che Giorgia e Marta si assenteranno
    dal giorno 19 al giorno 25 giugno 2006
    per impegni inderogabili:
    reclutate dal carnevale psichedelico di  Musicultura
    militeranno per la Nobile Causa (la MUSICA)
    e per i nobili artisti (!).
    Per maggiori informazioni si rimanda a
    Nell’attesa di raccontarvene di spettacolari
    Fairygirl e Moorad vi salutano uno ad uno,
    lasciandovi le chiavi di casa nel caso voleste
    comunque passare di qua…

    martedì, 13 giugno 2006

    Quando scrivono gli uomini...

    Nessuna donna scrive come scrivono gli uomini - se sanno scrivere...
    Quell'intensità che è insieme di forza fisica e intellettuale, quel porsi senza cedere, quell'essere robusti nelle braccia e nelle frasi...quella lucidità mentale che è ironia e cinismo, quella profondità di pensiero che è dominio della conoscenza e sicurezza di uno status non soggetto alle stagioni umorali....
    E certo un uomo non scriverà mai come una donna che sa scrivere, è una diversità biologica ineluttabile che si condensa in una sensibilità naturalmente differente capace di stupirci ad ogni lettura e ad ogni rilettura anche.
    Gli uomini non hanno freni e non devono averne, sono intelligenza e sapienza mescolate al testosterone, qualcosa che sulla pagina funziona come niente altro, siano essi filosofi, poeti, letterati o aspiranti tali...
    Io subisco il fascino di:
    Jim Morrison - poeta del deserto, della notte e della mente infiniti
    Jack Kerouac - pazzo azzurro viaggiatore delle strade, dei treni-fantasma e della parola spontanea e ritmata
    Allen Ginsberg - innamorato di un'umanità santificata dalla volontà di scrivere e ingentilita dalla difficoltà di essere
    Charles Bukowski - cinico scrittore dell'insensatezza e dell'indifferenza, rude edonista del vino e del sesso. Non Miller. Non Hemingway
    Ernest Hemingway - LO scrittore
    Haruki Murakami - visionario della surrealtà, narratore dell'assurdo e del dettaglio tradotto in parole che si sbriciolano in bocca fragranti nell'attraversarle con gli occhi, nel pronunciarle con le labbra
    Alessandro Baricco - produttore di piccole perfezioni, sovrano della narrazione, l'uomo che dovrebbe leggermi le favole prima che mi addormenti. Le sue
    Niccolò Ammaniti - scrittore prolifico ed efficace della terra e del ricordo, straordinario evocatore di paesaggi suggestivi senza perderne il divertimento, senza perderne la durezza
    e poi il Conrad dei mari, il Pessoa degli eteronimi, Walt WhitmanNeil Cassady virile angelo di follia, Gregory CorsoRobert DuncanChuck Palahniuk e molti, molti altri...
    e pure voi, Spad, Chinaski77, Qwe e tutti quelli che non ho ancora scoperto...







  • sabato, 10 giugno 2006

    E se di pigrizia facessimo virtù?
    Ah la vita contemplativa….

    Si legge che:

    Ariete Siete il contrario della pigrizia, siete sempre di corsa, tesi a raggiungere il traguardo. Nel vostro vocabolario oziare significa perdere tempo, sfasare il ritmo e allontanarsi dal punto d’arrivo. L’idea di oziare vi sembra inconcepibile e non la sopportate neanche negli altri: guai se partners, colleghi ed amici si attardano senza ragione, vi innervosite e li rimproverate duramente! Per concedervi il lusso dell’ozio dovete stare proprio male. Neppure l’idea di aver concluso un progetto vi sa tregua, siete subito spinti a iniziarne uno nuovo. Non basta un raffreddore a fermarvi e neppure una distorsione. Ma quando l’emicrania, ribelle anche agli analgesici, vi costringe a rallentare, scoprite che una pausa non può farvi che bene. Per calmarvi un pochino godetevi la pigrizia, fatevi un pediluvio di fiori di tiglio prima di andare a letto!!!


    Toro Ci mettete del tempo a carburare ma non vi si può definire pigri perché la fatica non vi spaventa, amate lavorare e avete un’ottima resistenza. Tuttavia l’impegno non vi preclude il piacere, siete sensuali e apprezzate e godete la vita in tutte le sue sfumature con i cinque sensi sempre all’erta! L’ozio vi soddisfa, vi stuzzica e ispira il vostro talento creativo già molto attento. Il massimo per voi è passeggiare pigramente in un giardino e guardare fiori, foglie e fontane mollemente adagiati sul dondolo. Oziate soprattutto nella fase iniziale di un lavoro, quando avete più paura di mettervi in gioco e non vi sentite all’altezza della situazione, temete di sbagliare e vi bloccate prima di iniziare. Qualche volta però è il piacere stesso ad immobilizzarvi, sospendete ogni attività e vi godete le vostre sensazioni fino all’ultima goccia. Il rosso aiuta a riprendere il ritmo, è il colore dell’azione, dell’attacco e della conquista!

     

    Gemelli Zero in pigrizia, dieci e lode in dinamismo. Dell’ozio avete un giudizio superficiale, lo confondete con l’immobilità, forse per paura di perdere il ritmo e sfasarvi, non vi scorgete, a torto, nessuna utilità, nessun fermento creativo. Di base l’ozio vi annoia ma, superando i pregiudizi, ne potete apprezzare il lato divertente, disimpegnato. Anche se non ve ne accorgete e vi muovete come trottole la vostra mente si prende i suoi spazi d’ozio ogni volta che siete distratti, svagati e andate a zonzo senza meta. Oziate pochissimo e solo per tempi brevi, quando vi sentite confusi e avvertite il bisogno di riprendere il filo delle idee, ma non siete voi a sceglierlo, devono essere le cose a sfuggirvi di mano e a costringervi a fermarvi, come un appuntamento saltato, un via libera che si fa attendere, una sosta forzata. In ogni caso non vi sedete ne’ vi sdraiate, casomai passeggiate con la testa fra le nuvole. Si consigliano dieci minuti al giorno di immobilità e silenzio, una specie di esercizio yoga per apprezzare meglio l’attività!


    Cancro Siete i pigri per definizione, di quelli che si porterebbero il letto anche in ufficio e abolirebbero dal mondo la sveglia! Non lo fate per snobismo, semplicemente avete i tempi lunghi, non concepite lo sforzo, lo stress e su ogni cosa che vi tocca fare amate soffermarvi a riflettere e fantasticare. I vostri momenti d’inattività sono i più produttivi: oziando vi autoalimentate e riprendete le forze e, mentre contemplate pigramente un paesaggio o ripercorrete i vostri ricordi, ricevete intuizioni preziose, sensazioni e ispirazioni creative. Spesso l’ozio è la vostra valvola di sfogo, ogni volta che siete delusi, stanchi e annoiati staccate la spina, vi adagiate sul divano e sfuggite la faticosa realtà divagando con la mente, sguardo perso nel vuoto e mani abbandonate in grembo! Di fronte ad una scelta dovreste trasformare la tendenza all’ozio in un rituale, bagni caldi, essenze rilassanti, e in questo cercare o attendere che la risposta arrivi.

    Leone Se non arrivate a rifiutare l’ozio, almeno tendete a limitarlo fortemente: stride troppo con la vostra immagine di individui perfetti, attivi e impegnati che mantenete ad ogni costo anche quando state per crollare. Nella vostra scala di valori la pigrizia è una mancanza di cui vergognarsi un po’, ma, nel vostro ruolo di re della foresta, concedersi il piacere di perdere tempo è un privilegio che conferma la vostra posizione. Come capi ritenete di averne il diritto, perciò ogni tanto concludete per il meglio i vostri impegni e vi prendete i vostri spazi extralusso! Pigrizia e autostima marciano in voi di pari passo: diventate pigri quando siete molto sicuri di voi stessi o quando vi sentite messi alla prova e temete il giudizio altrui. Infatti tenete moltissimo alla vostra immagine e, quando vi sentite in ribasso, la paura di perdere punti vi demotiva bloccandovi. Allora finalmente scoprite una dimensione diversa da vivere, vi prendete il vostro tempo e ne fate tesoro, attingendo dall’ozio nuove idee, stimoli e sicurezze. Sembra che i metalli nobili intrecciati e il profumo di alloro possano riportare un equilibrio.   

     

    Vergine Niente pigrizia e quando la situazione invita al relax ilo vostro senso del dovere ha sempre la meglio. Nella vostra giornata non c’è spazio per il dolce far nulla, non sopportate i tempi morti, che tentate di impiegare sempre utilmente, anche perché piacere e divertimento vi spaventano un po’, facendovi sentire in colpa. Per essere in pace con voi stessi, adeguati alla situazione, dovete sempre produrre, solo così vi sentite apprezzati e siete soddisfatti della vostra immagine. Non oziate praticamente mai, con una sola eccezione, quando siete malati: la salute prende il sopravvento su tutto, vi prendete cura di voi stessi e godete finalmente di tutti gli ozi e gli agi che vi siete sempre negati. Con una dimostrazione scientifica circa l’utilità della pigrizia come espediente per produrre di più e meglio senza rischio di stress, potreste anche cambiare idea, considerarla una terapia e inserirla nel vostro programma salutistico tra la ginnastica e la dieta. Tra un impegno e l’altro costringetevi ad una mezz’ora di ozio, magari sorseggiandovi una tisana calmante e scegliete colori freddi!

    Bilancia Per natura una certa pigrizia non vi abbandona mai perché amate il lato facile della vita e vi trastullate volentieri con i suoi piaceri. A frenarvi però è il timore dei giudizi altrui: tenete a far bella figura e il vostro senso del dovere finisce col prevalere, imponendovi responsabilità e fatiche spesso superiori alle vostre forze. Il vostro senso di giustizia e di armonia vi salva comunque dall’eccesso, lavorate e studiate con zelo senza trasgressioni ma quando è tempo di vacanza per tutti, non vi fate ripetere due volte l’invito e ve la spassate oziando con piacere, così pure durante le feste comandate, la sera (se non avete lavoro arretrato), in ferie e tutte le volte che il partner desidera condividere uno spazio libero con voi. Precisi e rigorosi nella vostra quotidianità, siete disposti a chiudere entrambi gli occhi sulle norme quando in gioco entra l’amore. Per rilassarvi senza il rischio dell’ “abbiocco” preparate una macedonia insaporita con pepe rosa e condividete, condividete!!!

    Scorpione La pigrizia non sembra far parte del vostro mondo dominato dalla volontà e dall’ambizione. Responsabili e attivi, vi aspettate che gli altri siano la vostra fotocopia e non riuscite a stimare chi non corrisponde a questo canone, neppure se è una persona a cui tenete. Eppure oziare vi farebbe un grane bene, allenterebbe il vostro feroce criticismo e aiuterebbe i vostri talenti creativi a venire a galla. Nascondete infatti un potenziale meraviglioso ma per realizzare il massimo ogni tanto avete il bisogno di fermarvi e lasciare che tutto fiorisca da sé. Le vostre uniche concessioni alla pigrizia riguardano sesso e mistero: diventate languidi e dolcemente oziosi dopo un notte d’amore esaltante o quando vi sentite pronti a oltrepassare il confine tra realtà fisica e paranormale. Giocherellando con un mazzo di carte o fissando i fondi di una tazzina di caffè, ad esempio, potete trascorrere ore ed ore senza neanche accorgervene. Per i momenti d’ozio da giocare in solitaria meglio scegliere la sera o la notte, e il colore viola.

    Sagittario Iperattivi ed esagitati come siete di sicuro faticate ad entrare nella categoria dei pigri, ma se pigrizia significa anche evasione dalle responsabilità e tuffo nei piaceri della vita, allora l’etichetta può calzarvi a pennello. Oziare, perdere tempo vi rallegra e vi appaga, soprattutto se davanti a voi c’è qualcosa di buono da gustare mentre scambiate opinioni e risate con qualcuno. Apprezzate la pigrizia in equilibrio con l’attività perciò oziate sì ma solo a dovere compiuto e, possibilmente, condividendo con gli altri si il piacere sia l’eccesso. Da soli invece perdere tempo vi sembra brutto, avete troppo bisogno di spazi e di larghi orizzonti per rimanere seduti a giravi i pollici, a meno che il vostro mondo interiore non sia così vasto e ricco da ricavarne un’impressione di viaggio anche da fermi. Per riequilibrare riposo e attività si consiglia di fissare alternativamente un punto vicino (ad esempio un candela accesa) e uno lontano per un po’.


    Capricorno Troppo rigidi e controllati per arrendervi all’imprevisto, faticate a reggere l’onda emotiva che vi coglie alla sprovvista quando staccate la spina. Il rifiuto del piacere coincide con senso del dovere, considerate l’ozio un segno di debolezza e ve ne fate una colpa temendo forse di perdere il controllo. L’idea di perdere tempo prezioso vi disorienta e vi spaventa, vi fa sentire vulnerabili: è tale la misura del vostro stress che rifiutate persino di prendere in considerazione il concetto di relax. Non oziate. A meno che il vostro capo non vi costringa minacciando di licenziarvi o retrocedervi se non vi prendete almeno una pausa! In fatto di rallentare con voi bisogna andarci con le pinze, la pigrizia è la peggiore delle tentazioni, un attentato al successo e, se nessuno vi rassicura circa la riuscita dei vostri progetti, procedete come robots e vi distruggete piuttosto che mollare e riposarvi. Contro l’ambizione e l’arrivismo, nemici dell’ozio, si consigliano il bianco e l’argento, i cristalli e le perle.

    Acquario La vostra pigrizia ha il colore della sfida, vi rilassate e oziate quasi per provocare, quando vedete che gli altri si impegnano a ritmo frenetico. La vostra natura impulsiva e fulminea non ha nulla a che vedere con la pigrizia: è la libertà quel che vi preme e se qualcuno tenta di imporvi i suoi ritmi ha sbagliato indirizzo. Velocissimi nell’ideazione come nell’azione, perdete il vostro tempo volontariamente, per il piacere trasgressivo di farlo. I veri responsabili dei vostri storici attacchi di pigrizia sono gli amici. Potete lavorare come una macchina per delle ore, alimentati dal caffè, per poi prendervi pause lunghissime e oziose, vere e proprie vacanze, per bighellonare con gli amici e improvvisare follie a sorpresa! Nessuno ha il diritto di scandirvi il tempo, decidete voi quando stressarvi e quando fermarvi a cercare stimoli ed ispirazioni nella non-azione. L’equilibrio si può trovare nel marrone bruciato, nel platino o nell’acciaio.


    Pesci Bizzarri e sregolati, vi fate in quattro per sentirvi vittime ma, inevitabilmente, scoppiate e vi rifate con lunghe ore di ozio. L’attività e il dinamismo non rientrano tra i vostri talenti; siete sognatori, svagati e lenti rispetto ai ritmi del mondo. In pratica la pigrizia vi calza come un abito da indossare. Adorate godervi la vita e attraverso il vuoto e l’assenza di ritmo, realizzate i vostri migliori talenti creativi, elaborando sensazioni preziose. Oziate sempre e in particolare quando la realtà vi affatica e vi spaventa, quando il ritmo degli altri vi incalza e quando vi sentite troppo fragili per farcela. Nel vostro mondo non esistono sveglie ne’ agende, vi prendete tutto il tempo che vi occorre e, perdendo quel tempo, ritrovate voi stessi. Per ancorarvi a terra e sintonizzarvi sul giusto ritmo scegliete l’ematite, i chiodi di garofano, l’arancia e la cannella.

     
    Vi siete ritrovati?
    Avete oziato almeno un po’?
    venerdì, 09 giugno 2006

    "Talvolta quando si è a fine corsa
    e ogni bruttura recede
    in un sonno profondo
    C'è come un risveglio
    e ogni cosa rimasta è reale.
    Per quanto devastato è il corpo
    lo spirito cresce in energia.
    (...)
    Io voglio ascoltare l'ultima Poesia
    dell'ultimo Poeta. "

    (Jim Morrison, Poesie 1966-1971)
    giovedì, 08 giugno 2006

    Delle volte ogni cosa è un attacco che senti diretto a te e ti arriva frontale senza che tu possa frapporre le mani. Ti pensi come immobile e ti lasci violentare, tu che sei sempre esposto con la carne viva, tu che affronti tutto scoperto perchè pensi che la vita vada sentita fino in fondo affinchè possa avere un senso. Ma ci sono momenti in cui ti accorgi che non è giusto, quando ti trovi preso in mezzo, quando gli attacchi serebbero diretti a chi ti è vicino ma la vicinanza è tale che il dolore si trasferisce e si espande, è tale che ti senti empatico; solo che questa volta il dolore è un misto inconscio di debolezza, vittimismo e ingenuità e a quel vittimismo tu senti di volerti ribellare, perchè si deve rimanere in piedi, perchè quella forma disperata di vittimismo ti tiene in ostaggio e tu hai voglia di andartene, hai solo voglia di andartene, ma non lo fai.

    "How could that happen?
    How could that happen again?
    Where the fuck was I looking
    When all his horses come in?
    And he built a whole army of kamikaze
    10.000 willing
    Pilots flying
    Interfacing
    Space and beyond
    Built an army
    To come and find me
    Beyond all reasons
    Beyond all my hopes
    The call of duty
    Another war zone
    Kamikaze - you can't touch me - kamikaze
    Eight miles high
    He walks his path
    And I follow mine
    One tooth for one eye
    He's come to find me
    10.000 willing
    Pilots flying
    Interfacing
    Space and beyond
    Here is his army
    Interspace here we come
    Kamikaze - you don't touch me - kamikaze
    Space here we come"

    (Kamikaze, P.J.Harvey, Stories from the city, stories from the sea)
    mercoledì, 07 giugno 2006

    Quando le responsabilità crescono.
    Quando diventi adulto all'improvviso.
    Quando torni a casa e trovi una notizia che sconvolge tutto, e non è più la stessa casa e non è più la stessa vita.
    Quando il cambiamento è totale e non sai come potrai affrontarlo.
    Quando l'unica cosa che sai è che non potrai mai sottrarti, che non potrai più prendere e andare.
    Quando da domani il risveglio avrà un'altra luce e le forme un'altra dimensione.
    Quando pensi che tu potrai farcela ma gli altri forse no.
    Quando non sai come confortare.
    Quando non sai più che cosa dire... 

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